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Intervista esclusiva | Juan Giménez, dai Meta-Baroni a Heavy Metal, passando per Valerian e un nuovo film animato

31/01/2018 news di Alessandro Gamma

Una lunga chiacchierata con uno degli esponenti di spicco della scuola di fumetto argentina, partendo dagli inizi e arrivando agli ultimi progetti

Juan Antonio Giménez López, meglio conosciuto tra gli appassionati di historietas come Juan Giménez, è tra i più noti autori sudamericani di fumetti a livello mondiale. Argentino di Mendoza, classe 1943, è probabilmente ricordato in Italia soprattutto per la sua pluriennale collaborazione con Alejandro Jodorowsky sul ciclo dei Meta-Baroni, ma è anche l’autore del seminale Il Quarto Potere e può vantare una collaborazione ai disegni di un segmento del film Heavy Metal del 1981, oltre di innumerevoli storie brevi raccolte su storiche riviste di settore come L’Eternauta, LanciostorySkorpio.

Abbiamo incontrato faccia a faccia Giménez per un’intervista esclusiva in Spagna, a Sitges, dove da anni ormai vive e continua a lavorare e dove lo scorso autunno ha ricevuto il prestigioso Maria Award per una carriera dedicata alla fantascienza.

Ci parli degli inizi, di come è nata la sua passione per il disegno

Non mi ricordo bene, ma so che da piccolo mi piaceva molto il cinema, era qualcosa di magico. Mia madre mi portava al cinema con mia sorella, perchè all’epoca non c’erano le babysitter, costavano troppo. Quello è stato il primo contatto con le immagini, ma non capivo come facessero a muoversi lì dentro allo schermo. A quei tempi, una volta alla settimana andavo a vedere delle serie per i bambini tratte dai fumetti, episodi da 30 minuti, non molto lunghi. Era come un fumetto su carta, ma al cinema. Flash Gordon, Bulletman, che era questo tizio che indossava un elmetto … Quello è stato il momento in cui ho iniziato a disegnare, volevo riprodurre ciò che vedevo in sala. Stiamo parlando degli anni ’50. Abitavo a Mar del Plata, un quartiere di Buenos Aires, e un giorno arrivò questo tale che aveva una rivista e la teneva arrotolata come se fosse una cosa molto preziosa. Gli chiesi cosa fosse e mi disse che era una giornale che comprava ogni settimana.

C’era dentro un fumetto noir, e mi spiegò che era un po’ come le storie che si vedevano al cinema, coi dialoghi e tutto il resto … Rimasi folgorato e fu lì che capì di volere disegnare fumetti. Avevo circa 10 anni e già disegnavo un po’, ma quel giorno segnò la svolta. Cominciai ad acquistare allora queste riviste e moltissimi disegnatori – i più importanti – che trovavo all’interno erano italiani, come Dino Battaglia, Paul Campani e altri. Mi entrarono in testa le loro opere e cominciai a copiare quello che disegnavano loro, anche se i testi mi riuscivano male! [ride] Non sapevo cosa fosse la tempera e tutti questi dettagli … ma cominciai in questo modo. Ho continuato a vedere film e cominciai a riprodurre quello che mi colpiva anche con la plastilina, come i dinosauri ecc. Cominciai a perfezionarmi in questo modo e mi divertivo molto a realizzarli in 3D, anche se non avevo ancora un vero ‘scopo’.

Come è arrivato a pubblicare la sua prima storia a fumetti?

A quel tempo vivevo a Rio Quarto, nel centro dell’Argentina, e quando andavo a scuola scambiavo le riviste coi compagni. Uno di loro mi disse che lì abitava un disegnatore di fumetti, tale Victor Hugo Arias, ma scoprii poi che era un maestro di disegno a cui piacevano anche i fumetti e che lavorava già con Buenos Aires. Scoprii dove abitava e andai a casa sua. Era molto bohemienne diciamo, suonava la chitarra, ma mi interessai soprattutto a quello che c’era sul suo tavolo … Stava disegnando aerei, carri armati … Gli chiesi spiegazioni allora e mi disse che stava lavorando a un fumetto per l’Inghilterra, così capii che era un artista internazionale. All’epoca l’Inghilterra consumava molti fumetti, soprattutto sulla Grande Guerra. Le armi che disegnavo io erano invece terribili [ride].

Lui mi chiese se fossi interessato e mi fece per così dire da modello, facendo finta di tenere in mano delle armi. Ai tempi c’era questa rivista in cui lavoravano Hugo Pratt, che era già una star, Arias, Francisco Solano Lopez e altri disegnatori famosi e molte case editrici volevano imitarla per avere successo. Victor Hugo aveva tanti amici e spesso lo venivano a trovare a Rio Quarto per cercare disegnatori da assoldare e un giorno lui mi segnalò. Io avevo una storia quasi pronta, ma ancora da terminare. Il tipo però doveva tornare presto a Buenos Aires, così dovetti disegnare le ultime pagine in fretta e furia. Le migliori pagine della mia vita! [ride] La sensazione di vedere pubblicata la mia storia in una rivista fu indescrivibile. Fu importante anche perchè mi pagarono, per singola vignetta.

Cosa successe da lì?

Dopo questa cominciai a pubblicarne altre, fino a quando mio padre mi chiese se pensavo di voler campare davvero di disegni … Mi disse che avrei dovuto prima finire gli studi, poi avrei potuto fare quello che volevo. Bloccò sul nascere le mie ispirazioni da artista. Dopo un po’ cambiammo provincia e ci trasferimmo in una città molto meno ospitale, una provincia del nord chiamata Chaco, e smisi di fare fumetti perchè nessuno lì ne aveva mai sentito parlare e diventai un perito meccanico, tornitore. Tornai quindi a Mendoza, la mia città natale, e cercai lavoro, trovandolo nella pubblicità, la cosa che più si avvicinava al fumetto. Comincia a fare disegni per la pubblicità sui periodici, ma cominciai a conoscere gente che lavorava nel settore dell’animazione e così mi inserii in quel settore. Realizzai dei brevi cortometraggi per la pubblicità. Mi servì molto per migliorare la tecnica e per cominciare ad essere un pochino riconosciuto visivamente.

Alla fine rimasi 10 anni a lavorare nella pubblicità, anche se intanto continuavo a guardare le riviste europee su cui disegnavano Alberto Breccia, Battaglia, Pratt ecc. Più avanti mi colpì Metal Hurlant, che era molto diffusa in tutto il mondo e raccoglieva disegnatori pazzeschi come Moebius, Philippe Druillet, Alex Raymond, gli autori di Valerian e così via, tutto un altro tipo di disegni. Le riviste Pilote e Skorpio – su cui ad esempio arrivò il mio Asso di Picche più tardi – mi aiutarono, ma all’epoca, appena ritornai a disegnare, mi resi conto di avere un tratto ‘vecchio’ e si vedeva, non andava bene. Presi allora spunto dai colori di Pierre Christin e Jean-Claude Mézières e mi indirizzai verso quelli, una sorta di prova per valutare tecniche e linee, di cui mi vergognavo un po’ a dire il vero, anche se riuscii a vendere lo stesso le storie che avevo preparato! [ride] Avevo delle difficoltà a disegnare … così decisi di comprare la mia prima boccetta di Ecoline, andai da questa azienda molto valida di Lucca – ancora ne conservo alcune, perché una goccia mi basta per un album intero!

Sai, devo avere un contatto fisico col materiale che uso … all’epoca l’acrilico non c’era ancora, con le tempere ero un disastro … Così cominciai a lavorare con le Ecoline, ma il problema a quel punto era la carta, ne serviva una più spessa e non si trovava, solamente da un’azienda in Francia … Non mi trovavo mai al posto giusto, quindi dovevo arrangiarmi con quello che avevo sotto mano, barcamenandomi e inventandomi dei modi che potessero avvicinarsi come effetto all’acquerello! [ride]

Com’è arrivato a lavorare al film di Heavy Metal di Gerald Potterton nel 1981, di cui lei ha disegnato il segmento ‘Harry Canyon’?

Come per molte altre cose, si è trattato di casualità. A inizio degli anni ’80 avevo fatto alcuni lavori per la casa editrice Dargaud, in Francia. Mi aveva commissionato un lavoro, Stella Nera, una storia di fantascienza e mi diedero una scadenza da rispettare, ma arrivai lungo e alla fine rimase senza i colori. All’epoca lavoravo assieme allo sceneggiatore Ricardo Barreiro e quando mi presentai con lui alla casa editrice, ci dissero che avevano cambiato idea su Stella Nera, che l’avrebbero accantonata e che stavano pensando invece a un’enciclopedia della fantascienza. Barreiro si arrabbiò molto e mi disse di prendere la storia e di portarla da un’altra parte, ma io gli risposi di lasciarla lì [fu poi pubblicata dalla Glénat].

In ogni caso, qualche tempo dopo venni a sapere che il gruppo americano National Lampoon [che editava la rivista Heavy Metal] stava organizzando un meeting per il film di Heavy Metal, ma tanti bravi artisti dicevano che non avrebbero potuto parteciparvi per vari motivi, tra cui Jean Giraud [Moebius] … Qualcuno alla Dargaud però fece il mio nome, perchè avevo un tratto adatto e non sarebbe stato un problema anche se non vivevo in Francia, stavo a Madrid all’epoca. Così, un giorno, mi telefonò una signora che parlava inglese fluente, io come vedi non lo parlo per niente [ride], ma avevo un’amica americana che mi fece da interprete. Mi chiamava per conto di Claude Moliterni – che è morto da qualche anno ormai -, che all’epoca era direttore della Dargaud e che era colui che si era tenuto Estrella Negra, che aveva fatto il mio nome alla produzione del film di Heavy Metal. Il resto, come si dice, è storia!

Passando al ciclo dei Meta-Baroni, può raccontarmi come è arrivato a disegnarlo?

Ti racconto una cosa interessante. Negli anni ’90 lavoravo per la Dargaud e assieme al mio amico Horacio Altuna disegnavamo figure femminili molto prosperose e disinibite. Poi però, cambiarono i vertici della casa editrice e il comando passò a delle persone dell’Opus Dei. Ci dissero che erano molto contenti del nostro lavoro, ma che avremmo dovuto renderle più ‘light’, per non traviare i ragazzini francesi. Per noi però erano già ‘light’! [ride] Loro allora ci consigliarono diverse altre case editrici dove avremmo potuto continuare a lavorare in quel modo, tra cui c’era anche Les Humanoïdes Associés, dove c’era Moebius. Così, decisi di portare da loro la storia che stavo disegnando, ovvero il seguito de Il Quarto Potere, di cui avevo terminato da tempo il primo tomo [1989], che loro poi hanno ri-editato. C’era anche Léo Roa, che veniva pubblicato alla fine degli anni ’80 ogni settimana in due pagine su un quotidiano spagnolo molto conservatore, ABC, e aveva ottenuto un successo insperato, a cui inserii delle pagine un pochino più interessanti [ride].

La casa editrice allora mi chiese se conoscessi Alejandro Jodorowsky, che conoscevo per L’Incal, e se volessi lavorare con lui. Al momento però non ero interessato, perchè L’Incal non mi aveva entusiasmato. Allo stesso tempo, il team di Moliterni si era staccato dalla Dargaud e aveva fondato la Bagheera, con la quale pubblicai L’Occhio dell’Apocalisse con i testi di Roberto Dal Prà [1993]. A quel tempo dominavo la tecnica ad acquerello e mi sentivo molto sicuro. Allora, la Humanoides mi ricontattò chiedendomi se volessi disegnare un’altra storia con Jodorowsky, perchè nel frattempo Moebius si era defilato dalla serie [1991]. Avrei dovuto disegnare un personaggio de L’Incal, il Meta-Barone e accettai perchè mi piaceva molto quel personaggio. Così firmai per realizzare tre storie, il minimo per capire se una storia avrebbe funzionato commercialmente. Spiegai però a Jodorowsky che a me piaceva lavorare da solo – con Barreiro era stato un caso, come ad esempio su l’Asso di Picche. Gli chiesi quindi, come unica condizione, di darmi tutta la libertà possibile. Lui non fece opposizione, dicendomi che mi avrebbe solo indicato, ad esempio, il colore dei capelli di un personaggio, se fosse giorno o notte ecc.

Mi fu di grande aiuto. Io ero molto interessato al linguaggio, al ritmo, al contrario di Moebius che invece era molto astratto e caotico, anche se il tratto era meraviglioso [ride]. Quello che avrei dovuto disegnare era decisamente forte, ma a me non piaceva molto il sangue … Il risultato finale devo dire però che mi piacque. La chiave del successo credo che sia stata la libertà, anche perchè non mi impose di mandargli tre pagine alla volta ogni tot giorni, ma il volume completo un volta finito. Con Moebius una volta era capitato che gli avesse mandato le ultime sei pagine di un volume in ritardo e in bianco e nero e loro avevano dovuto colorarle meccanicamente. Si notava già che non gli interessava più nulla … Comunque, con l’uscita del terzo volume, si accorsero che le vendite si erano impennate a livelli mai visti, così firmammo per altri tre! [ride] Decidemmo di farne uno a testa … Finimmo per arrivare a sette, più un ottavo extra, più o meno auto celebrativo, una storiella di circa 15 pagine, La Casa De Los Ancestros [2007].

Poi nel 2008 è arrivata la crisi in Europa, anche per l’editoria, e comunque io mi ero un po’ stufato, perchè sentivo che ci stavamo un po’ ripetendo dopo averci lavorato per 8/9 anni. Così decisi di proseguire con Il Quarto Potere, ma Les Humanoïdes Associés – le cui vendite erano in calo – non era molto convinta che potesse vendere quanto i Meta-Baroni. La casa editrice non stava andando bene e mi dovevano un sacco di soldi. Jodorowsky lo pagavano al giorno ad esempio, ma in Francia per fortuna c’erano delle leggi che aiutavano gli editori e quindi molto lentamente riuscirono a pagarmi, ma non potei terminare l’ultimo libro.

Quindi cominciai a lavorare a Io Drago [2010] e intanto la casa editrice Glénat incorporò me e vari altri artisti che avevano lavorato per Les Humanoïdes e lì mi chiesero se conoscessi Richard Malka, che stava lavorando su una storia di avvocati, soggetto poco battuti nel fumetto, da un punto di vista mistery e crime, perchè aveva un background da avvocato di diritto d’autore appunto [ride]. In più voleva inserire elementi di fantascienza e l’idea mi piacque molto, anche perchè c’erano dei lati umoristici e finiva per diventare una space opera moderna [Segmentos]. Avrebbero dovuto essere 4 libri in origine, ma dopo il terzo la casa editrice tirò una riga, perchè le vendite non erano andate bene e ci bloccarono. In più io cominciai a soffrire di problemi lombari … Un peccato perchè mancava poco alla conclusione, una quindicina di pagine per completarlo …

A cosa sta lavorando in questo momento?

Ho avuto qualche problema di salute … Nel 2016 è uscito l’ultimo volume di Io Drago, il terzo, che penso sia strepitoso. E’ divertente perchè sono passato dalla sci-fi al Medioevo, con il protagonista che indossa un’armatura invece che una tuta spaziale, ma compie ugualmente azioni eroiche … E’ stato un passaggio più semplice rispetto a se avessi dovuto fare il contrario. La casa editrice, essendo andate bene le vendite, me ne ha chiesto un altro volume, ma l’ho pensato in tre parti, quindi l’unico modo sarebbe di fare un prequel … un po’ come al cinema. Una parte di Io Drago permetterebbe una rinascita 600 anni nel futuro, al periodo della Seconda Guerra Mondiale, alla guerra di Finlandia … Un’idea che ho lì pronta per essere disegnata. Non sarà facile, perchè cambierebbe completamente lo scenario e dovrei ‘aggiornare’ gli sfondi medievali agli anni ’40 …

Visto che ne ha parlato in apertura, per caso ha visto la recente trasposizione cinematografica di Valerian e la città dei Mille Pianeti di Luc Besson?

No, non l’ho visto, ma mi avevano contattato per parteciparvi. Mi telefonò la moglie di Besson, Virginie Silla, ma non siamo arrivati a un accordo alla fine, quindi non so cosa volessero che facessi. Besson aveva cercato di reclutarmi già per un altro film … Il Quinto Elemento credo … ma saltò perchè scoprirono che io non parlavo fluentemente il francese e nemmeno l’inglese … La moglie – e produttrice – ha voluto però provare a ricontattarmi. Abbiamo fatto alcune chiamate via Skype, ma non ha funzionato bene la cosa, perchè io lavoravo con un traduttore improvvisato, Internet a volte non funzionava bene e così mi di dissero che ci saremmo risentiti. Poi loro due sono partiti per gli Stati Uniti per cominciare la produzione del film … Questo succedeva un anno e mezzo fa. E’ un peccato, perchè per me sarebbe stata una grande opportunità.

Ho sentito però che sta anche lavorando a un film d’animazione …

Si, è una cosa recente, un progetto nuovo. Si tratta di una trasposizione di una mia storia, vogliono farla in bianco e nero, alla Sin City … Rispetteranno i miei disegni, ma non so nulla di come intendano realizzare gli sfondi o se sarà in 3D o altro. E’ pensato per il cinema e dovrebbero aver trovato il budget necessario. A breve dovrei andare in Argentina per vedere come intendono procedere.

Di seguito un video esclusivo in cui Juan Giménez si cimenta in uno schizzo veloce del Meta-Barone al tavolo: