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Titolo originale: The Andromeda Strain , uscita: 12-03-1971. Budget: $6,500,000. Regista: Robert Wise.

Un oscuro scrutare | Andromeda di Robert Wise: fantascienza da laboratorio

27/02/2018 recensione film di Lorenzo Di Giuseppe

Quattro scienziati si trovano di fronte all'incomprensibile e ne cercano cause ed effetti, in un'ossessiva e mentalmente debilitante indagine

Andromeda (The Andromeda Strain, 1971), basato sull’omonimo di romanzo pubblicato nel 1969 di Michael Crichton (che fa anche una comparsata non accreditato), è un lungometraggio diretto da Robert Wise, già regista di cult come La Iena (The Body Snatcher, 1945) e Ultimatum alla Terra (The Day the Earth Stood Still, 1951). Dal budget di 6.5 milioni di dollari, all’epoca dell’uscita ottenne un moderato successo di pubblico e critica, guadagnandosi due nomination agli Oscar nelle categorie per Miglior scenografia e montaggio.

La trama di base è un classico archetipo della fantascienza: un mortale microorganismo alieno, in seguito rinominato Andromeda, ha sterminato tutti gli abitanti di un villaggio dimenticato dal mondo nello Utah. L’essere è arrivato sulla Terra a causa della caduta di un satellite proprio vicino al piccolo paese e la prima squadra di tecnici mandata sul posto perde misteriosamente i contatti con la base. A questo punto il governo americano incarica segretamente il dottor Jeremy Stone (Arthur Hill) di formare un team di scienziati che dovrà operare prima sul campo e poi in un laboratorio sotterraneo nel deserto del Nevada, il progetto Wildfire, al cui interno si svolgeranno la maggior parte delle scene, per sventare la minaccia di una possibile diffusione globale.

Lasciando un attimo da parte il finale dell’intera vicenda, azzeccatissimo per atmosfera e suggestioni, mi concentrerei innanzitutto su alcuni aspetti tecnici e tematici degni di nota. Molto d’impatto e notevoli per fattura sono i titoli di testa: scorrendo, vengono accompagnati da immagini di file top secret computerizzati e da mappe satellitari dai colori accesi, il tutto messo insieme da una colonna sonora minimale, che imposta il clima d’inquietudine della pellicola. La tecnologia mostrata durante il film viene essenzialmente dall’interno del laboratorio dove gli scienziati lavorano e consiste in vari strumenti che all’epoca sembravano di possibile realizzazione, come bracci meccanici per operare nelle massime condizioni di precisione, frullati iper-energetici e microscopi con enormi capacità di ingrandimento e potenza di risoluzione. Le mappe dei vari livelli sotterranei visualizzate al computer erano inoltre avanguardistiche per l’epoca (è ritenuto il primo caso di computer rendering della storia del cinema).

Una delle tecniche più reiterate, poi, è l’utilizzo della speciale lente split diopter, che permette di tenere a fuoco un soggetto molto vicino alla macchina da presa e lo sfondo lontano. Si poneva davanti alla macchina da presa un filtro formato da una mezza lente: una metà rimaneva vuota, mentre l’altra, coperta dal vetro, dava la possibilità di stringere la profondità di campo avvicinando il punto di messa a fuoco. Frequente è anche l’uso dello split screen, sfruttato grazie alle spesso divergenti opinioni degli studiosi, per mettere in parallelo due teorie diverse, ma sopratutto impiegato magistralmente nella scena dell’esplorazione delle case da parte di Stone del dottor Mark Hall (James Olson), in cui si affastellano man mano primi piani o dettagli agghiaccianti degli abitanti deceduti. Inoltre, Robert Wise impiega luci e colori in maniera molto abile, virando dentro il laboratorio in una scala di grigi che rimarcano l’asetticità dell’ambiente generale, accendendo invece il rosso dentro alla sala di comando, facendo notare quindi cromaticamente l’importanza della stanza stessa, rilevanza che sarà data anche all’allarme d’evacuazione.

Il finale di Andromeda è la perfetta chiusura di una vicenda dominata dalla paura di non riuscire a contenere il virus alieno, con una sua letale diffusione su tutto il pianeta. Si scopre che l’organismo può sopravvivere solamente all’interno di uno stretto range di pH, per cui un ambiente troppo basico o troppo acido lo ucciderebbero all’istante. Sorprendentemente, riesce tuttavia ad uscire dalla base segreta, dissolvendo le condutture plastiche. Ormai all’apparenza non più letale però, viene inglobato all’interno di grosse precipitazioni atmosferiche che lo scaricheranno in mare, determinandone in tal modo la fine. La pandemia pare scongiurata, ma l’inquadratura di chiusura al microscopio, in cui l’organismo si continua a dividere e riprodurre, rimette tutto in gioco, chiudendo il la pellicola nel crescendo dell’ansiogena colonna sonora. La sequenza è il culmine di una pellicola di hard science fiction, per dirla alla maniera letteraria, che poggia su solide basi e che lascia allo spettatore interrogativi a cui dovrà rispondere da solo, nella tradizione dei grandi titoli di questo genere.

Da ricordare che nel 2008 Ridley Scott e il fratello Tony ne hanno prodotto un remake, intitolato coerentemente The Andromeda Strain, miniserie TV in due puntate per la regia di Mikael Salomon che vedeva tra i protagonisti Benjamin Bratt, Christa Miller e Ricky Schroder.

Di seguito il trailer di Andromeda: