Home » Cinema » Azione & Avventura » Intervista a Sammo Hung sul film The Bodyguard e il suo cinema di arti marziali

Intervista a Sammo Hung sul film The Bodyguard e il suo cinema di arti marziali

27/06/2016 news di Sabrina Crivelli

In occasione della sua premiazione al FEFF18 abbiamo incontrato la leggenda del cinema di Hong Kong, che ci ha parlato del suo ultimo film e di alcuni momenti clou della sua carriera

sammo hung udine

In occasione della sua presenza al Far East Film Festival 2016, dove ha ritirato il Gelso d’Oro alla carriera, abbiamo incontrato faccia a faccia Sammo Hung. L’attore, coreografo e regista di Hong Kong, che in quasi 50 anni ha lavorato con superstar delle arti marziali del calibro di Bruce Lee, Yuen Biao e Jackie Chan, ha quest’anno presentato a Udine The Bodyguard (la recensione) che segna il suo ritorno alla regia dopo quasi 20 anni e di cui è anche protagonista oltre che coreografo delle scene d’azione.

Personaggio decisamente carismatico, ci ha raccontato molti interessanti dettagli relativi alla realizzazione del suo ultimo film, al mestiere di regista più in generale e ha parlato di alcuni film del passato e dei futuri progetti.

sammo feff18 hungNelle scene di combattimenti di The Bodyguard viene a volte utilizzata la CGI per mostrare al pubblico le lesioni fisiche (con una sorta di metodo ‘radiografico’ che si concentra sul corpo di chi sferra gli attacchi). Come mai questa scelta?

A volte gli spettatori non si rendono conto del dolore provocato, perciò siamo ricorsi a tale stratagemma per meglio trasmettere visivamente i danni provocati dalle mosse.

In un paio di sequenze del film troviamo tre celebri volti del cinema di Honk Kong, ovvero Dean Shek, Karl Maka e Tsui Hark (che interpretano tre vecchietti), quasi in una sorta di reunion. Come mai ha deciso di coinvolgerli?

Anzitutto, quando mi aggiro per le strade, mi guardo sempre intorno, guardo le persone. In Cina si trovano moltissimi vecchietti che non fanno nulla tutto il giorno, stanno semplicemente seduti vicino alle stazioni dei bus o dei treni, osservando i passanti e commentando. Così nel mio film ho voluto inserire alcuni vecchietti. Se avessi optato per tre attori sconosciuti non ci sarebbe stato nulla di speciale, nessuno ci avrebbe fatto caso. Invece avendo gli interpreti Dean Shek, Karl Maka e Tsui Hark, il pubblico ci avrebbe fatto decisamente più caso. Così gliel’ho chiesto e l’hanno fatto volentieri.

Sammo Hung 2Come mai ha attesto così a lungo per tornare alla regia di un film?

Questo perché non amo troppo fare il regista, è faticoso. Non tanto fisicamente, ma psicologicamente; non ho voglia di discutere con gli attori, di dover badare a tutti e far coincidere gli impegni e i desideri di tutti … Non mi piace avere queste complicazioni, desidero che tutto funzioni come in The Bodyguard, avendo tutti a mia disposizione. Ad esempio Andy Lau era sempre pronto e disponibile. E lo stesso tutto il resto della troupe. Tutto è stato facile e rispettando i tempi.

In realtà mi piace fare il regista, ma non voglio avere pressioni, o dovermi preoccupare degli attori. Devi preoccuparti di altre mille cose della scena, dei costumi e di molto altro… Prima di tutto deve piacermi poi la sceneggiatura, come in questo caso. Mi è piaciuta subito, parla di un vecchio uomo che è in pensione, ha smarrito la sua nipotina, torna nella sua città natale dove vive da solo e non vuole parlare e improvvisamente incontra questa bambina e per un attimo è come se riavesse la sua amata nipotina. Mi piace tutto del personaggio, soprattutto perché ora che ho una certa età so come interpretare un anziano.

bodyguard sammo posterQuello che racconta il film potrebbe in qualche modo essere paragonato alla situazione attuale del cinema di Hong Kong, ormai collegato alla produzione cinese eppure ancora combattivo. La crescita dell’industria cinese può in qualche modo essere positiva per Hong Kong?

Io lo spero. Esistono certo sono immense differenze culturali tra Hong Kong e la Cina. Ci sono delle problematiche, ad esempio se un film contiene la metà di attori cinesi, il pubblico di Hong Kong non va a vederlo … Come regista non ho confini, non voglio avere limiti, voglio produrre bei film per entertainment.

Per un regista di Hong Kong è diventato molto difficile fare un film senza considerare il mercato cinese, perché gli sponsor e gli investitori sono consapevoli che se no hanno incassi in quel mercato non rientreranno dell’investimento; ciò vuol dire che se si realizza un film solo per Hong Kong, non saranno messi a disposizione grandi fondi. I miei film hanno delle notevoli necessità a livello di budget per soddisfare gli standard che mi sono imposto e quindi questo è un aspetto su cui non faccio compromessi.

Perché ha scelto come location quella particolare città vicino al confine con la Russia?

Ho scelta tale città perché è molto differente rispetto al resto della Cina. Se ci fate caso non compaiono biciclette o moto nelle sequenze, perché è tutta un saliscendi. La storia è tutta basata sul rapporto tra Russia e Cina, e in questa specifica città esistono si stringono numerosi rapporti commerciali con la Russia. Esistono anche un boss cinese e uno russo e nella storia che fanno accordi.

Sammo Hung BodyguardC’è maggiore criminalità, vista la zona di confine?

Poiché la città è così vicina al confine, ovviamente, la zona è particolarmente viva in termini di commerci, e come in ogni altro posto dove ci sono scambi c’è maggiore possibilità che alcune di queste attività possano essere illecite, anche se non posso dirlo per certo. Il supporto governativo tuttavia non riguarda solo il commercio internazionale, ma anche il mio film più nello specifico.

Ho ricevuto un incredibile supporto dalle autorità locali che hanno reso disponibili la case che ho scelto come set, dove vivevano ben otto famiglie, e quelle vicine, fornendo nuove abitazioni agli occupanti. Inoltre è stata realizzata per le riprese una nuovissima stazione di polizia. Infine, dato che non è possibile per i privati trasportare o possedere pistole vere, sono stati utilizzati dei poliziotti veri e propri per le sparatorie. Lo stesso è valso per la controparte in Russia, dove ha dormito nelle residenze che di solito vengono date ai leader in visita.

Considerando la sua notevole forma fisica, segue un particolare regime alimentare o di allenamento quotidiani?

Negli ultimi anni ho iniziato ad allenarmi i due o tre mesi prima di girare un film, mentre il resto del tempo tengo allenate le mandibole per masticare cibo!

Sammo Hung 5Ha utilizzato un particolare stile marziale per The Bodyguard?

Qualche colpo è preso dal kung-fu, altri fanno parte delle tattiche difensive conosciute dagli agenti segreti, parte della loro formazione. Essendo una guardia del corpo, il protagonista non cerca lo scontro, ma si limita a proteggere chi lo assume, un leader e così via. Per sua natura, è sempre allerta, controlla lo spazio circostante e individua i pericoli. Il primo obiettivo della guardia del corpo dunque è trovare le possibili minacce che potrebbero mettere in pericolo il suo protetto e impedirgli di attaccare.

Dunque come bodyguard il punto non è attaccare, ma proteggere, controllare coloro che possono essere pericolosi e rendergli impossibile un ulteriore attacco, per questo gli viene rotto il braccio o una gamba. Molti anni addietro, ho cercato di realizzare un film che trattasse di una guardia del corpo, ma non se n’è fatto nulla. Ora finalmente ho potuto realizzare qualcosa su questo soggetto, sebbene il protagonista praticasse tale professione in un periodo antecedente a quando è ambientata la vicenda. Lui ora è in pensione, però visto che qualcuno lo attacca, ha una sorta di reazione spontanea, dopo anni ed anni che ha svolto un certo lavoro.

Sammo Hung 6Sembra però che lei utilizzi una tecnica diversa di combattimento da un film all’altro, e non sono prima pianificati i particolari delle scene d’azione a livello di copione. E’ qualcosa che improvvisa sempre? Come organizza a livello scenico i combattimenti?

So sin dall’inizio cosa voglio realizzare e come desidero che sia il risultato finale. Ad esempio in Bambole e Botte combatto contro i giapponesi usando una racchetta da tennis. Ho pensato che sarebbe stato buffo; avevo delle palle e una racchetta sul set, così ho deciso di utilizzarli nella scena. Per la posizione delle telecamere, io so già prima che movimenti gli attori compiranno nello spazio e così posiziono sin da principio le telecamere e le muovo in modo da seguire al meglio i movimenti per ottenere l’angolazione giusta per riprendere il mio movimento, perché il girato riesca il più potente e il più chiaro possibile.

Sammo Hung 7E per ciò che riguarda il Wing Chun?

Prima praticavo l’Hong Quan, ossia un differente stile di combattimento; in un secondo momento, sono approdato al Wing Chun – di cui IP Man è maestro, che è insieme qualcosa di molto spettacolare – e perciò adatto al cinema – e insieme ha una forte filosofia alle spalle. Quindi ho studiato sia la pratica, sia tutti i precetti filosofici perché, per poter dirigere un film incentrato su un maestro del Wing Chun, era necessario comprendere a fondo tale arte marziale, per poi mostrarla infine nel modo migliore al pubblico all’interno della pellicola e strutturare al meglio le fotografia.

I primi due film a cui ho lavorato basati sul suddetto stile erano ambientati nella dinastia Ching. Molto diverso è IP Man, vista la notevole diversità di periodo storico, molto più moderno, intorno al 1960. Così, quando sono inscenati i combattimenti, gli spettatori devono essere maggiormente persuasi della loro veridicità. E’ diverso da un dramma in costume, deve sembrare un vero combattimento, più dinamico. Così ho deciso di inserire degli elementi presenti nel profilmico, ad esempio usando un tavolo, di cui però era necessario pensarne prima la forma e il tipo, per rendere più credibile la sequenza. E allo stesso modo in ogni film devo pensare a cosa sia necessario per ottenere il miglior risultato possibile.

Ci dica qualcosa del classico Eastern Condors del 1987.

È un film di azione, ma con una nota romantica, una peculiare love story. E’ qui che ho incontrato Joyce (Godenzi), che avrei voluto baciare dal primo istante. È un film dove sono presenti diversi amici con cui ho lavorato più volte, ovvero Corey Yuen, Yuen Woo Ping, Yuen Biao, coloro con cui desidero trovarmi sul set, anche se in quel film non ho sfruttato del tutto le loro abilità nelle arti marziali.

Sammo Hung 9Essendo appena uscita la versione rimasterizzata di A Touch of Zen nel Regno Unito, ci potrebbe parlare del film e del suo regista King Hu?

King Hu è stato per me un maestro. Quando avevo circa sedici anni lasciai la scuola e lavorai in uno dei suoi film, A Touch of Zen. Fui così iniziato all’industria cinematografica. Lo chiamavo sempre ‘Zio Hu’, perché amava parlare e dopo le riprese la sera, mi portava a cena con lui e poi a casa sua e parlava fino all’alba, quindi finalmente potevo tornare a casa farmi una doccia, dormire un’ora e fare ritorno sul set. Ogni giorno così. Adorava parlare e insegnarti cose di cinema. Ho imparato molte cose, non specifici aspetti, definibili in modo tangibile, ma attraverso tutte queste conversazioni sono stato molto influenzato, nella mia crescita professionale, nell’ideazione stessa delle scene di lotta, tramite la pratica in prima persona.

sammo hung joyce godenziJohnnie To ha appena presentato qui a Udine il suo progetto sulla storia di Hong Kong che sarà realizzato da più registi. Ci potrebbe anticipare qualcosa del segmento di cui si occuperà lei?

Siamo in 7 registi e io seguirò il periodo tra gli anni ’50 e ’60. Si tratta di un corto di 10 minuti. Io vorrei farne un lungometraggio e poi tagliarne 10 minuti, una sorta di lungo teaser per il successivo film. Desidero sia incentrato sulla storia del mio autista. Lui è immigrato illegalmente a Hong Kong dalla Cina negli Anni ‘60, in un momento in cui i due territori erano divisi politicamente. C’era un ponte e il passaggio da un lato all’altro era impedito.

Quando è stato fermato nella stazione di polizia ha provato una Coca-Cola e da allora beve solo quella. Il film si chiamerà forse Coca Cola Hua, dacché il suo cognome cinese era Hua. Lui è arrivato baldanzoso passando per le strade principali, perché mi ha raccontato che i controlli stavano solo sulle vie secondarie.

Ha già in mente un attore per il personaggio?

Il mio figlio maggiore, Timmy Hung. Il mio secondogenito farà la parte del fratello minore di Hua.

Il nostro caporedattore Alessandro Gamma ha poi avuto modo di scambiare due battute veloci con Joyce Godenzi, ex Miss Hong Kong e attrice in svariate pellicole di arti marziali lei stessa fino a metà degli anni ’90, quando ha sposato Sammo Hung abbandonando definitivamente la carriera cinematografica.

L’attrice si è mostrata piuttosto sorpresa che qualcuno volesse farle delle domande sui suoi trascorsi cinematografici dichiarando molto semplicemente: “Non faccio più film da 20 anni, e non ho intenzione di ricominciare, ormai faccio la moglie a tempo pieno. Non seguo nemmeno le attività sul set di mio marito Sammo.”

Vi lasciamo con il trailer di The Bodyguard: