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Intervista esclusiva a Kim Coates, da Godless a Silent Hill, passando per Amityville e Battaglia per la Terra

04/12/2017 news di Alessandro Gamma

Al recente Comic-Con di Milano abbiamo incontrato Tig Trager, ma con lui non abbiamo affatto parlato di Sons of Anarchy

Dopo il breve incontro di venerdì, abbiamo avuto ieri modo di incontrare faccia a faccia Kim Coates nel corso del Milan Comic-Con per una chiacchierata un po’ più elaborata e tranquilla, potendo così spaziare meglio sulla sua interessante carriera nell’horror e nella sci-fi, fatta di ruoli ‘minori’ in produzioni ‘di genere’ per il cinema. Se infatti è indubbio che la fama internazionale sia arrivata grazie alle 7 stagioni della serie Sons of Anarchy, l’attore canadese naturalizzato americano ha nel curriculum apparizioni più o meno significative anche in Waterworld (il nostro speciale sul film), Silent Hill, Residente Evil: AfterlifeBattaglia per la Terra ed Amityville – Il ritorno.

Proprio su questi aspetti meno noti della sua carriera ci siamo quindi soffermati, cercando di carpirne i ricordi più importanti.

Partendo da uno dei tuoi ultimi lavori, la miniserie Godless, messa da poco a catalogo da Netflix, cosa puoi dirmi del tuo personaggio e del tuo rapporto col genere western, vista anche la tua partecipazione a Terra di confine – Open Range nel 2003?

Penso che il western sia il genere più grande, perchè sono un tipo che adora i cavalli, ho imparato a cavalcare fin da piccolo in Canada, anche se ultimamente cavalco di più le motociclette purtroppo … ma sono rimasto colpito e onorato di essere invitato a far parte di questo show scritto e diretto da Scott Frank. E’ una serie epica, girata a Santa Fe. So che detto da me può sembrare retorico, ma ha ambizioni così ampie e atmosfere così cupe … si prende il suo tempo e i personaggi sono tratteggiati abilmente. Io interpreto Ed Logan, capo della sicurezza della compagnia mineraria locale, un tipo davvero spregevole … ma che porta lo spettatore a chiedersi come potrà mai cavarsela con tutte le azioni spregevoli che compie. In più, ho avuto la possibilità di cavalcare uno splendido cavallo, addestrato magnificamente. E’ stata un’esperienza che non dimenticherò facilmente.

In passato hai partecipato anche a un paio di adattamenti per il cinema di due videogame di grande successo, Silent Hill (2006) e Resident Evil (2010). Che ricordi hai di quelle esperienze? Sei un videogiocatore?

Partendo dall’ultima domanda, posso dirti che io e Deborah Kara Unger all’epoca iniziammo a giocare al videogioco di Silent Hill e posso garantirti che lo trovammo davvero difficile. Non siamo mai riusciti a passare al secondo livello. Facevamo entrambi davvero schifo! Venendo al film, come avrai avuto modo di notare, Christophe Gans è come se avesse girato due opere una dentro l’altra. Io e Sean Bean eravamo in uno, quello ambientato nella realtà, ovvero la parte ‘facile’, mentre tutte le ragazze – tutte fenomenali – erano nel vero videogioco. L’atmosfera, gli effetti speciali, gli stunt che hanno dovuto compiere … pazzeschi! Per quanto riguarda Resident Evil, posso confermarti che non ci ho nemmeno provato col videogame! Ho passato dei bei momenti sul set, al fianco di Milla Jovovich a ripetere alcune scene che non venivano bene, e gli effetti speciali sono stati ottimi alla fine. E’ stato un piacere parteciparvi.

Venendo a Amityville – Il ritorno (The Amityville Curse) è uno dei pochi horror a cui hai partecipato …

Davvero ricordi quel film?? E’ passato tipo un secolo! Come saprai, alcuni film della saga di Amityville sono considerati buoni, altri invece delle schifezze. Non so bene dove si collochi Curse! [ride]. Si tratta di uno dei film che feci all’inizio della carriera, interpretavo un tizio totalmente diverso da come sono, con gli occhiali, a cui alla fine veniva piantata un’ascia in mezzo alla testa. E il ragazzo che doveva occuparsi degli effetti speciali venne cacciato dal set durante le riprese e avevamo pochissimo tempo per terminare il film … Ricordo che lo girammo a Montreal. In ogni caso, ero agli inizi, quindi accettavo ogni ruolo mi offrissero, anche quelli più assurdi.

Recentemente sei stato protagonista anche di un altro film folle, Officer Downe

E’ un film allucinante! E’ tratto da un fumetto di Joe Casey e Chris Burnham ed è diretto da Shawn Crahan, che è il Clown della band Slipknot, un regista incredibilmente dotato di talento. Ho dovuto mettermi in forma per girarlo, ho fatto tutto gli stunt personalmente, ho dovuto stare appeso a testa in giù, sollevare una mitragliatrice pesantissima di cui facevo fatica a premere il grilletto … Un’esperienza totalmente folle che però ho fatto più che volentieri.

Venendo invece a Battaglia per la Terra (Battlefield Earth), qui siamo nella fantascienza pura

Quello è un film a cui non è stata data nemmeno una possibilità di successo. Il regista [Roger Christian] era uno spiritualista, il produttore ebreo, John Travolta di Scientology, Barry Pepper credo sia cattolico, Forest Whitaker uno spiritualista, come me. Insomma, c’era ogni tipo di religione e non religione coinvolta in questo adattamento di un best seller del 1982. Alcuni critici codardi vollero dargli contro in maniera pesante fin dal primo ciak e fu triste partecipare a un film che riceveva già durante la lavorazione quel genere di attenzioni. E’ vero che il libro è stato scritto da L. Ron Hubbard, ma non parlava di Scientology in senso stretto. Noi attori lavorammo davvero sodo, specie io e Barry … Non è certo il miglior film di fantascienza mai girato, ma il non aver avuto mai una possibilità è stato frustrante e ingiusto.

Ieri hai detto che sei contento che il doppiatore che ti dà la voce in Francia abbia di che mantenere la sua famiglia con il suo lavoro, pur con una voce che non è esattamente simile alla tua. Proprio a questo proposito, pensi che gli spettatori non di lingua inglese dovrebbero sforzarsi di leggere i sottotitoli per apprezzare un’interpretazione a 360° dell’attore, oppure sei favorevole che il doppiaggio li aiuti a fruire di un film/serie TV? 

Personalmente, voglio che tutti quelli che lavorano in questo business possano guadagnarsi uno stipendio, in Europa così come in Sud America o in Asia. Premesso questo, per me, essendo canadese e quindi abituato al francese e all’inglese, avere i sottotitoli è una cosa di cui andare orgogliosi. Quando mi capita di andare a qualche Festival internazionale e assistere a proiezioni di film italiani, tedeschi o polacchi, sentire la voce originale mi fa sentire più vicino al personaggio. Se però l’alternativa è che in Italia, ad esempio, gli spettatori non guarderebbero Sons of Anarchy perchè non è stata doppiata, allora ben venga il doppiaggio. E’ importante che la gente sia a suo agio. Magari vorrei solo che in alcuni paesi il doppiaggio non fosse sempre e comunque presente e che magari la gente potesse sentire ogni tanto anche la mia vera voce. Ci vuole tempo. E c’è anche una funzione educativa nel vedere film e telefilm in lingua originale, lo vedo alle Convention, coi ragazzi che vengono da me e mi dicono che hanno imparato o migliorato il loro inglese proprio guardando SoA o altre serie. Penso ci sia una nuova generazione in arrivo.