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Voto: 6/10 Titolo originale: Demon House , uscita: 01-12-2019. Budget: $22,000,000. Regista: Zak Bagans.

Demon House: la recensione del docu-film horror di Zak Bagans

19/03/2018 recensione film di Sabrina Crivelli

Docufilm posticcio e superficiale, accosta interviste frettolose e approssimative a trucchetti alla Paranormal Activity, trasformando l'indagine su uno dei casi più terrificanti di infestazione demoniaca della storia americana in una messa in scena farsesca

Investigatore del paranormale con una fanbase piuttosto nutrita, Zak Bagans per anni ha indagato numerosi casi di oscure presenze all’interno del suo programma Ghost Adventures di Travel Channel, facendosi così una certa nomea ed esperienza sul campo. Quando dunque ha deciso di girare un documentario sul “più autentico caso di infestazione della storia americana”, è stato naturale che il prodotto suscitasse un certo interesse, almeno per coloro che si appassionano di real horror. Tuttavia, Demon House, non solo non riesce a creare la giusta inquietudine, ma in generale non riesce affatto a coinvolgere ad uopo il pubblico per il modo di raccontare e documentare i fatti, che risulta privo d’impatto, farraginoso e sin troppo dilatato, rendendo così tedioso un argomento che avrebbe dovuto tenere chi guarda incollato alla poltrona con tanto di brividi…

Indiscutibile è che una delle premesse sia di mettere in discussione e testare la veridicità dell’episodio di infestazione legato alla celebre – almeno negli Stati Uniti – Ammons House (‘la casa dei 200 demoni’), ma palese è sin da subito la volontà di confermare la sua natura ultraterrena. Tuttavia, invece di convincerci, via via che procediamo nella visione siamo sempre più perplessi e divertiti!

Perfino per coloro che sono particolarmente interessati ai casi di ultraterrene apparizioni, la sana curiosità suscitata dalle vicende accadute a Gary, Indiana, ovvero uno delle più terrificanti eventi di infestazione verificatisi negli ultimi anni, subito si scioglie come neve al sole per la totale assenza di sostanza nel metodo con cui i fatti sono descritti, catturati e montati. Il tono è certo altisonante fin dal preambolo, che mette in guardia addirittura dal guardare il film per pericolo di “trasmissione demoniaca” non solo attraverso persone o cose, ma perfino per via digitale, sottolineando l’estrema gravità di quanto verrà a breve descritto.

Lo spettatore, quindi, sospeso tra angoscia e delizia, si aspetta chissà quali raccapriccianti verità, ma non può che restarne deluso già dopo pochi minuti, quando diviene chiaro che il modus magniloquente cela il vuoto di contenuti. Così ci vengono presentati gli Ammons, protagonisti della funesta vicenda occorsa nella Demon House del titolo, ossia Latoya e i suoi tre figli, tutti posseduti per un lungo periodo. C’è indubbiamente tutto il materiale necessario per costruire una storia da brividi, con tanto di fatiscente casa stregata, di bambini in preda a forze luciferine e perfino di riti woodoo che avrebbero spalancato un portale infero!

In potenza, forse, ma in realtà una somma di scelte estetiche e diegetiche annichilisce del tutto ogni possibile tensione, finendo per risultare solo un posticcio patchwork sovrastato da una tronfia voce narrante, che passa il tempo a descrivere come agghiaccianti immagini del tutto piatte con improbabile enfasi.

Mal realizzate sono anzitutto le interviste di coloro che sono stati coinvolti, prima tra tutte quella del fratello di Latoya, unico membro disposto a parlare con la troupe, poiché tutti gli altri componenti sarebbero convinti di una sorta di proprietà transitiva del demoniaco, per cui chiunque entri tra quelle mura maledette ne esce con ‘attaccato’ qualcosa di infinitamente oscuro (ovviamente anche Zak Bagans e il suo seguito, che vi pernottano pure …).

La testimonianza dell’uomo, allora, dovrebbe essere in teoria la più importante a disposizione, essendo il soggetto più vicino a coloro che vissero in prima persona il contatto con l’entità, eppure il suo racconto è insignificante e approssimativo, quasi lui stesso non creda alle parole che sta proferendo. Seguono poi gli altrettanto scialbi resoconti di un assistente dei servizi sociali, di un agente del luogo e del prete che officiò il rituale di esorcismo, e ugualmente nessuno di essi trasmette la ben che minima emozione, seppure il cuore del discorso lo presupporrebbe.

Forse si tratta della maniera in cui il documentarista, costantemente esaltato, si relaziona con i propri interlocutori, che perciò rimangono in parte straniti, oppure la loro totale assenza di trasporto, ma il risultato ultimo è un insieme di interviste che paiono realizzate da un dilettante e oltremodo forzate. A completare il tutto si aggiunge rappresentazione filmica di alcuni momenti topici estratti dai ricordi dei suddetti e sono al limite del ridicolo. Nella fattispecie, letteralmente ilarizzante è il reiterato fermo immagine di uno dei piccoli posseduti, che davanti all’assistente sociale si inerpica a mo’ di Matrix su una delle pareti a latere, per lo sconvolgimento dei presenti che urlano, si voltano e scappano, il tutto in un bislacco slow motion.

Tuttavia, tale parte non è il solo punto dolente, anzi. Nonostante tutto, è quella meglio riuscita dell’intero Demon House. Molto peggio sono difatti le esplorazioni sul campo e la rievocazione dello sconcertante vissuto attraverso la voce di Zak Bagans stesso e della sua equipe. Quel peculiare stato di esaltazione innaturale che domina la fase delle interviste è addirittura esacerbata comprensibilmente quando si tratta di esperienze personali …

Così ci ritroviamo a seguire il documentarista nello scantinato che esclama in preda a una solenne euforia di aver sentito voci o rumori, di aver registrato con l’aiuto dell’esperto di parapsicologia Barry Taff fenomeni inspiegabili con un’attrezzatura degna di L’Evocazione – The ConjuringAncor più improbabile diventa infine l’insieme quando tutti i coloro che hanno partecipato alla riprese del documentario iniziano a impazzire, ammalarsi o avere misteriosi e gravissimi incidenti. Il tutto però sembra più che altro una messa in scena, peraltro dalla recitazione pessima, che instilla perfino in chi non lo è un crescente scetticismo.

La casa degli Ammons può in conclusione anche essere stata lo scenario di un terrificante caso di possessione demoniaca, ma saremmo più convinti dell’esistenza del soprannaturale dopo aver visto il parodistico Ghost Movie del 2013 che dopo aver assistito ai 90 minuti di sconclusionati sproloqui di Zak Bagans contenuti in Demon House.

Di seguito trovate il trailer: