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Voto: 6/10 Titolo originale: American Made , uscita: 18-08-2017. Budget: $50,000,000. Regista: Doug Liman.

Barry Seal – Una storia americana | La recensione del film biografico di Doug Liman

11/09/2017 recensione film di William Maga

Tom Cruise è l'avventato protagonista di un biopic che preferisce puntare sul lato più leggero della vicenda, tralasciando qualsiasi approfondimento critico

Anche la sceneggiatura di Barry Seal – Una storia americana (American Made) risente evidentemente della turbolenta produzione che ha gravato sul film fin dall’inizio. Tratta l’aggrovigliata storia di Barry Seal (già raccontata peraltro nel dignitoso e dimenticato Un gioco pericoloso con Dennis Hopper), un pilota di linea della TWA che tra la fine degli anni ’70 e la metà degli ’80 venne realmente assoldato dalla CIA per scattare fotografie aeree ravvicinate delle basi comuniste ubicate in Sud America. Allo stesso tempo però, l’uomo si mise a lavorare segretamente per il potente e pericoloso cartello di Medellin in Colombia, capeggiato da Pablo Escobar, per aiutarli a contrabbandare droga negli Stati Uniti. Interpretata da Tom Cruise e diretta da Doug Liman (già al lavoro insieme in Edge of Tomorrow – Senza domani), la pellicola – per ragioni di minutaggio – racconta l’intera vicenda di doppi e tripli giochi di Seal, senza però approfondire mai a sufficienza le psicologie dei suoi personaggi, maggiori o minori e nel tentativo di comprimere quasi un decennio di caotici avvenimenti in 114′, finisce per diluire qualsiasi interessante conflittualità.

BARRY SEAL - UNA STORIA AMERICANA posterLo sviluppo di BS-USA è stato faticoso per molti aspetti. Il film ha infatti richiesto riprese aggiuntive e affrontato diversi contenziosi legali. Nel 2015, la famiglia di Barry Seal citò la Universal per le imprecisioni dello script (non sono più emerse in seguito informazioni sul caso e la sua eventuale risoluzione). Inoltre, un aereo si schiantò durante la lavorazione, uccidendo due uno stuntman e un pilota (anche qui, le famiglie di entrambi hanno intentato una causa). Venendo al film, i più pignoli potrebbe innanzitutto sollevare questioni sulla verosimiglianza generale di questa storia vera, a cominciare dal protagonista. Cruise infatti, non assomiglia nemmeno lontanamente al vero Barry Seal (che pare pesasse quasi 130 kg), ma, cosa ancora più grave, nè l’atletica star nè l’esile copione riescono a caratterizzare lo spericolato pilota separando i tratti della sua personalità dai tratti più abusati e canonici dell’attore.

Troppo prevedibilmente, Tom Cruise plasma infatti Barry su sé stesso, riducendo il tutto ai classici sorrisi a trentadue denti e all’arrogante “Va tutto bene, ci penso io!”. Non che questo chiarisca l’opinione che la pellicola abbia di lui o perché la storia sia raccontata attraverso le registrazioni degli eventi su nastro dall’uomo. E’ ingenuo, è avido o è un opportunista? La risposta, a quanto pare, è un po’ di tutto … Nessuno e niente in BS-USA viene delineato con fermezza, compresa la condizione economica piuttosto oltre lo straordinario in cui viene a trovarsi Barry. E’ annoiato e stanco del suo lavoro e quindi del tutto motivato dal denaro. La precoce possibilità di essere incriminato per contrabbando di sigari cubani non aiuta, ma il pilota è apparentemente il tipo disposto a perseguire ogni opportunità che gli si presenta, il che diminuisce notevolmente il suo conflitto morale interiore.

Sua moglie Lucy poi (Sarah Wright), è tutt’altro che un forte contrappunto emotivo. In una sequenza piuttosto ridicola, Barry torna a casa nel cuore della notte col volto ferito, gli manca un dente in bocca dopo un breve soggiorno in prigione e le dice che tutta la famiglia deve fare i bagagli e partire immediatamente. Il clamoroso senso del dovere della donna qui, che prova ad arrabbiarsi soltanto una volta prima di innamorarsi perdutamente della quantità di denaro che Barry le sbatte in faccia e dalla concreta possibilità di realizzazione dello stile di vita capitalistico, è inspiegabile. Il film non le dona una voce abbastanza alta da poter anche solo provare a contestare le rischiose – e illegali – azioni del marito. Lei vuole solo evitare di tornare a lavorare dietro al bancone di un KFC e tanto basta. In un’altra scena cruciale, Barry le rivela che sta lavorando per la CIA, ma il film taglia immediatamente dopo la di lei reazione, semplicemente trattando il suo sguardo di incredulità come battuta finale del topico momento.

BARRY SEAL - UNA STORIA AMERICANA 2Come detto, nemmeno nessuno dei personaggi di contorno gode di migliore rappresentazione. E’ presente una sottotrama abbozzata gettata nel bel mezzo del film in cui il fratello di Lucy, JB (Caleb Landry Jones), si trasferisce da loro senza invito e inizia ad appropriarsi di un po’ dei soldi che Barry sta accatastando ovunque nella sua tenuta e nell’hangar da dove partono i suoi aerei verso il Sud America. Chi si aspetta questo punto un’impennata del carico emotivo rimarrà deluso, perchè il ragazzo è tratteggiato come una caricatura grossolana e anche se il suo destino, se sul momento potrebbe sorprendere, fondamentalmente non incide in alcun modo nè sui personaggi intorno men che mai sul pubblico.

Lungo la strada, Barry si imbatte ovviamente in molti altri figuri, senza che qualcuno di essi lasci un segno concreto. Monty Schafer (Domhnall Gleeson) è l’agente della CIA che scopre Barry e che comincia ad affidargli incarichi. La sua prima scena, in cui accusa Barry di attività criminali nel bel mezzo di una bar all’aeroporto, è ben poco plausibile – a posteriori avrebbe dovuto essere un monito sul tono degli eventi a venire – e non scopriamo praticamente mai veramente molto su di lui. Il gruppetto di boss colombiani aggiunge qualche vago e pittoresco brivido all’equazione, ma anche qui il loro sottosviluppo pregiudica tutto (Narcos sta da un’altra parte e tra l’altro Seal compare pure lì …), con Escobar e gli Ochoa che vengono trattati come special guest a piè di pagina che fanno colore alle scampagnate sotto il confine.

BARRY SEAL - UNA STORIA AMERICANA pabloOriginariamente avrebbe dovuto essere Ron Howard a dirigere BS-USA, prima che subentrasse Liman, che nel suo curriculum vanta anche Bourne Identity e il dramma politico Fair Game – Caccia alla spia. Qui ci troviamo però davanti a una storia interessante con un anti-eroe che lavora per tutti, senza pregiudizi, lambendo anche i territori dell’umorismo in più di un momento (anche se alla terza volta che dalle scatole di scarpe spuntano mazzette di dollari non se ne può più), ma il regista – forse su indicazioni ‘dall’alto’ – ha deciso di optare per toni da commedia d’azione piuttosto che ammantare la vicenda della necessaria patina drammatica. In sala non mancheranno le risate, tuttavia sarebbe stato auspicabile un film più completo e maturo, se solo Liman avesse deciso di rallentare la sua traiettoria per dare spessore ai personaggi e lo avesse girato in modo meno frenetico e fastidiosamente/inutilmente traballante.

Sia ritmicamente che stilisticamente, il film utilizza il logoro modello caro a Martin Scorsese del voice over, del fermo immagine e del montaggio incrociato, a la Quei Bravi Ragazzi (1991) e Casinò (1995), per racconta la classica vicenda di come uno schema per fare soldi si estenda fino alla nascita di un impero, prima dell’inevitabile caduta del regno. Lo scorso anno, tanto per non andare troppo lontani nel tempo, Trafficanti di Todd Phillips aveva usato le stesse tecniche stilistiche e ispirazioni per raccontare qualcosa di simile. Vedere questi due film inoltre, fa sorgere la sibillina domanda se siano stati appositamente progettati come black comedy per ammorbidire in qualche modo le azioni moralmente dubbie dei loro protagonisti. Basandoci su quanto ci viene detto infatti, la droga e le armi da fuoco fanno soltanto parte del gioco di alcuni ragazzi spensierati quando in ballo ci sono grandi quantità di soldi da mettersi in tasca.

Se qualcuno fosse interessato a vedere un’opera di finzione che tratta nel modo giusto il rapporto tra i Contras nicaraguensi e la CIA, meglio allora puntare su La regola del gioco (2014), che ha esplorato l’inchiesta giornalistica che collegò l’amministrazione Reagan al traffico di droga a San Francisco – un angolo scomodo lasciato sapientemente fuori dal quadro in BS-USA a vantaggio di un’avventura più spensierata alla Prova a Prendermi, se non che Liman non è Steven Spielberg e Cruise non ha la verve comica di Leonardo Di Caprio.

Di seguito il trailer italiano di Barry Seal – Una storia americana, nei nostri cinema dal 14 settembre: