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Voto: 6.5/10 Titolo originale: Downrange , uscita: 25-05-2018. Regista: Ryûhei Kitamura.

Downrange: la recensione del film di Ryûhei Kitamura

09/04/2018 recensione film di William Maga

Il regista giapponese torna sulle scene ribadendo il suo marchio di fabbrica: splatter estremo e trama ridotta all'osso, per un risultato capace di esaltare gli amanti del cinema indie con pochi fronzoli

Ryûhei Kitamura è noto al pubblico occidentale probabilmente soprattutto per Prossima fermata: l’inferno del 2008 e No One Lives del 2012, entrambi film disperati e piuttosto sanguinari. E il regista giapponese ha deciso di continuare su questa strada, portando ora sugli schermi Downrange, in cui un misterioso cecchino decide di accanirsi su un gruppetto di studenti universitari di passaggio, intrappolandoli sotto una pioggia di proiettili di grosso calibro dietro al loro fuoristrada lungo il ciglio di una strada di campagna isolata.

La trama è grosso modo tutta qui. Downrange è uno scenario più che una storia ‘tipica’. Ed è anche simile nel concept ad altri film, come In linea con l’assassino e il recente The Wall. L’attenzione si concentra sulle vittime e le loro psicologie, mentre il cattivo della situazione resta anonimo. Soprattutto, l’ultima fatica di Ryuhei Kitamura è pensata più o meno esplicitamente per gli appassionati dello splatter estremo, che esplode a sprazzi implacabile e brutale. Potrebbe anche bastare no? Sano divertimento per cacciatori di crani spappolati e ferite aperte da cauterizzare con martelli roventi.

DOWNRANGE posterLa vicenda è ridotta all’osso dallo sceneggiatore Joey O’Bryan, riducendosi alla gita verso una destinazione ignota di sei ragazzi (tre maschi e tre femmine), che non sanno però molto l’uno degli altri. Sappiamo soltanto che Jodi (Kelly Connaire) deve andare alla festa di compleanno a sorpresa di sua sorella. Una gomma forata improvvisamente li costringe a fermarsi per sostituirla e ad approfondire la conoscenza reciproca. Non si tratta di una foratura comune.

Un cecchino (Aion Boyd) ha deciso di prendere di mira il loro veicolo. Nei successivi 80 minuti, tutti quanti – circa … – provano a rimanere al riparo e a pensare a come uscirne indenni. Molto poco viene rivelato dell’implacabile tiratore scelto, delle sue motivazioni o se invece sia un passatempo ‘regolare’ per lui. Alcuni mazzi di fiori e una croce, a lato della strada, suggerirebbero che questa non è la prima volta.

Come detto, la trama è riconducibile più a un’ambientazione, che a una storia in senso classico. Quasi l’intero film è girato attraverso gli occhi delle vittime, tipologie di personaggi abbastanza stereotipati. Il killer viene mostrato solo in alcune brevi sequenze (mimetizzato tra i fitti rami di un albero in lontananza) e comunque quando è già passata la prima ora. Non c’è vera interazione tra il cecchino e le sue prede. Gli scambi vengono tutti comunicati attraverso il foro di uscita della canna del suo fucile.

Quindi, la trama è davvero bloccata in folle, almeno fino a quando gli amici rimasti riescono infine a contrattaccare. In ogni caso, Ryuhei Kitamura introduce in questa situazione apparentemente stagnante alcuni sviluppi interessanti – e doverosi. Un’altra macchina si getta a tutta velocità nella mischia, con risultati altamente spettacolari ( e disastrosi …). Inoltre, a un certo punto si palesa persino l’inattesa polizia, ma l’aiuto che fornisce non è esattamente quello che dovrebbe … Gli spettatori non dovrebbero poi aspettarsi chissà quale rivelazione clamorosa alla fine, è bene dirlo.

Guardando Downrange non può poi non tornare facilmente alla mente il thriller del 2002 di Joel Schumacher. Anche qui infatti, i protagonisti sono assolutamente vulnerabili. Non ci sono molti modi per proteggersi dal proiettile di un cecchino, specialmente quando non lo si aspetta. Inoltre, in entrambe le pellicole i personaggi sono bloccati in un preciso luogo o un ambiente. Non c’è alcun altro posto dove andare, a meno che il tiratore non permetta loro di muoversi.

Il film di guerra del 2017 diretto da Doug Liman manteneva invece similmente l’assassino fuori dallo schermo, aumentando così la tensione attraverso il non detto. E il mistero, all’interno del Downrange, non viene mai svelato. L’identità del personaggio forse più importante è tenuta per sempre nell’ombra. Tuttavia, c’è una differenza centrale tra questi due titoli precedenti e quello di Kitamura. In In linea con l’assassino e il recente The Wall, l’assassino parla con le sue vittime e le tormenta attraverso il dialogo. Qui no. C’è solamente un lungo ed estenuante silenzio tra il paziente cecchino (che non intende certo rivelare la propria posizione) e il prossimo destinato alla morte.

Ryuhei Kitamura, più di tutto, sa tuttavia come giocare con i suoi fan. Il regista è ben conosciuto – e apprezzato – per il suo gusto visivo altamente gore e anche questa volta non toglie certo il piede dall’acceleratore (anche perchè non ha il problema di un grosso studio alle spalle in produzione). Gli effetti speciali pratici, realizzati dal team leader Matthew Gabriel Wagner e dal make-up artist Jungeun Lee, sono tutti credibili e profondamente gustosi.

Un personaggio viene praticamente decapitato da un proiettile. Altri perdono un occhio o parti delle braccia e delle mani. Cervella e sangue inondano l’asfalto, dettagli macabri e viscosi abbondano e ci sono citazioni più o meno dirette al remake di Non Aprite Quella Porta di Marcus Nispel e a Full Metal Jacket di Stanley Kubrick. Downrange – pur non disdegnando qualche momento più intimo e drammatico tra i ragazzi, uniti nella situazione disperata e pronti anche a gesti estremi – predilige senza sforzi il suo lato più smaccatamente esagerato, aggiungendo apprezzabili intuizioni (i telefoni cellulari qui hanno campo e vengono usati con intelligenza) e una dose minima e inaspettata di grottesco – o comunque di dark humor – negli ultimi momenti.

Presentato in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival e ora al BIFFF di Bruxelles, è probabile che gli appassionati di film horror indipendenti (il budget si aggira intorno a 1.2 milioni di dollari) dovranno attendere ancora un po’ per vedere in home video o almeno in streaming – magari sulla sempre attenta Netflix – Downrange.

La trama richiede una certa pazienza mentre si insinua sullo schermo, ma nel frattempo, un intero assortimento di scenari sanguinolenti farà a intervalli regolari la sua devastante comparsa, mentre i protagonisti lottano strenuamente per schivare le pallottole del cecchino. Un intreccio estremizzato e senza apparente motivazione – siamo pur sempre in un horror di Kitamura -, ma non per questo meno coinvolgente, che lentamente sviluppa un sadico gioco del gatto col topo in un paesaggio assolato.

Di seguito il trailer di Downrange :