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Voto: 5.5/10 Titolo originale: Kickboxer: Retaliation , uscita: 26-01-2018. Budget: $13,000,000. Regista: Dimitri Logothetis.

Kickboxer: Retaliation, la recensione del film di arti marziali di Dimitri Logothetis

26/01/2018 recensione film di William Maga

Alain Moussi, Jean-Claude Van Damme, Mike Tyson, Cristopher Lambert e Hafthor Julius Björnsson sono il dream team di un action veloce e ben coreografato, che farà felici gli appassionati (e i nostalgici)

Per quelli che non sono aggiornatissimi, Kickboxer: La Vendetta / Vengeance (la recensione) uscito un paio di anni fa e approdato direttamente su Netflix da noi, era un reboot dell’originale Kickboxer – Il nuovo guerriero del 1989, tra i titoli ‘classici’ interpretati da Jean-Claude Van Damme. Il film raccontava la storia del lottatore Kurt Sloane (Alain Moussi, ex stuntman in titoli come X-Men: Giorni di un Futuro Passato e Suicide Squad), che partecipava a un torneo clandestino e illegale di Muay thai in Thailandia per vendicare la morte di suo fratello, anch’egli un combattente, tragicamente morto proprio sul ring qualche tempo prima.

Sloane finiva nel paese del Sud-est asiatico con un duplice obiettivo quindi: ottenere giustizia sconfiggendo il suo brutale rivale, il malvagio Tong Po (il Dave Bautista di Guardiani della Galassia), ovvero l’uomo che aveva ucciso suo fratello; e incontrare la donna che sarebbe diventata poi sua moglie, l’avvenente Liu (Sara Marakul Lane).

Kickboxer: Retaliation (Ritorsione) riparte oggi a circa un anno di distanza da quegli eventi, con Sloane letteralmente deportato – dopo un curioso prologo su un treno dagli echi bondiani – dagli Stati Uniti e imprigionato nuovamente in Thailandia dal losco promotore di incontri Thomas Moore (il redivivo Christopher Lambert), che vuole che Sloane paghi per aver ucciso Tong Po, il suo miglior atleta nonchè redditizio campione locale. Se Sloane accetterà di combattere il gigantesco Mongkut (Hafþór Júlíus Björnsson, la Montagna di Il Trono di Spade), Moore lo libererà, gli darà un mucchio di denaro e rilascerà Liu, che ha rapito come leva per convincerlo.

Fortunatamente per lui, prima di incontrare Mongkut sfaccia a faccia, il giovane avrà la possibilità di avvalersi dei consigli professionali di altri due colleghi prigionieri: Master Durand (Van Damme), che aveva già allenato Sloane in La Vendetta e che è diventato nel frattempo cieco (non fate domande), ma naturalmente ancora ampiamente capace di sferrare colpi con precisione chirurgica; e un pugile di nome Briggs (Mike Tyson, a suo agio nelle pellicole di arti marziali dopo Ip Man 3), che gli si presenta ricordando a tutti perchè non troppi anni fa è diventato campione del mondo dei pesi massimi di boxe. I due arzilli cinquantenni diventano così i muscolari mentori di Sloane, preparandolo adeguatamente per il difficile scontro finale.

Il regista Dimitri Logothetis (che ha già diretto Moussi nel misconosciuto Wings of the Dragon del 2014) si avvicina alla storia con la giusta leggerezza, come denota l’utilizzo di una versione del successo del 1963 Wipe Out dei The Surfaris come colonna sonora per una delle scene di combattimento più cinetiche – e un occhio appassionato e piuttosto competente.

Sa bene che il pubblico di questo genere di film vuole soprattutto scontri ben coreografati e, a differenza del precedente capitolo, che inciampava malamente quando si avventurava fuori dall’ottagono (o dal tempio …), decide onestamente di procedere filato al punto cruciale, fregandosene spesso delle spiegazioni ‘sensate’ sul come/cosa/quando, ma senza impantanarsi in elementi potenzialmente rischiosi come legami fraterni, interessi amorosi o tutto ciò che richiede un’emozione più complicata del pestare qualche coraggioso.

Kickboxer: Retaliation si comporta essenzialmente come un videogioco. In certi momenti sembra addirittura il film di Street Fighter che non abbiamo mai visto. Tyson è ovviamente Balrog (forse non tutti sanno che ha davvero ispirato il pugile, che nella versione giapponese si chiama appunto M. [Mike] Bison), Moussi è Ken, Van Damme è un Guile più anziano e Björnsson è Zangief.

In altri ricorda invece gli altrettanto noti Fatal Fury o Double Dragon, ad esempio quando Kurt affronta durante più livelli nella prigione i detenuti che gli si parano contro. Come detto, Logothetis dimostra di avere occhio, e soprattutto di amare i picchiaduro degli anni ’90. Lambert, oltre ad essere stato il dio Rayden nel live action di Mortal Kombat, è poi anche al centro di un duello a colpi di spade che non può non essere un omaggio ad Highlander.

La trama è un semplice pretesto per rendere Moussi pronto per il  lunghissimo e non senza qualche sorpresa – duello conclusivo; ogni personaggio che incontra sulla sua strada (compreso il calciatore brasiliano Ronaldinho, già …) gli insegna una particolare tecnica che gli tornerà molto utile. E’ qui che entra in gioco la perizia tecnica del regista, che – pur non raggiungendo le vette di pellicole come The Raid – si avvale di long take e di stunt realistici per esprimere al meglio il talento fisico degli attori e delle comparse coinvolti.

Moussi è sollecitato costantemente a sfoggiare backflip e montanti, affrontando più di una volta una dozzina di nemici in sequenze uniche (da segnalare quella sul lungofiume, che può facilmente rivaleggiare con qualsiasi controparte vista nell’acclamato Atomica Bionda (la recensione) o quella al buio nel grattacielo di Moore, che rimanda alla famosissima scena ‘degli specchi’ con Bruce Lee in I 3 dell’Operazione Drago – che a sua volta riprendeva La signora di Shanghai -, con il plus delle gemelle ‘ninja’ con i tatuaggi fosforescenti).

Insomma, Kickboxer: Retaliation è – forse sorprendentemente – un film di arti marziali veloce, divertente e ricco di personaggi carismatici (specie agli occhi dei nostalgici). Ora mettiamoci comodi e aspettiamo il terzo capitolo, Kickboxer: Syndicate (o Armageddon …).

Di seguito il final trailer di Kickboxer: Retaliation, che dovrebbe arrivare in home video da queste parti in aprile: