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Intervista a Bruno Bozzetto: dall’animazione ai social media, passando per il cinema live action

28/12/2016 news di Alessandro Gamma

Abbiamo fatto una lunga chiacchierata con l'animatore milanese, tornato sotto la luce dei riflettori con l'uscita di un documentario che ripercorre la sua carriera. Ma con noi ha parlato del presente e del futuro.

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Il Signor Rossi. Chi, sentendo questo nome, non lo ricollega immediatamente al simpatico signore di mezza età vestito di rosso con cappello e papillon – specchio dell’italiano medio – protagonista di innumerevoli cortometraggi e di tre film, creato nel 1960 Bruno Bozzetto? Certo il fumettista e animatore milanese è ricordato anche per i molti spot pubblicitari, resi immortali da Carosello, e per altri lungometraggi animati come West & Soda, Vip mio fratello superuomo e Allegro non Troppo, senza contare il corto Mister Tao, vincitore dell’Orso d’oro al Festival di Berlino nel 1990 e Cavallette, nominato all’Oscar nel 1991. Difficile racchiudere in poche parole una carriera lunga oltre 50 anni.

Abbiamo incontrato a Milano il disegnatore, che ci ha parlato non solo del documentario sulla sua vita Bozzetto Non Troppo, presentato in anteprima all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, ma anche dell’attuale panorama italiano e internazionale dell’animazione, delle nuove tecnologie, dei suoi progetti meno conosciuti, del rapporto con i fan e dei sogni dei giovani.

bruno-bozzetto-4L’uscita di Bozzetto Non Troppo credo le abbia regalato negli ultimi mesi una sovraesposizione ai media a cui non era abituato prima. Come sta vivendo questo momento?

Devo ammettere che non mi fa troppo felice, nel senso che a me piace molto parlare di progetti e idee in cui metto l’anima e investo il mio tempo, mentre parlare di cose del passato, o peggio ancora di me stesso guardando sempre al passato, non mi piace proprio, perchè in sostanza si sta parlando di un altro. Io in questo momento sono un nullafacente che fa qualche disegnino qua e là, seguo un po’ i miei figli e basta. Si finisce quindi a parlare di cose che ho fatto, e va bene, però ormai le ho fatte.

Non si sente un po’ ‘offeso’ per questa riscoperta del suo lavoro così improvvisa?

In realtà non do grossa importanza a quello che la stampa scrive. Io ho sempre considerato importante quello che facevo e basta. Quello che succede dopo, viene dopo e non mi interessa sinceramente, tanto è vero che non leggo molte interviste, non mi rivedo in TV e non riascolto quelle alla radio. Mi fa piacere che uno ne parli, ma non sono interessato a questo genere di cose. Per me è importante solo quello che faccio, il lavoro. Tutto questo movimento viene dopo, proprio per i lavori che ho realizzato prima.

Quando li ho fatti pensavo solo a finirli e basta, non a cosa sarebbe successo o a chi li avrebbe visti. Ho scoperto poi che un prodotto, se fatto con passione, convinzione e un po’ di qualità, alla fine una sua strada la trova. Dico sempre ai giovani che sono appassionati: ‘Continua, vedrai che alla lunga la spunti‘. Il problema è capire se ci vorrà un anno oppure cinquanta. Io non lo so, c’entrano la fortuna, il momento giusto, le persone che frequenti. Questo purtroppo conta.

bruno-bozzettoIl documentario diretto da Marco Bonfanti è un’alternativa a un’eventuale autobiografia scritta a cui stava pensando?

No [ride]. Potrei pensarci per romanticismo, perchè mi piacerebbe ricordare le cose del passato, ma purtroppo non ho memoria, quindi spesso sono gli altri che mi ricordano degli eventi o delle date che io avevo proprio rimosso. Poi attenzione, si tende a ricordare del passato solo la parte positiva. La vita è così. Di problemi ne ho avuti a iosa, da non dormire la notte, però ripensandoci ora ricordo gli anni addietro come positivi, in compagnia di persone amiche, si litigava e discuteva, ma si era una famiglia, non era un lavoro dove dovevi timbrare il cartellino.

Ci si trovava in studio con Guido Manuli, Giuseppe LaganàGiovanni Mulazzani e se ne parlava. Certe idee prendevano una direzione, certa un’altra. Prendiamo il Signor Rossi, che era nato per un pubblico di giovani, non di bambini, ma quando ha cominciato a interessarsene la televisione abbiamo dovuto farlo parlare, introdurre un cane ed è saltato in un’altra dimensione.

Quindi il processo creativo cambiava a seconda del medium 

Diciamo che a me non interessa il prodotto fatto per uno scopo. Deve essere libero, dev’essere un’idea che si concretizza. La pubblicità mi piaceva molto nei primi tempi perchè si trattava direttamente con il cliente finale. Veniva da te con un problema: ‘Voglio far questo, ma non so come fare’. Magnifico, era un invito a nozze. Quando sono subentrate le agenzie coi loro piani per il prodotto e le campagne, lì è subentrata la tecnica allora. E ci sono dei tecnici molto più bravi di me.

Io non mi sono mai specializzato. Quando mi chiedono di andare da qualche parte a insegnare sorrido. Quando mi chiamano nelle scuole a vedere i lavori dei ragazzi rimango un po’ spiazzato oggi, perchè è difficile per me vedere e anche capire quale impegno mettano in cose che magari non hanno un contenuto. Oggi fanno vedere le cose, non dicono la loro. La tecnica ora è fondamentale, ma ai tempi non l’ho mai considerata.

bruno-bozzetto-3E come mai c’è stata questa dicotomia tra sostanza e forma?

Perchè la tecnologia ha facilitato il lavoro. I giovani riescono a capirla, semplificarla e usarla bene, ma c’è un forte rischio che sovrasti il contenuto. Forse dovrebbero esserci due persone per occuparsi ciascuna di un aspetto. Però vedo che anche qui nello Studio Bozzetto durante le riunioni per il 90% si parla di tecnica. Io rimango un po’ spiazzato, ma è vero che i tempi cambiano. Forse quello che c’era da dire è stato detto e il fatto che si vedano sempre più spin-off forse è lì a dirci che magari mancano le storie originali.

Persino nei cortometraggi, che dovrebbero essere più liberi di un film, vedo che si cura molto l’estetica. Non me la sento di dare giudizi comunque. Poi diciamocelo, ora c’è una sovraproduzione. Fa un po’ paura andare alla Disney e vedere che hanno già 8/9 film in preparazione. Senza contare che io non sono molto interessato ai sequel, perchè mi interessa la storia originale. Le eccezioni ci sono sia chiaro, Toy Story 2 è un capolavoro, quasi meglio del primo, ma è un caso raro.

Cosa pensa invece del grande peso che ha ora la televisione nel proporre prodotti di qualità sempre maggiore?

Secondo me siamo davanti a un cambiamento epocale. Una volta la TV era qualcosa di inferiore al cinema, ma la cosa che più mi colpisce è che sono cambiati i meccanismi per impostare le storie. Ora sono i personaggi che guidano la narrazione, la storia potrebbe anche teoricamente non esistere. Se ho sei personaggi che funzionano e li metto in situazioni diverse io posso portare avanti moltissimi film. Una volta in televisione le cose ‘dal vero’ erano orribili, ma ora siamo arrivati a dei capolavori. Io vedo molte serie TV e rimango allibito dalla qualità. Non tutte ovviamente.

Ho visto Black Mirror di recente ad esempio, che sono 6 episodi tutti diversi. Se prendo House of Cards, piuttosto che Narcos, sono agganciato al protagonista e alla sua famiglia. Il meccanismo è cambiato totalmente. Altro cambiamento epocale è quello introdotto da Il Trono di Spade. George R.R. Martin ha avuto l’idea di far morire i buoni, è un cambiamento bestiale, un sistema per andare avanti cento anni. Ora ti affezioni ai personaggi, di notte vedo anche 3 episodi di fila.

bruno-bozzetto-2Quindi prende anche spunto da quello che vede in televisione o al cinema?

Più che altro sono affascinato dalla recitazione, vedere certi attori mentre creano dal nulla i personaggi. Anche per l’animazione è così, quando vedo la recitazione degli occhi del personaggio, io resto scioccato. Una cosa impensabile. Si entra nell’anima dei personaggi. Ai miei tempi non ci pensavo nemmeno.

Cosa pensa invece del cambiamento nell’animazione, dove ormai ha preso decisamente piede il computer e il disegno a mano è sempre più raro?

Io amo la semplicità, il disegno rarefatto, come in Hayao Miyazaki, tratti semplici ma pieni di poesia. L’animazione digitale sta diventando sempre più concreta e vera. Qualche tempo fa ho domandato ai capi della Disney se ci sia ancora un futuro per il disegno animato 2D. Dopo aver confabulato mi hanno risposto di no, perchè lo stesso Walt Disney avrebbe seguito la strada che stanno ora intraprendendo.

Secondo me sono due modi diversi di vedere la realtà, un metodo non esclude l’altro. Il problema è che ora la gente, se non vede qualcosa di  perfetto almeno quanto gli ultimi film Disney, non lo percepisce come animazione, e questo è terribile. Come se tutti i quadri dovessero essere in 3D perchè la tecnologia ora lo consente. Non si può.

Mi può raccontare invece qualcosa del suo primo film con attori in carne e ossa, l’invisibile Sotto il Ristorante Cinese del 1987?

Premetto che io ho iniziato per la passione cinematografica, amavo il cinema e lo amo ancora, tante volte quasi più dell’animazione. L’idea di fare prima o poi qualcosa dal vero mi è sempre rimasta in mente quindi. Avevo avuto delle esperienze con dei cortometraggi assieme a Maurizio Nichetti, ci siamo divertiti, ma era più che altro uno sfogo. A un certo punto vado a vedere Ritorno al Futuro e ne resto folgorato dalle battute, dall’originalità, dalla storia … Da lì ho cominciato a pensare seriamente a fare un film di quel filone, ma per queste cose si doveva parlare con Mediaset.

Mi pare di aver incontrato Carlo Bernasconi e lui si è mostrato abbastanza interessato. La cosa buffa è che a un certo punto, mentre gli raccontavo che nel mondo che avevo in mente c’erano due soli, lui tutto entusiasta mi aveva detto che a casa aveva un quadro con due soli e che a quel punto il film si sarebbe dovuto fare per forza! Credo sia stata la famosa goccia. Vedi la casualità a volte… E’ stata una bella esperienza ma eccessivamente faticosa, un po’ per il budget e un po’ per la grande sfortuna durante le riprese. Ho commesso degli errori di sceneggiatura … mai prevedere le condizioni meteo per una scena … e infatti pioveva quando doveva esserci il sole e viceversa … Poi ho scoperto che per un film dal vero serve un’altra mentalità, tutto va fatto in fretta e potrebbero esserci imprevisti da risolvere al momento. Tutti i giorni c’erano mille problemi.

Ricordo che una volta avevamo preparato questa spiaggia per le riprese del giorno seguente. Durante la notte dei motociclisti si divertirono a sgasare rovinandola tutta … E questa è solo una delle cose capitate. Un’altra volta dovevo inquadrare la protagonista che passeggiava in questo mondo deserto. Partono le riprese e sullo sfondo compare una petroliera. Ovviamente prima che uscisse dal quadro passarono molti minuti. Io diventavo matto. Essendo nato poi come cine-amatore, volevo fare tutto perchè fremevo. Sul set però ci sono molte persone … Così la sera tornavo a casa e dovevo rimettere mano agli storyboard per le scene che non eravamo riusciti a girare in giornata.

E poi, trattare con gli attori non è facile. Ero in buoni rapporti, ma probabilmente non ho avuto la capacità di dire quel tanto che bastava e lasciare fare poi a loro. Io so trattare bene con gli animali! Non riesco a convincere le persone, quindi ero un po’ a disagio, specie se dopo aver spiegato una cosa due o tre volte e non la capivano, lasciavo correre. C’è da dire poi che mi adagio molto sul montaggio, confidandoci forse troppo. Tendevo infatti a fare molte inquadrature proprio per questo motivo, ma questo porta via tempo. Forse se avessi girato un paio di altri film sarei riuscito a entrare nel meccanismo. Comunque sono soddisfatto del risultato finale.

sotto-ristorante-cinese-bozzettoE non è mai uscito sul mercato home video vero?

Io ne ho perso ogni traccia, non so nemmeno se ne abbiamo una copia in archivio. Forse lo hanno riesumato per Bozzetto Non Troppo, devo chiedere. Ma non è l’unica cosa che ho perso purtroppo, anche tutte le pubblicità che ho fatto non le ho più. Erano migliaia. I Caroselli dopo tutto l’iter tornavano alla ditta, io avevo in casa solo il materiale di lavorazione.

Ho tenuto le parti spettacolari, ma erano centinaia di metri di roba. Pensa che all’epoca, la stanza in cui la Disney conserva le sue opere era soprannominata ‘Morgue’ … questo era il concetto per il materiale una volta uscito il film. Qualche tempo fa sono tornato là loro ospite e quando mi hanno fatto vedere un disegno di Bambi, ho provato ad avvicinarmi per vederlo da vicino. Mi sono saltati addosso! Ora è una specie di sacrario, puoi avvicinarti solo coi guanti.

Parliamo di collezionismo allora. Cosa ne pensa dei lavori a mano, del passaggio alle tavolette e del valore legato ai disegni su carta?

Le cose disegnate a mano stanno acquistando valore perché non ci sono più. Io adesso disegno sull’iPad, solo che a quanto pare un disegno realizzato sulla tavoletta non vale niente rispetto a uno fatto su un foglio. E’ un gap importante, presto la carta verrà abbandonata da tutti i disegnatori. Il mercante vuole il disegno ovviamente, ma il disegnatore segue la tecnologia, è stupido non farlo. Come quando ho scoperto l’elettronica, che mi ha fatto scavalcare le intercalazioni e con due disegni ho realizzato Europa&Italia.

Secondo me la gente però non è ancora preparata, ma stanno cambiando le generazioni di artisti, difficile che un giovane che inizia a disegnare ora non si affidi alla tecnologia. Io, quando mi chiedono perché non realizzo una tavola su carta mi arrabbio, non capiscono. Il lavoro su tavoletta non è certo meno impegnativo. Parliamo di romanticismo, ma il mondo cambia. La Disney fa i rodovetri, che in realtà non sono più realizzati, così da poterli vendere.

light-catcher-bozzettoCi potrebbe parlare del suo prossimo progetto, The Light Catcher, in lavorazione ormai da qualche tempo?

Si è vero, ma non so mai cosa dire dei progetti … Un tempo, quando avevi un progetto, nasceva l’idea e se piaceva il giorno dopo si partiva per realizzarla. Oggi invece c’è una trafila tale prima di arrivare a dire ‘si, si può fare’ e ottenere i finanziamenti che tutti gli entusiasmi iniziali muoiono, diventa lavoro professionale, non è più passione. E’ un modo di lavorare diverso.

Quello che ho fatto, l’ho fatto libero. Ho lavorato con Nicola Ioppolo, mi pare avessimo fatto una ventina di versioni della sceneggiatura. Ci ho messo l’anima. Poi, una volta finito, passa un mese, poi un altro, poi due anni … e allora mi metto a fare altro. Vivi in un limbo dove non mi ritrovo. Dovrebbero esserci degli enti in grado di aiutarti, almeno in parte, nella parte relativa ai finanziamenti, invece sei solo. Ne abbiamo realizzato un trailer, che mi sembra sia venuto bene, ma è finita lì. In questo modo si è bloccato anche Mammuch, e ora ho in mente qualcos’altro, ma non sto nemmeno a parlarne perchè probabilmente non andrà avanti.

Quindi come se ne esce? Come lavora lo Studio Bozzetto?

Lavora su commissione. Ora hanno avuto l’ok per un’altra serie di Topo Tip ad esempio. Lavoriamo per le università, gli ospedali, la pubblicità, tanti lavori insomma, che diciamo sono la base. Noi facevo lo stesso negli anni ’70, ma allora il guadagno era molto più alto, c’era meno concorrenza, e con quei soldi potevi permetterti di realizzare dei progetti paralleli più spettacolari. Oggi il margine è minimo, puoi tentare al massimo di fare un cortometraggio. E’ un peccato. 

europaitalia-bozzettoPer quanto riguarda invece la comicità e l’umorismo, come sono cambiati nel tempo?

Ci sono tanti modi diversi per far ridere. C’è l’ironia, c’è l’umorismo, c’è la satira, che richiede molta cattiveria e io non ne sono capace perchè bisogna odiare la persona che ne è oggetto. L’ironia è una via di mezzo, mentre l’umorismo, che è quello che mi piace di più, è guardare con leggerezza alle cose facendole vedere al pubblico in un modo diverso. Può diventare anche un insegnamento allora. Uno ride al momento, ma poi si rivede in quei comportamenti.

Ultimamente l’umorismo, che per me ha raggiunto il suo apice con Jacques Tati e Le vacanze di Monsieur Hulot, che ritengo un capolavoro, non mi piace perchè si è scaduti nella volgarità, le parolacce sono la norma. Il fatto che si usino le parolacce – o le grida – significa che non si hanno più armi, è proprio l’ultimo rifugio. Anche io rido, però posso ridere alla stessa maniera se c’è dell’umorismo vero. E’ molto difficile, e la gente lo coglie di meno. Come dico nel documentario, diffido dei popoli senza il senso dell’umorismo, sono pericolosissimi. La colpa è per metà dei produttori – che magari pensano che gli spettatori non lo colgano – e per metà del pubblico.

Io ho cominciato a vedere i fumetti in un’altra maniera grazie a Johnny Hart. Poi c’è l’umorismo inglese e quello napoletano. Se andiamo verso Sud le battute sono concrete, più si sale più diventa invece astratto. Tre Uomini in Barca di Jerome K. Jerome era tutto così, piccole cose che mi facevano morire dal ridere. Anche The Far Side di Gary Larson è eccezionale, un umorismo talmente raffinato che mi sono stupito che negli Stati Uniti fosse molto conosciuto e stimato.

Chiudiamo con un commento sui Social Network e la loro utilità, visto che anche lei ne fa uso

Io uso Facebook per pubblicare delle strisce. Sembra uno scherzo, ma dai like vedo quella che piace di più e quella che invece non attira. E’ una specie di sondaggio su un campione significativo. La gente è attenta a quello che le dai. Se una cosa è debole, crolla subito. Sui Social mi diverto, ho un piccolo pubblico che mi aggiusta il tiro su quello che faccio. Per ora però lo vedo solo come un gioco, non come un canale lavorativo vero e proprio. Faccio una vignetta e la mostro a qualcuno invece che tenerla per me.

Per quanto riguarda YouTube ad esempio, può essere un’altra finestra. Mi ricordo che Europa&Italia era stato preso e messo in giro e visto milioni di volte, senza che mai ci abbia guadagnato nulla. Ma è anche vero che da questa diffusione incontrollata mi sono stati poi commissionati 6 o 7 film sullo stesso genere, invece pagati. E’ altrettanto vero che Europa&Italia mi ha portato anche tante critiche dagli italiani all’estero però …

Di seguito il trailer di Animation, Maestro: