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[recensione libro + intervista] Jacopetti Files di Fabrizio Fogliato e Fabio Francione

06/02/2017 news di Sabrina Crivelli

Una completa analisi del sottogenere dei Mondo Movie attraverso materiali d'epoca, che rende conto della controversa produzione documentaria del regista di Barga e di Franco Prosperi. Ne abbiamo parlato coi due autori

Capitolo in passato poco approfondito, quello dei Mondo Movie ha ricevuto in sede critica un’attenzione inferiore a quella che forse avrebbe meritato, come d’altra parte è accaduto per i creatori di tale innovativo sottogenere documentaristico, Gualtiero Jacopetti e Franco Prosperi. A colmare tale mancanza è Jacopetti files. Biografia di un genere cinematografico italiano, volume curato da Fabrizio Fogliato e Fabio Francione (Edizione Mimesis, 2016), che si pone proprio l’obiettivo di prendere in esame quelli che evocativamente sono stati denominati “shockumentary“. Capitolo rilevante della storia del nostro cinema, allo stesso tempo si tratta di predecessori di una spettacolarizzazione dei fatti che certo ha suscitato non poche polemiche, ma che al contempo ha fortemente influenzato i caratteri visivi di una certa produzione attuale. Dunque, con il cinquantenario nel 2016 di Africa addio (1966) si inaugura la riscoperta di tale filone documentaristico, che principia nel 2014 con due volumi, Gualtiero Jacopetti. Graffi sul mondo di Stefano Loparco e Paolo Cavara. Gli occhi che raccontano il mondo (2014) ad opera dello stesso Fogliato.

Con la medesima attenzione ai documenti del tempo, è strutturato allora in Jacopetti Files (la divisione deriva dall’impostazione degli omaggi retrospettivi del Lodi Città Film Festival, da cui è nato il volume) un excursus completo e poliedrico, che rende conto delle molteplici reazioni dell’intellighenzia del tempo a quelle discusse opere di Jacopetti e Prosperi, capostipite fu Mondo cane (1962), che fusero insieme elementi documentari e, a volte, una parziale falsificazione del reale, tesa a intensificare e rendere più incisivo il messaggio (emblematico di tale prassi è quella denuncia che fece scalpore di aver fatto replicare una fucilazione, a cui seguì un processo). Eppure, è nella forza con cui sono stati descritti certi fenomeni che si concretizza il loro reale valore, nella capacità di intravedere i segnali degli effetti deteriori e di lunga data del colonialismo e del capitalismo. Degni di nota non per quello spesso ipocrita approccio moralista, che tende a edulcorare il soggetto in una raffigurazione più edificante, hanno invece catturato, lungo il loro interminabile errabondare, attraverso l’occhio della camera, “il brutto” con piglio “ossessivo e genuino”.

Molteplici sono quindi le fonti che concorrono al ritratto dei dibattuti documentaristi in esame e dei loro Mondo Video; questi, suddivisi in “files”, capitoli rispondenti alla duplice classificazione cronologica e per titoli, registrano attraverso recensioni, articoli e sondaggi critici, alcune delle voci più autorevoli dal 1962 al 1984, da Alberto Moravia a Morando Morandini, a Leandro Castellani. Infine, alle altrui riflessioni si alternano le parole dei protagonisti stessi di questa sfaccettata indagine: risalta in apertura l’intervista a Jacopetti, a cura di Edgarda Ferri, apparsa su «Novella 2000» il 27 marzo 1966, in cui l’uomo al centro di molti scandali racconta i primi passi e alcuni dei momenti più drammatici della sua esistenza, e in chiusura, a contrappunto La conversazione con Franco Prosperi.

In una silloge esaustiva di materiali editi e inediti, a cui si accompagna in ultimo un inserto fotografico e che è preceduta dall’acuta prefazione di Nicolas Winding Refn, Fogliato e Francione cercano di fornire un ritratto, frammentario e poliedrico, frutto di un lungo e compiuto lavoro d’archivio che meglio di ogni trattazione limitatamente storica o critica è forse capace di descrivere le molteplici reazioni alle problematiche pellicole documentarie di Jacopetti e Prosperi.

Abbiamo quindi intervistato i due autori del volume, per approfondire alcuni elementi chiave e curiosità, a partire dall’origine della loro passione per questo genere e dalla partecipazione di Refn, fino all’importanza di tale produzione per i linguaggi filmici successivi ai nuovi possibili campi d’indagine.

addio-zio-tom-posterCome mai la scelta di affidare uno dei due prologhi a Nicolas Winding Refn e come è stato coinvolto nel progetto?

FABIO FRANCIONE: E’ stato come dire un coinvolgimento “per procura”, alla Svevo. Puramente emotivo e di affinità, se si può dire così. Sapevamo che Refn aveva avuto carta bianca dal festival di Lione e aveva scelto Addio zio Tom. La cosa era stata molto pubblicizzata. Gli abbiamo scritto. Nessuna risposta e poi su youtube viene pubblicata la ripresa del suo intervento. Il prologo contemporaneo è la trascrizione-traduzione di ciò che dice. In molti, poi, hanno scambiato il brano per la prefazione al libro. Non abbiamo fatto nulla per correggere la direzione del pezzo, basta sapere che non è così. E per leggerlo meglio bisogna metterlo in relazione con il prologo “di ieri” prelevato direttamente da Jacopetti. 

Come è nato l’interesse per i Mondo Movies, nonché per due figure, quelle di Paolo Cavara, Gualtiero Jacopetti e Franco Prosperi, che ha portato alla stesura di ben due libri incentrati su tale filone cinematografico?

FABRIZIO FOGLIATO: In realtà ce n’è anche un terzo che ho curato su Luigi Scattini (un altro modo di intendere e declinare il genere). L’interesse nasce dalla curiosità, dalla volontà di capire che cosa ci fosse alle radici del successo di un filone così particolare che tra l’altro, nel suo sviluppo, è frutto di elaborazioni personali dei singoli protagonisti provenienti tutti (o quasi) dalla factory che ha realizzato Mondo Cane. In particolare mi ha sempre colpito come questo genere sostituisca al ruolo di spettatore quello di “giocatore” creando (quasi) una sorta di visione interattiva: qualcosa di modernissimo che nasceva in un epoca di grandi trasformazioni e cambiamenti. Inoltre i miei volumi dedicati a Paolo Cavara sono il frutto di una ricerca finalizzata a sviscerare i singoli contributi creativi, artistici e linguistici, all’interno di un’opera collettiva. Qualcosa che ha portato persino alla realizzazione di una sorta di instant-movie riflessivo e semiotico come L’occhio selvaggio che analizza le modalità produttive e realizzative del fenomeno mondo movie quando questo è egemone negli incassi cinematografici – qualcosa di pressoché unico nella storia del cinema italiano (e non solo).

MONDO-CANE-posterQuali, secondo la tua opinione, sono le ragioni della loro rilevanza all’interno della storia del documentario, del cinema nostrano e non solo? Quali gli elementi maggiormente validi ancora oggi?

FABRIZIO FOGLIATO: Stiamo parlando non di un genere cinematografico ma di quella che definirei una “categoria filmica” che come un virus ha contagiato l’intero modo di realizzare, produrre e fruire delle immagini. Non c’è film realizzato a partire dalla comparsa di Mondo cane che – nel bene come nel male – non abbia dovuto fare i conti con quel modello. Questo perché stiamo parlando di un “codice” che realizza e concretizza la teoria filmica sul rapporto realtà-finzione lucidamente espressa da Luigi Pirandello ne “I quaderni di serafino Gubbio operatore”, perché come dice Paolo, il regista protagonista de L’occhio selvaggio: “La verità è noiosa, la bugia è divertente”. L’altro lato di questa visione è rappresentato dall’opera etno-antropologica a carattere scientifico-spettacolare dei F.lli Castiglioni, forse, coloro, che sono riusciti ad andare più a fondo nello svelare l’essenza e la natura dell’essere umano. Hanno raccontato e agito sulla realtà per riportarla nei suoi aspetti più disturbanti e problematici con un rigore scientifico e un approccio umanitario che lascia sbalorditi … tutt’oggi.

Più nello specifico, come mai nella stesura di Jacopetti Files hai scelto di incentrare lo svolgimento eminentemente sulle fonti, in particolare su articoli, recensioni, testimonianze e interviste del tempo e successive?

FABIO FRANCIONE: E’ stato un passo logico dettato dalla prospettiva storica in cui Jacopetti è stato inquadrato, direi di più liquidato in poche ed aspre battute ed in seguito il genere che da lui prende le mosse, perché va ricordato che il libro è il tentativo di biografare attraverso la sua parabola “artistica” di un genere selezionato attraverso 18 film; uso le virgolette perché ci vorrebbe più di un’intervista per spiegare l’artisticità di questi film, più filosofica che estetica, anche se poi molti cadono nell’estetismo che pure c’è ed è a mio avviso solo la superficie del prodotto cinematografico e qui la parabola si fa commerciale. Naturalmente abbiamo tenuto conto anche dei libri usciti sul solo Jacopetti puntualmente riportati in bibliografia. Ma giova ripetere che questo non è un libro su Jacopetti e che l’inventore di Mondo cane è solo uno, anche se il più importante, del meccanismo che srotola temporalmente in vent’anni il più internazionale crediamo dei generi cinematografici italiani.

mondo candido posterIl volume è, come sottolineato al suo interno, nato da una retrospettiva all’interno del Lodi Città Film, da cui trae l’impostazione in “Files”, potresti spiegarci più nello specifico come è nato il progetto e quanto e come tale contesto ha determinato la forma e la sostanza del libro?

FABIO FRANCIONE: E’ stata una serie di coincidenze venutesi a creare al momento giusto. Da una decina d’anni in uno dei cassetti del Festival, ecco il nome files, avevo riposto i film di Jacopetti. Ritenevo non giunto il momento di organizzare se non una retrospettiva, un omaggio a Mondo cane e dintorni. Poi, all’improvviso cominciano ad uscire quasi contemporaneamente il libro su Jacopetti di Loparco, il restauro dell’Occhio selvaggio di Cavara, la pubblicazione della sceneggiatura e la monografia dedicatagli da Fogliato. Ho detto: è arrivato il momento. Con Fogliato avevamo già lavorato sul cinema di Haneke e la sintonia sul progetto è stata massima e condivisa su ogni singolo aspetto sia della retrospettiva, che non è ancora conclusa perché spalmata su un quadriennio e quest’anno toccherà all’ultimo file Le strade si dividono. Da Mondo Candido a Belve feroci 1975-1984, sia sul libro. Credo che l’equilibrio tra le parti inedite e la parte edita sia la dimostrazione del metodo di lavoro adottato.

Quali, se secondo te ve ne sono, sono gli aspetti legati al suddetto filone filmico ancora da approfondire?

FABIO FRANCIONE: Da un lato mi piacerebbe che gli argomenti fossero esauriti; invece so che non è così. Innanzitutto, nel libro scontorniamo l’intera filmografia dei Fratelli Castiglioni, ritengo questa una riscoperta che può dare il via a nuovi studi sul filone “Mondo” più scientifico ed intellettuale che bazinianamente s’intreccia con il documentario etnografico come anche valutare l’apporto di scrittori come Moravia, mondato dall’aspetto alimentare che non va assolutamente trascurato. Di certo, molti film fuori tempo massimo, cioè dall’84 in poi, sono stati realizzati come anche varrebbe la pena di studiare le influenze che ha originato un film come Belve feroci di Prosperi. Proprio Prosperi, rivedendo i film e scrivendo il libro, viene fuori prepotentemente e credo che non debba più venire considerato solo come un collaboratore,il più assiduo e costante fino alla rottura di Mondo Candido, di Jacopetti. Una bella retrospettiva potrebbe però essere anche Jacopetti&Jacopettismi in cui affastellare un programma che unisca cinema, tv, nuovi media, arrivando fino all’attualità. Non dico contemporaneità, ma attualità per dar la dimensione esatta della misura dello sguardo jacopettiano e dunque dei mondo sulla cronaca, sul raccontare e i modi di farlo. 

belve feroci posterPiù in generale, vi sono argomenti legati al cinema italiano e non, che secondo il tuo giudizio necessiterebbero di un lavoro di ricerca? Ha in progetto in tal senso la scrittura di nuovi lavori monografici e non?

FABRIZIO FOGLIATO: La mia ricerca – quella che tra l’altro ha dato vita ai miei saggi sul cinema italiano – è indirizzata alla riscoperta e valorizzazione di un patrimonio culturale che risulta ancora incredibilmente nascosto tra le pieghe di una produzione magmatica e compulsiva. Il cinema italiano presenta gioielli cinematografici dimenticati che, allora come oggi, non hanno goduto della giusta visibilità e valorizzazione. Sto quindi lavorando ad un progetto ampio e ancora tutto da definire che vuole scandagliare alcuni momenti cinematografici-storici ben circostanziati (il boom economico, ll biennio 1968-69, l’ultimo lustro degli anni ’70… per fare solo degli esempi) decisamente rilevanti della nostra cinematografia. La scrittura è, comunque, una fase ancora lontana dal concretizzarsi… per ora è solo il momento dello studio e della ricerca.