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Voto: 6/10 Titolo originale: La ragazza nella nebbia , uscita: 26-10-2017. Regista: Donato Carrisi.

La Ragazza nella Nebbia | La recensione del film di Donato Carrisi

29/10/2019 recensione film di Giovanni Mottola

Portando sullo schermo il suo stesso bestseller, lo scrittore / sceneggiatore debutta alla regia con un thriller senz'armi, nè odio, nè violenza

Nel 1976, il rapinatore Albert Spaggiari, insieme ad alcuni complici, scavò un tunnel di otto metri nelle fogne di Nizza che gli consentì di arrivare al caveau della banca e portarsi via cento milioni di franchi dell’epoca. Lasciò scritto: “Senz’armi, nè odio nè violenza”. Pur applicandolo a uno scopo meno illecito, Donato Carrisi sembra aver fatto suo questo stile al momento di costruire il thriller La ragazza nella nebbia, dove il sangue è solo un elemento da cui ricavare il DNA e di spari non se ne avvertono. La storia era stata scritta inizialmente come sceneggiatura, ma non fu realizzata e divenne un romanzo di successo. Carrisi ha ora deciso di mettersi lui stesso, per la prima volta, dietro alla macchina da presa e girare quel film che era il progetto originario. Per una volta si può dunque fare a meno di analizzare quanta sia la fedeltà verso il libro e quali siano le discrepanze perché l’autore fornisce, con questo lavoro cronologicamente ultimo, quella che i giuristi chiamano “l’interpretazione autentica”, apponendo il proprio assenso a qualsiasi eventuale modifica rispetto alla versione cartacea di oltre quattrocento pagine da lui stesso scritta. Il riferimento al mondo del diritto non è casuale, dal momento che Carrisi è laureato in giurisprudenza, con specializzazione in criminologia e scienza del comportamento (la parola “psicologia” evidentemente non va più di moda), e appassionato di thriller. Così, anzichè frequentare tribunali ha cominciato a bazzicare i set come sceneggiatore ed è poi diventato un noto scrittore del ramo, nonché collaboratore del Corriere della Sera.

locandina-ragazza-nebbiaCon La ragazza nella nebbia raccoglie tutte queste esperienze e mostra, anzi mette alla berlina, la parte peggiore di ognuna di esse: la malagiustizia, impersonata dall’ispettore Vogel (Toni Servillo), e il giornalismo sciacallesco, impersonato da Stella (Galatea Ranzi). Il film si apre con uno strano incidente stradale di Vogel nell’immaginario paesino montano di Avechot, vicino al lago di Carezza, dal quale esce illeso. “Ma allora perché la sua camicia è macchiata di sangue?” gli domanda lo psichiatra (Jean Reno) in forza alla polizia locale, facendo così partire una spiegazione che riporta al passato prossimo, quando Vogel era stato chiamato in quel luogo per risolvere il mistero della scomparsa della sedicenne Anna Lou. Per un colpo di fortuna trova un debole indizio a carico del professor Martini, che insegna italiano nella scuola del paese; così, per innervosirlo e indurlo a tradirsi, lo sottopone a una carneficina mediatica con la complicità della furba giornalista Stella. Le prove non saltano fuori e Vogel, ormai convinto che il colpevole sia lui, si spinge fino a fabbricarne una. Ma la viene a galla. O forse no.

E’ curioso come questo film assomigli fin dal titolo ad un altro nelle sale in questi giorni, L’uomo di neve di Tomas Alfredson: in entrambi vi sono personaggi complessi e ben sfaccettati e l’atmosfera assume importanza decisiva. Come nel thriller nordico la trama è debole, perché l’indagine assume cadenze anomale fino poi a sfociare in qualche salto logico troppo ardito, che trasmette un’impressione di eccessiva preparazione al tavolino. Ne La Ragazza nella Nebbia è possibile che questo accada perché Carrisi ha cominciato scrivendo il finale, per poi costruire una storia andando a ritroso; in questo modo ha però forse ecceduto con i colpi di scena conclusivi (l’ultimo, peraltro, di maniera) venendo meno in parte a quella regola fondamentale del giallo che egli stesso individua nel dosaggio di sorpresa e mistero. Per l’aspetto “thriller” è un peccato, perché quanto alla costruzione della suspense Carrisi, pur essendo al debutto, si dimostra molto abile. Ma questo difetto non pesa su un film che sembra avere ambizioni superiori a quella di una pellicola di genere, e lo si vede fin dal cast che comprende nomi come Servillo, Reno, Boni e Ranzi, grandi attori di cinema e di teatro.

la ragazza nella nebbiaCiascuno dei loro personaggi ha un lato oscuro, nessuno ne esce bene. A lungo quello che dovrebbe essere il buono, l’ispettore Vogel, appare come un uomo spietato, che disprezza gli altri ed è sicuro di sé ai limiti dell’antipatia. Quando però viene messo in difficoltà, questa impalcatura crolla e Vogel finisce coll’assomigliare all’Hercule Poirot giustiziere dell’ultimo romanzo di Agatha Christie, “Sipario”. A lui fa da contraltare il professor Martini, che non è soltanto l’uomo pacifico e con una bella famiglia come può sembrare all’inizio, ma una personalità molto più complessa e ambigua: tanto astuto da tener testa all’ispettore e da far a un certo punto dubitare della propria innocenza persino la moglie. Ma la figura forse centrale è quella, pur defilata, portata sullo schermo da Galatea Ranzi, che attraverso la sua giornalista riesce a orientare il film nella direzione più efficace: quella dello stigma verso una percezione morbosa della giustizia, inquinata da un voyerismo cui è stata addestrata la gente comune a suon di spettacolarizzazioni televisive di alcuni casi di cronaca nera. Il dialogo al cimitero tra Martini e Stella è un gioiello di schiettezza su come (non) funzioni oggi in Italia il sistema giudiziario.

Il gioco di Carrisi dunque funziona, ma il giocatore bara. Perché si limita a mettere sul banco degli imputati le già vulnerabili categorie di giornalisti e poliziotti, ma risparmia quelle di avvocati e magistrati, oltre a quella dei familiari delle vittime. Dimenticando, o fingendo di dimenticare, che spesso sono il protagonismo dei primi e la sete di vendetta dei secondi a far sbattere il mostro in prima pagina.

Di seguito il full trailer di La ragazza nella nebbia, nei nostri cinema dal 26 ottobre: