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Esclusivo | Intervista ad Angelo Stano: Dylan Dog al cinema, come nasce una tavola e i supereroi USA

13/03/2018 news di Alessandro Gamma

Abbiamo incontrato al Cartoomics 2018 lo storico disegnatore e copertinista di casa Bonelli per una lunga chiacchierata, nella quale abbiamo spaziato dai suoi esordi nel fantastico ai recenti aggiornamenti riguardanti l'indagatore dell'incubo

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Classe 1953, il nome di Angelo Stano è probabilmente indissolubilmente legato a uno dei personaggi più iconici dell’universo fumettistico di casa Bonelli, Dylan Dog, di cui realizza il numero uno, L’alba dei Morti Viventi (1986). Facendo un passo indietro però, i suoi primi approcci alla Nona Arte risalgono alla metà degli anni Settanta, con una riduzione disegnata del romanzo Dalla Terra alla Luna di Jules Verne, alcune storie per la testata Uomini e Guerra e Charlie Charleston per Corrier Boy. La grande svolta arriva però nel 1985, quando incontra Tiziano Sclavi ed entra alla Bonelli nel team che sta lavorando al nascente Dylan Dog, di cui poi realizzerà ciclicamente alcuni episodi e tutte le copertine dal n. 42, La Iena (prendendo il posto di Claudio Villa), fino al n. 361, Mater Dolorosa, del 2016.

Abbiamo avuto il piacere di incontrare e fare una lunga chiacchierata con Angelo Stano al Cartoomics di Milano per guardare un po’ ai suoi esordi, parlare della sua passione per il cinema e fare il punto sulla situazione di Dylan Dog. Ricordiamo che al WOW Spazio Fumetto è in corso la mostra ‘I maestri della matita’ (la nostra visita), in cui è dedicato grande spazio proprio all’artista di Santeramo in Colle, con una vasta esposizione di tavole originali.

Partiamo dalle versioni live action di Dylan, ovvero l’omonimo film americano diretto da Kevin Munroe nel 2010 e la versione ‘spuria’, ovvero Dellamorte Dellamore di Michele Soavi del 1994. Senza contare i fan film che circolano in rete …

Partendo proprio dai film amatoriali, di cui ne esistono almeno un paio credo [ce ne sono svariati, tutti disponibili integralmente su YouTube: Vittima degli Eventi, La morte puttana, More evil than devil e Dream of the living dead, pilot di una possibile serie TV di cui abbiamo intervistato il regista, Kevin Kopacka], sono fatti molto bene nonostante i mezzi siano ovviamente inferiori a quelli di una produzione più autorevole, ma siccome i realizzatori sono lettori appassionati di Dylan Dog hanno naturalmente rispettato il personaggio molto di più nei suoi diversi aspetti che lo connotano.

Il film con Brandon Routh è invece stato fatto da gente che probabilmente non l’ha nemmeno mai letto Dylan Dog … Esistevano questi diritti comprati da tempo e prima che scadessero i detentori hanno pensato di trarne un film, che tra l’altro inizialmente avrebbe dovuto avere un budget superiore, ma che alla fine si è ridotto a 30 milioni di dollari, che per un film del genere non sono poi tantissimi. Il risultato è stato un personaggio snaturato rispetto a quello pensato da Tiziano Sclavi, molto spettacolare e ‘chiassoso’ ma molto rozzo per quanto riguarda le sfumature …

Hanno cambiato la location, hanno dovuto eliminare Groucho per questioni di diritti negli Stati Uniti … E’ diventato un personaggio che ha più a che vedere con quelli fracassoni presenti nei film di serie B americani, dove l’horror è soprattutto giocoso, senza i risvolti psicanalitici presenti nel fumetto originale, qualcosa di molto diverso da quello che conoscono i lettori italiani. E infatti non ha avuto successo [4.6 milioni di dollari incassati in tutto il mondo], perché da un lato non è stato apprezzato dai cultori del cinema horror, perché il protagonista è un po’ strano, non si capisce cosa significhi esattamente quel ‘indagatore dell’incubo’, e dall’altro chi conosceva già Dylan non ha ritrovato lo stesso personaggio.

Venendo invece a Dellamorte Dellamore, il regista conosceva Tiziano Sclavi e non è quindi un caso che abbia scelto Rupert Everett per il ruolo del protagonista. Soavi aveva capito il mondo che sta dietro a Dylan e Dellamorte Dellamore è un po’ il prototipo di DD, quindi è un film riuscito perchè è fondamentalmente rispettoso dell’omonimo romanzo alla base, anche se il finale è stato leggermente cambiato. Vedremo se in futuro ci saranno nuovi adattamenti. Ora i diritti sono tornati completamente in mano alla Bonelli, che ultimamente – come dimostra anche il recente Monolith di Ivan Silvestrini – sta cercando di guardare anche al di là del tradizionale diverso, perchè questo mondo si sta evolvendo.

Proprio a questo riguardo, come vedrebbe una serie TV su Dylan Dog? E a chi affiderebbe il ruolo principale oggi?

Il personaggio nasce come seriale, quindi vedrei benissimo una serie televisiva a lui dedicata, magari di Netflix o per Sky. Dylan ha una solida tradizione alle spalle e una buona base, almeno qui in Italia, quindi si potrebbero coinvolgere degli sceneggiatori e pensare una decina di episodi per cominciare, e vedere se funziona. Per il ruolo di Dylan la scelta sarebbe complicata … E’ un viso molto caratteristico e conosciuto il suo … Comunque sceglierei un attore nel mondo anglosassone.

I comprimari invece potrebbero anche essere di altre nazionalità. A mio modo di vedere sarebbe giusto rendere l’eventuale serie il più internazionale possibile. Prima di fare un passo del genere è però fondamentale trovare un team in grado di scrivere delle belle sceneggiature. Tiziano Sclavi è un po’ restio a mettersi ancora in gioco dopo una brillante carriera con centinaia di sceneggiatore alle spalle e forse ora anche gli incubi che lo affliggevano in giovinezza si sono chetati. Lui stesso dice che gli è più difficile scrivere Dylan Dog oggi … Però io spero che lui continui a realizzare almeno una storia all’anno. Vedremo.

Rimanendo in ambito cinematografico, quali sono i generi che più la interessano?

Più che per un genere in particolare, ho la passione per certi registi, a partire da Stanley Kubrick. Rimanendo nel fantastico soprattutto John Carpenter e Ridley Scott, Christopher Nolan, . Ultimamente mi piacciono molto Denis Villeneuve e Paul Thomas Anderson. In generale mi piace il thriller, meno l’horror declinato allo splatter come quello di Sam Raimi. Oggi mi affeziono al film, se mi piace non mi importa chi lo abbia sceneggiato o diretto.

Forse il vero problema è che dopo oltre 100 anni di cinema trovare qualche idea nuova è davvero difficile … L’altro giorno ho visto ad esempio Il Filo Nascosto, una regia molto raffinata, ma che non ha nulla a che vedere con il thriller! Apparentemente succede ben poco, ma è raccontato con una tale capacità di penetrare l’animo delle persone che diventa interessante. La forma dell’acqua, pur avendo un finale un po’ troppo da favola, lo ritengo un buon film. Blade Runner 2049 un po’ mi ha deluso … Sono molto affezionato al primo di Ridley Scott, una pellicola fondamentale per me, tanto che intorno alla metà degli anni ’80 avevo addirittura provato a realizzare una storia con uno scenario simile, che però non ho mai concluso perchè a un certo punto lo sceneggiatore, Renato Queirolo, non è riuscito più a portare avanti questo lavoro. Abbiamo una trentina di pagine complete, che al momento sono lì ferme …

Rimanendo nel fantastico, una delle su prime storie è proprio l’adattamento di Dalla Terra alla Luna di Jules Verne. Come è nata?

Si è trattata di una situazione del tutto casuale. Faccio un piccolo excursus. Subito dopo aver fatto il militare, sono venuto a Milano da Bari e ho cominciato il giro di tutti gli editori con la mia cartelletta coi disegni sotto il braccio, partendo proprio da quello che era il punto di approdo, il sogno, di ogni disegnatore dilettante dell’epoca, ovvero Il Corriere dei Piccoli, che all’epoca, era il 1971, era già forse diventato Il Corriere dei Ragazzi. Aldo Di Gennaro visionò le mie tavole e mi disse che avevo talento, ma che non ero ancora pronto per il grande salto, perché lì avevano un po’ il gotha del fumetto italiano – e non solo – di quegli anni, tra cui Sergio Toppi, Hugo Pratt, Dino Battaglia, ecc.

Mi disse comunque di non scoraggiarmi che avrei trovato sicuramente un editore disposto a pubblicarmi. Arrivai così alla Sole Editore, che curiosamente già mi conosceva, perché aveva visionato alcuni disegni che avevo realizzato, assieme alla sceneggiatura, tempo prima per un altro editore che mi aveva chiesto un fumetto sullo stile di Creepy [I racconti della cripta], che era andato molto bene a vendite, che però non venne mai pubblicata. Fatto sta che avevano apprezzato quello che avevo creato e mi presero subito, chiedendomi se avrei avuto piacere di disegnare la seconda parte dell’adattamento di Dalla Terra alla Luna, cioè la parte del giro intorno al satellite e il ritorno. Io naturalmente accettai con entusiasmo. Dopodiché, sono venute le esperienze per Audax (Mondadori),Uomini e Guerra (Dardo)e i tre anni di storie di Charlie Charleston per il Corrier Boy e quando chiuse, intorno al 1983, cominciai a insegnare alla Scuola del Fumetto, cercando di maturare il mio stile. Nel 1985 ebbi l’incontro fondamentale con Tiziano Sclavi, e da lì sappiamo com’è andata.

Come menzionato in apertura, fino a metà maggio, al WOW Spazio Fumetto di Viale Campania a Milano sarà possibile ammirare svariate tavole originali realizzate prevalentemente a matita. A questo proposito, mi piacerebbe che ci parlasse del processo di creazione di una tavola.

Dunque, per prima cosa leggo la sceneggiatura due volte. La prima per prendere visione del contenuto della storia e cominciare a ragionare sull’approccio, la seconda per capire cosa serve, come le fisionomie giuste per i personaggi – una sorta di casting – o immaginare le location. Ora con Internet è tutto molto più semplice, ma una volta avevo a disposizione solamente libri o altri fumetti. Una volta raccolta la documentazione, faccio un piccolo storyboard, niente di particolarmente dettagliato, giusto per visualizzare bene lo sviluppo della sequenza, ma non ancora la composizione.

Poi ricomincio dalla prima tavola e porto il tutto a un livello più avanzato curando sia l’impostazione della composizione che le proporzioni dei vari elementi presenti e una prospettiva adeguata. Quindi rifinisco il disegno e passo all’ inchiostrazione, che può avvenire tramite pennello, pennino o pennarello. Nel caso di sequenze buie o notturne, parto direttamente con il pennello usando larghe campiture e pochi tratti a penna ove serve per completare. Nel caso più frequente di uno sviluppo diurno, comincio sempre dal tratto, perché questo dà nitidezza al disegno, su tutta la tavola e poi aggiungo i neri. Campiture piatte – come per la giacca di Dylan Dog – e per completare il tutto, i mezzi toni e le sfumature secondo le esigenze grafiche della tavola, cercando un equilibrio complessivo. Quindi lascio riposare la tavola e il giorno seguente aggiungo piccoli ritocchi se servono.

Cosa cambia invece per le copertine?

Beh le copertine sono più complesse rispetto alle tavole. In questo caso bisogna infatti fare capo alla redazione e all’editore . Per gli anni che ho lavorato alle copertine, ho infatti avuto diversi referenti, da Tiziano Sclavi a Mauro Marcheselli, fino a Giovanni Gualdoni e Roberto Recchioni nell’ultimo periodo. In sostanza ciascuno mi passava il tema di copertina, ovvero l’idea che avevano in testa per quel dato episodio, quasi sempre unitamente ad alcune fotocopie con scene che avrebbero potuto aiutarmi a rappresentarla; da lì realizzavo un bozzetto a matita da presentare alla redazione e se la trovavano soddisfacente passavo alla realizzazione.

Nei primi tempi facevo il bianco e nero, esattamente come per le pagine interne, dando però delle indicazioni a colori su una copia formato stampa con degli acquerelli. Il fotolitista poi desumeva da questi suggerimenti le percentuali dei retini di rosso, giallo e blu. Questa era la prassi in Bonelli finchè non sono arrivati i programmi e i software per il PC. Allora ho cominciato a colorare io stesso digitalmente le copertine.

Lei disegna Dylan Dog da oltre 30 anni. Quali sono gli stimoli per evitare di cadere nella ripetitività e nella ‘stanchezza’ dopo così tanto tempo sullo stesso personaggio?

C’è sempre una ricerca e una evoluzione. Il disegno non può certo essere come quello che facevo 31 anni fa. Cambia anche lo sguardo rispetto al taglio della storia. Le prime che ho disegnato erano ad esempio molto drammatiche, con un’impostazione tendenzialmente espressionista, mentre altre erano più vicine come spirito alla commedia noir. Se le prime richiedono una buona quantità di neri e sfumature che danno atmosfera, le seconde hanno al contrario bisogno di contare più sulle psicologie dei personaggi, e i contrasti si alleggeriscono.

Nel 2012, per la prima e unica volta, ha curato interamente (copertina, pagine interne, soggetto e sceneggiatura) il numero 315 di Dylan Dog, La legione degli scheletri. Com’è nata quella storia? Ne ha altre pronte nel cassetto?

Ho voluto che quella storia fosse il più possibile aderente al primo Dylan Dog, rispettando credo pienamente quello che era sia lo spirito drammatico che quello un po’ più scanzonato del personaggio delle origini. Il mio riferimento principe è stato un po’ Carrie – Lo sguardo di Satana per quanto riguarda il personaggio centrale, questa ragazzina che ha delle visioni che alterano sia la propria realtà che quella degli altri.

C’è anche un riferimento all’arte, a un dipinto di Pieter Bruegel il Vecchio, Il Trionfo della morte, molto aderente allo stile di Dylan, in cui compare questo personaggino, il giocoliere, che sortisce da sotto un tavolo e sembra totalmente avulso dal contesto. Provando a dare un senso proprio a questa scena, la spiegazione si innesta nella vicenda personale della giovane protagonista con problemi legati al senso di colpa per la morte dei genitori. In questo momento non ho altre storie per Dylan nel cassetto. Negli ultimi tempi mi sono dedicato alla seconda parte di Mohawk River, su testi di Mauro Boselli. Un lavoro davvero enorme e impegnativo, soprattutto perchè è tutto a colori.

Ci sono due scuole di pensiero tra i lettori di casa Bonelli, specie per quanto riguarda i personaggi storici come Dylan Dog o Tex: chi è favorevole al cambiamento / evoluzione e chi invece non vuole novità di alcun tipo (nel disegno, nei comprimari, nelle tematiche trattate ecc.). Lei da che parte sta?

Proprio per i cambiamenti ai quali abbiamo assistito nella realtà che ci circonda, negli ultimi anni, Dylan Dog non può più rimanere un personaggio statico. La casa editrice, la redazione e il nuovo curatore della serie hanno scelto una strada di rinnovamento. Non solo per alcuni aspetti legati alla serie, come il pensionamento dell’ispettore Bloch e l’introduzione di nuovi personaggi, Carpenter e Rania o della tecnologia che comincia a fare capolino, ma si è scelto di attualizzarlo per legarlo a una realtà, più vicina ai lettori di oggi.

Non si può prescindere dal fatto che sono state scritte e disegnate un’infinità di storie che hanno bene o male coperto tutte le possibili evoluzioni del personaggio. Il rinnovamento è stato necessario per offrire nuove strade da battere legate proprio all’attualità. Anche a livello grafico la svolta è stata evidente, aprendo lo spazio ai disegnatori più disparati e con uno stile molto differente dalla generazione che ha dato a Dylan i molti volti che ha avuto nei primi 30 anni di vita, diversamente da altre testate come Tex o Zagor, che sono state impostate con maggiore omogeneità. Personalmente sono favorevole ai cambiamenti, anche se si corre il rischio, in certi casi, di snaturare il personaggio. Come per certe scelte coraggiose, mi riferisco agli esperimenti del Color Fest, che hanno lasciato interdetti molti dei lettori della vecchia guardia. Diciamo che però l’impostazione della serie regolare con piccoli passi in avanti e soprattutto la collana Old Boy, teoricamente dovrebbero accontentare tutti.

Concludiamo con dei fumetti decisamente lontani dalla realtà Bonelli nella quale lavora, i supereroi. Che rapporto ha con i fumetti americani e i loro protagonisti?

Come per molti ragazzini, anche io da piccolo ho cominciato leggendo quello che all’epoca si chiamava ancora Nembo Kid e Batman. Crescendo ho letto naturalmente anche qualcosa della Marvel, L’Uomo Ragno, gli X-Men, I Fantastici 4 e tutti gli altri, ma mi sono interessato presto ai fumetti autoctoni. Non disdegno i supereroi sia chiaro, anzi Batman mi ha sempre affascinato perchè in fondo non aveva alcun potere, ma è soltanto un uomo che ha sviluppato un certo tipo di attitudini piuttosto peculiari. Anche il Punisher mi piace molto, così come Daredevil, che possiede dei tratti drammatici che lo distinguono dagli altri supereroi classici.

Di seguito il un video con Stano all’opera nella realizzazione di un Dylan Dog: