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Riccardo Freda nel 1984: “In Italia il ‘genere’ è morto; lavorano solo gli intellettuali marci come Antonioni e Fellini” | Tra le pieghe del tempo

15/02/2018 news di Redazione Il Cineocchio

Il regista de I Vampiri, sottolineava già 20 anni fa la situazione drammatica del cinema avventuroso e horror del nostro paese, accusando la stampa e lodando invece la vivacità di George Lucas e Steven Spielberg

Dopo avervi parlato dei progetti orrorifici – poi sfumati – che Dario Argento aveva in serbo per la regia del Festival di Sanremo del 1987, oggi abbiamo scovato le dichiarazioni di un altro grande regista italiano, troppo spesso dimenticato, ovvero Riccardo Freda, che già nel 1984 – a 75 anni – in un’intervista rilasciata a Stefano Pettinati de La Stampa si lamentava del fatto che i film di genere non venissero più girati in Italia e che fossero ignorati o maltrattati dalla critica.

Riferendosi in particolare al cinema avventuroso, Freda – che nel 1957 aveva girato il seminale I Vampiri – ricorda amaramente dapprima il suo debutto alla regia nel 1942 con Don Cesare di Bazan, che vedeva protagonista Gino Cervi e poi sottolinea come a distanza di un cinquantennio soltanto gli americani continuino a realizzare film così, al contrario del Bel Paese:

Gli americani fanno film bellissimi, come I predatori dell’Arca Perduta. In Italia non se ne fanno quasi più. Forse per un errore fondamentale della nostra critica, che non capisce che il cinematografo, come tutte le arti, si divide in varie serie di espressioni ugualmente valide e considerano il cinema avventuroso come un cinema di serie B.

Il regista aggiungeva poi con un tocco di ironia:

Là è grande John Ford come è grande George Lucas con le sua Guerre Stellari. Invece se non sei un rompiscatole, se non sei un intellettuale marcio come Michelangelo Antonioni o adesso anche Federico Fellini, che era un grosso regista, non ti guardano nemmeno.

Riccardo Freda rivela poi come snobismo culturale si fosse ben palesato dopo il recupero all’ultimo Festival di Locarno del suo Il cavaliere misterioso (1948), evento completamente omesso dalla stampa italiana: “Tutto quello che si riferiva alla mia attività è stato ignorato”. Anzi, specifica che perfino la RAI non l’aveva neppure menzionato in una rievocazione della Lux Film, per cui lui aveva girato “almeno quattro o cinque film importanti”.

Venendo al presente e alla sua scarsa attività recente, commenta:

[Non faccio film] da tre anni [1981]. L’ultimo che ho fatto è stato un «nero», Murder Obsession (Follia omicida). Non ne faccio più perché non mi vogliono dato il tipo di film che giro io. Ma in Italia non esiste più il cinematografo da dieci anni almeno. Ci sono solo queste commediacce volgari con attori più o meno scurrili. Per poter fare concorrenza su scala mondiale agli americani ci vorrebbe altro. Magari come Venti di guerra. [miniserie televisiva del 1983 in sette puntate diretta da Dan Curtis].

Interrogato inoltre sui suoi migliori ricordi, Freda risponde schietto:

Sono i soldi che ho preso. Ho guadagnato molto e speso tutto, oltre ad essere stato rapinato e defraudato. Vivo solo con la mia pensione, poco più di un milione di lire al mese. In particolare il denaro mi è stato sottratto dalle varie compagne. Poi la passione per i cavalli, per le automobili e i quadri ha fatto il resto.

In chiusura di intervista, alla richiesta invece di quali fossero i suoi ricordi peggiori, replica, altrettanto seraficamente:

Certi produttori che vogliono entrare nel merito all’esecuzione di un film. A volte i giornalisti per quello che non dicono più che per quello che dicono.

E Murder Obsession (Follia omicida) è rimasto davvero l’ultimo film diretto da Riccardo Freda, che morirà 15 anni dopo, nel dicembre del 1999, all’età di 90 anni. Per chi si lamenta dunque che oggi in Italia vengano realizzati solo cinepanettoni o le solite commedie romantiche, apparentemente l’infausta prassi è tutt’altro che recente, e dagli anni ottanta a quanto pare non è cambiato molto … Dobbiamo forse abbandonare ogni speranza?

Il trailer di I Vampiri:

Fonte: La Stampa