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I diari del Lido: il Cineocchio a Venezia 73 – Giorno 8

08/09/2016 news di Giovanni Mottola

Un fatto di cronaca nera ha oscurato nella notte la Jackie di Natalie Portman presentata in Concorso

Il dovere di cronaca c’imporrebbe oggi di dimenticare cinema, mondanità, curiosità varie e dedicarci esclusivamente alla cronaca nera, poiché ieri notte, rientrando a casa ad un’ora in cui per le strade del Lido non si trova solitamente più nessuno (quindi piuttosto tardi), ci siamo imbattuti in un insolito capannello di persone in viale Santa Maria Elisabetta, strada principale dell’isola nonché punto d’arrivo degli imbarcaderi.

Da alcuni dei presenti abbiamo saputo che si sarebbe svolta una rissa a colpi di coltello nei pressi della vicina discoteca Aurora Beach, proseguita poi con un inseguimento lungo lo stradone. Uno degli autori dell’aggressione si trovava a terra ferito, circondato appunto dal piccolo gruppo di nottambuli ancora in giro. Non era presente sul luogo invece l’ambulanza, un po’ perché il ferito non sembrava grave e pensava la Polizia, nel frattempo sopraggiunta, a tenere sotto controllo le sue condizioni, un po’ perché le due in servizio al Lido erano già accorse precedentemente alla discoteca per soccorrere gli altri feriti. Coloro che avevano assistito alla vicenda hanno poi reso testimonianza alle forze dell’ordine e oggi se ne saprà di più. Per quella stessa strada passava proprio in quel momento il vignettista Stefano Disegni (curiosamente assente dalla festa di cui sopra), che ogni giorno pubblica una spiritosa striscia a commento della Mostra del Cinema. Ci ha detto saggiamente che nella sua prossima non avrebbe fatto alcun riferimento all’accaduto, perché su certe cose ‘non si deve scherzare’ (e bisognerebbe spiegarlo anche a quelli di Charlie Hebdo, che non si sono fermati nemmeno davanti ai terremotati).

portman-larrain-venezia-jackieCi siamo dilungati anche troppo su una vicenda la cui trattazione non è compito di una rubrica semiseria come questa. Passiamo quindi a spiegarvi perché fossimo ancora in giro a quell’ora: stavamo rientrando da una trasferta a Venezia, dove ci eravamo recati per partecipare alla rediviva festa organizzata da Ciak nell’interessante cornice della chiesa sconsacrata di Santa Maria della Misericordia, nel sestiere di Cannaregio. Ci aveva attirati lì, in particolare, la presenza di Natalie Portman, che avevamo potuto ammirare qualche ora prima sul grande schermo nel film Jackie (trovate un clip in fondo), del quarantenne ma già molto affermato regista cileno Pablo Larraìn, che racconta i quattro giorni tra l’omicidio del presidente John Fitzgerald Kennedy e del suo funerale, visti attraverso gli stati d’animo, i pensieri, i ricordi della moglie Jacqueline. Non dunque un’intera biografia, ma un segmento di vita, quello più drammatico e sconvolgente: attraverso di esso si realizza un’analisi sul potere, ma soprattutto uno spaccato dei riflessi privati di una tragedia che, nelle tante ricostruzioni realizzate prima d’ora, era quasi sempre stata raccontata come pubblica, e sempre con l’attenzione rivolta a John e mai a Jackie. Si vede la Jacqueline pubblica, che apre le porte della televisione alla Casa Bianca, e si vede quella privata, che si preoccupa per i figli e non si piega di fronte alle esigenze del potere e si batte contro tutto e contro tutti perché il marito sia ricordato con un funerale in grande stile, come fu per Abramo Lincoln. Pur non somigliando granché a Jackie dal punto di vista fisico – una bellezza classica quella dell’attrice, molto più irregolare quella della first lady – la Portman è straordinaria nel mostrare la fierezza, la dignità, ma anche la sofferenza di chi vede crollare in pochi secondi tutta la sua precedente esistenza, realizzando quella che, a nostro parere, è la più convincente tra le interpretazioni femminili viste sin qui alla Mostra. Devono pensarla così un po’ tutti, dal momento che persino i giornalisti – una categoria, cioè, che dovrebbe mostrare un minimo di contegno – al termine della conferenza stampa dell’attrice, le si sono letteralmente scagliati addosso alla ricerca di un autografo, che lei non ha potuto concedere in quanto fuggita terrorizzata da quella che è parsa una vera e propria aggressione premeditata.

Per un attore può esserci soltanto una cosa peggiore che essere assediato dagli ammiratori: non essere riconosciuti o addirittura essere scambiati per un collega. Ci viene quindi in mente una scena spassosa a cui abbiamo assistito personalmente un paio di anni fa, proprio qui al Lido. In coda per entrare ad assistere a una proiezione si trovava la mai troppo lodata Milena Vukotic. Un ragazzo la avvicina visibilmente emozionato: “Ma lei è Rita Rusic!”. Ricordiamo che la Vukotic, oltre ad essere diventata immortale come la Pina, moglie di Fantozzi, ha lavorato con tutti i grandi del cinema italiano e non solo (tra le altre cose ha all’attivo tre film con un certo Luis Buñuel), mentre il ruolo principale della Rusic al cinema è stato in Attila flagello di Dio di Castellano e Pipolo, col simpatico Diego Abatantuono. Comunque la Vukotic, da gran signora qual è, rispose: “Veramente no, mi dispiace”. E il fan, insistente: “Ma allora lei come si chiama?” “Milena. Milena Vukotic”. “Ah… Beh, è brava anche lei però!”.

A domani