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[recensione] Beyond the Grave di Davi de Oliveira Pinheiro

30/06/2017 news di Sabrina Crivelli

Il regista brasiliano esordisce con un visionario e inedito zombie movie, che bagna di sangue una complessa riflessione filosofica

Singolare zombie movie brasiliano che delinea una battaglia spirituale, oltre che per la sopravvivenza, Beyond the Grave (Porto dos Mortos), scritto e diretto dall’esordiente Davi de Oliveira Pinheiro delinea un’altra via, un altro modo per descrivere una realtà all’alba della fine del mondo.

Beynd The Grave (porto dos mortos) posterFilm dall’afflato simbolico e dalla complessità estrema nella diegesi, l’azione, la materiale battaglia contro gli aggressivi non morti, ossia l’elemento denotativo del genere, è quivi ridotta ai minimi termini; al regista interessa tutt’altro, interessa la lotta tra il Bene e il Male, che s’insinua nello svolgimento quale presenza demoniaca che prende possesso dei personaggi in scena, polo oscuro di uno scontro che si acuisce in un momento di totale decadimento. A prenderne parte sono un limitato gruppo di personaggi: perno centrale è il “Policial” ossia il poliziotto (Rafael Tombini), avvolto da un’aura di solenne ieraticità si aggira con una katana, vinta in uno scontro con un inquietante guerriero dal volto sfregiato in apertura, e una pistola; vestito di nero e instancabile, erra per terre desolate e scarsamente popolate per ottemperare alla sua missione, ossia l’eliminazione di una schiatta di misteriosi criminali, che celano qualcosa di sovrumano.

Antropologia altamente simbolica, la pellicola tratteggia poi attraverso gli incontri del protagonista lungo le sue peregrinazione alcuni tipi umani, che sono in realtà metafora dell’essere in una realtà caotica: si susseguono allora i due adolescenti simbolo d’innocenza (Nina incarnata da Amanda Lerias e il “Atirador” interpretato da Ricardo Seffner), o  il generoso e caritatevole Franco (Álvaro Rosa Costa), “samaritano” che accoglie i viandanti e i bisognosi, che si prende cura di una donna incinta (Luciana Verch), speranza per il futuro, e di un giovane violento (Leandro Lefa), figura filiale e pecorella smarrita. Marcatamente biblico nella dittologia tra luce e tenebra, esiste poi il luciferino, che si diffonde come un morbo, lo distinguiamo negli occhi rossi di chi ne è contagiato, che immediatamente diviene capace di efferati omicidi.

Denso di suggestioni, letterarie prima che filmiche, si percepisce nelle sequenze di Beyond the Grave l’influsso delle atmosfere kinghiane, nella degenerazione sociale dopo una terribile epidemia con derive paranormali, come in L’ombra dello scorpione, e al contempo la presenza di una entità oscura, l’Uomo in nero (nel film il Dark Rider), il richiamo al Pistolero, vicino al Poliziotto, nonché i continui sconti con rivoltelle sono con ogni probabilità citazione di La torre nera. D’altra parte, in un tessuto visivo assai stratificato, impossibile è trascurare altresì il ruolo rappresentato da alcuni modelli irrinunciabili nella filmografia di zombie, soprattutto la trilogia di George A. Romero sui morti viventi. Si fondono tuttavia in questo caso i due universi, quello dei non morti che qui hanno funzione perlopiù accessoria, e la ben più centrale dialettica manichea tra forze ancestrali.

Beynd The Grave (porto dos mortos) 1Dilatatissimo nello svolgimento e piuttosto ermetico in molti passaggi, dunque, l’azione è sovente tralasciata per la riflessione in un tortuoso esistenzialismo che si dipana nei dialoghi. Certo non è un film immediato, o in cui è tenuta costantemente alta la tensione, ampio spazio è lasciato alla componente filosofica; a ciò si aggiunge che la narrazione è in molti frangenti particolarmente oscura e sono inseriti senza particolare consequenzialità “intermezzi”, ovvero digressioni, che rendono ancora più enigmatico l’insieme. Inoltre più di una volta, gli stacchi tra una sequenza e l’altra sono netti e gli avvenimenti nella successiva paiono non avere nessun legame con quello che avviene nella precedente, rappresentando così, per eccesso di visionarietà in alcuni momenti, forse l’unica nota negativa del film.

Ciò non significa, tuttavia, che il concettualismo non lasci alcuno spazio per altro: tra duelli e sacrifici, il lato truce e gore trova una sua giusta collocazione, riuscendo a riaccattivarsi l’attenzione e a conferire al fotogramma la giusta dose di sangue. Diverse sono quindi le immagini piuttosto disturbanti, esempio optimo è il sacrificio in un edificio fatiscente, in cui una fredda carnefice (Tatiana Paganella) punta una pistola contro il giovane “Atirador” disarmato, lui coraggiosamente mette un dito nella canna e lei in tutta risposta spara; rimane solo un moncherino insanguinato, poi lei gli scarica un secondo proiettile al centro della fronte. La violenza e le esecuzioni non sono mantenute fuori campo e non si indulge in alcun edificante pietismo, i buoni come i cattivi uccidono senza esitare o vacillare.

Prodotto dunque non per tutti, non certo di semplice intrattenimento come molti altri afferenti al filone possono essere, al contrario più affine per afflato metaforico a visioni post-apocalittiche da Festival come We are the Flash di Emiliano Rocha Minte (la nostra recensione), Beyond the Grave è un’opera inedita e intrigante, che al ritmo incalzante, ma stolido dei prodotti più commerciali horror sostituisce un’inusuale profondità d’intenti e articolazione del messaggio, accompagnati dal coraggio di mostrare una scioccante brutalità.

Di seguito il trailer: