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[Film memories on the road] Eroi di celluloide ed eroi di carta (parte I)

18/04/2017 news di Mario Bulletti

Ancora in Turchia alla ricerca delle vecchie glorie del cinema popolare

Yılmaz Güney, Cüneyt Arkın, Erol Taş, İrfan Atasoy, Kartal Tibet, Levent Çakir, Aytekin Akkaya … nomi che possono dire poco a noi italiani, affamati di cinema ma a digiuno di una cultura cinematografica internazionale che esuli dai sapori americani o francesi o giapponesi o dell’estremo oriente canonico.

Col traghetto direzione Patrasso, Grecia, c’è meno distanza tra Roma e Istanbul che tra Roma e Londra. Eppure Londra e la cultura inglese ci sembrano così vicine, così a portata di mano mentre Istanbul ci appare lontana, lontanissima, un altro mondo. Mitico e irraggiungibile. Perchè?

karamurat__la_belva_dell_anatolia PosterPrendiamo il cinema….cosa ne sappiamo di cinema turco a parte il famoso “Hamam – Il bagno turco” di Ferzan Özpetek? Poco altro. A parte qualche esperto e studioso del cinema turco del quale non posso far altro che ammirarne le competenze, il cineamatore medio italiano può vagamente sapere che ci sono stati un sacco di “filmacci”, brutte copie di successi americani come Superman o Frankenstein, come Dracula o Star Trek….ma anche qui si contano sulle dita di una mano questi pochi illuminati.

Eppure tutti questi attori, alcuni già purtroppo non più tra noi (in Turchia tutt’oggi non si campa a lungo) altri ancora fortunatamente arzilli ma non più attivi, illuminano gli occhi di ogni turco medio quando se ne parla, quando se ne chiede informazione, quando se ne vede una foto appesa dappertutto qua e la in ristoranti, bar, negozi, bazaar…e il cuore si scalda in dolci ricordi e nostalgie: e qui si apprezza l’animo sensibile, buono e riconoscente della semplice gente.
Un’altra storia ha inizio, un altro ricordo affiora. Ma ci entreremo pian piano, perchè è difficile ricollegare nel giusto ordine cronologico gli eventi, le scoperte, gli incontri accaduti in 7 anni di viaggi in Turchia.

“Viviamo una vita dura, tra lavoro e problemi politici. Per tanti anni sono stati i nostri eroi, gli eroi dei nostri sogni, il momento in cui per due ore potevamo sognare ed evadere dalla dura vita quotidiana. Hanno dato tutto per noi e per i nostri sogni, noi dobbiamo tutto a loro” mi raccontava Ali Murat Güven, giornalista, collezionista, politologo, scrittore e restauratore di vecchi film operante a Istanbul nel tradizionale quartiere musulmano di Üsküdar, asian side. E come lui tantissime altre persone incontrate tra Istanbul e Ankara, Edirne e Erzurum si son commossi a ricordare questi loro eroi di gioventù. Ecco qui il nocciolo della questione: “Hanno dato tutto per noi e noi dobbiamo tutto a loro”. La riconoscenza nei confronti di questi artisti è totale, incondizionata, tutt’oggi. Non solo per gli artisti a dire il vero, perchè fuori dallo stadio del Fenerbahçe, nella parte asiatica di Istanbul, pellegrini da tutto il paese vengono a pregare e ringraziare sotto le statue di bronzo dei gloriosi calciatori di un tempo … a ringraziarli di tutti i sogni e le speranze, dei momenti di gioia e delle emozioni che hanno saputo dare. Come fossero degli Dei. Altro che Allah e il Corano.
Non capita tutti i giorni di vedere situazioni del genere in altri posti: la riconoscenza turca verso chi sa muover loro il cuore è una delle cose più belle che si possano sperimentare in questo grande paese.

Kara Murat Devler Savasiyor (1978)Tra gli anni ’50 e i primi anni ’90 la cinematografia turca ha prodotto quasi 6.000 film, moltissimi dei quali andati perduti, distrutti e scomparsi: l’incuria e il disinteresse nel preservare le pellicole soprattutto di genere più popolare, la scarsa qualità dei materiali che ha portato ad un rapido deterioramento, la pratica di grattare via il nitrato di argento dalle vecchie pellicole in bianco e nero per rivendere la polvere e acquistare nuovo materiale ha fatto si che moltissime pellicole fossero andate perdute per sempre. Soprattutto quelle dei poli produttivi cinematografici “minori” fuori da Istanbul. Aggiungiamo almeno 3 grandi incendi agli archivi del cinema nazionale di Istanbul, pellicole stampate in una sola copia andate irrimediabilmente distrutte nelle proiezioni viaggianti all’interno di desolate campagne dell’Anatolia (una volta finito il ciclo di sfruttamento nelle grandi città la pellicola veniva portata nelle campagne arretrate per essere proiettata in pubbliche piazze finchè il supporto poteva resistere … da qui il ritrovamento di frammenti di film ritenuti scomparsi nei luoghi più remoti ed impensabili del paese), la tendenza di molti collezionisti ad accaparrarsi le “pizze” più rare e non farne copie a nessuno se non per cifre assolutamente spropositate: tanti fattori che hanno fatto della cinematografia turca, ricca, gloriosa, affascinante, una delle più disastrate e incomplete del mondo al giorno d’oggi.

Eppure se i film son scomparsi, il ricordo degli attori è ancor oggi vivo nella mente e nei cuori di tutti.
Se Yılmaz Güney è ancora l’Adam (l’ “Uomo”) agli occhi di tanti curdi e poveracci che ne vedevano in lui il simbolo della lotta all’oppressione culturale, economica, politica e religiosa della popolazione più svantaggiata, Cüneyt Arkın, İrfan Atasoy e gli altri rappresentano gli eroi di un paese che autarchicamente combatteva contro invasori spaziali, pericolosi criminali greci o mediorientali, scienziati pazzi alla conquista del mondo (ma si contentavano anche della sola Istanbul) o pericolosi boss di quartiere o di campagna che spregiavano i precetti del Corano. A colpi di pistola, raggi spaziali, vecchie carabine avancarica e scimitarre. Ma anche a colpi di Colt 45 quando volevano dimostrare che anche in Anatolia esistevano sceriffi, outlaws e cowboy.
Cinema, fumetto e calcio son popolarissimi in Turchia ancora oggi, come sempre. E’ per questo che mi piace: il vecchio e sano cinema di avventura, i vecchi eroi dei fumetti alla Bonelli o alla Tintin, gli scarponi del calcio che tanto danno e poca gloria internazionale ottengono. C’è un qualcosa di profondamente romantico nei sogni semplici di questa gente.

Kara Murat Seyh Gaffara Karsi (1975)Cüneyt Arkın è l’eroe per antonomasia. Che si vesta da antico unno o da moderno karateka, da difensore spaziale o da simpatico gangster, è lui il simbolo dell’Avventura turca. Ha percorso tutti i generi all’interno della cinematografia turca ma in principal modo verrà sempre ricordato come Kara Murat, il diavolo bianco (anche se “Kara” significa “nero”), ufficiale militare ottomano al servizio del califfo durante il periodo di massimo splendore ed espansione dell’Impero, successivamente nella realtà storica Gran Visir e comunque sempre in lotta contro perfidi bulgari o greci, contro i corrotti veneziani o i perfidi persiani, in un guazzabuglio che ad un certo punto della lunghissima saga (11 film e una serie infinita di romanzi, fumetti … tutti creati, scritti, sceneggiati da Rahmi Turan) lo vedrà contaminare il suo stile di lotta con la nascente influenza del cinema di kung fu. Ottimo atleta – ha cominciato la carriera in un circo e da qui la sua straordinaria agilità fisica – e una bella faccia alla Alain Delon, ne hanno fatto di lui l’attore più internazionale e conosciuto del cinema turco.
Ma è stato Malkoçoglu, capo delle truppe akıncı al servizio dell’Ottomano in 8 film, Hacı Murat in lotta contro gli invasori dalla Russia zarista in 3 film, Battal Gazi – eroe ummayade dell’ 8° Secolo – in 6 pellicole ed una infinità di altre cose. Pellicole di ottimo piglio avventuroso, simili ai nostri vecchi peplum ma con molta più azione e afflato epico, insaporite dall’umorismo innato di Cüneyt Arkın e tutte derivanti dagli omonimi personaggi delle serie a fumetti ancor prima che dalla realtà storica. Non sono difficili da trovare: alcune di queste sono state anche doppiate in Italiano (“Kara Murat la belva dell’Anatolia”, “Il Malesiano”) o co-prodotte con la Germania (Ernst Hofbauer era il regista specializzato) e i VCD e i poster si trovano ancora benissimo nelle varie botteghe di antiquariato tra i vicoli del grande boulevard di Istiklal a Istanbul. Colorati e divertenti, avventurosi e di sicura presa.

continua…