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Voto: 5/10 Titolo originale: Loro 1 , uscita: 24-04-2018. Regista: Paolo Sorrentino.

Loro 1: la recensione del film diretto da Paolo Sorrentino

24/04/2018 recensione film di Giovanni Mottola

Come 'Il Divo', l'atteso film su Silvio Berlusconi risulta privo di ogni valore storico e si riduce a un 'La Grande Bellezza' più scadente. Una farsa senza graffio che, in attesa delle seconda parte, rischia di aver già deluso tutti con la prima

Fin dal titolo del nuovo film di Paolo Sorrentino, Loro (diviso in due parti distinte, Loro 1 e Loro 2, in uscita rispettivamente il 24 aprile e il 10 maggio), si capiscono due cose. La prima è che non vuol trattare esclusivamente di Silvio Berlusconi, ma anche di tutti coloro che appartengono alla sua corte dei miracoli o aspirano ad entrarvi. La seconda, è che il regista napoletano tiene a marcare il più possibile la sua lontananza da questo mondo. Perlomeno questo è l’effetto che fa, pur essendo l’espressione usata da una delle “ragazze pronte a tutto” per individuare gli uomini di potere, esattamente come Berlusconi viene sempre definito “Lui” e non compare né viene chiamato per nome per oltre un’ora.

Un tempo durante il quale il vero protagonista è un piccolo ma ambizioso imprenditore pugliese di nome Sergio Morra (Riccardo Scamarcio) che si fa strada offrendo ragazze e cocaina ai potenti e briga per arrivare a Lui, anche grazie all’aiuto della supponente soubrette Kira (Kasia Smutniak), già entrata nelle Sue grazie.

Per un’ora, Loro 1 è una sorta di lunga orgia, tra signorine di facili costumi, uomini di potere mezzi scemi e qualche figura surreale tipo un personaggio molto potente che nessuno ha mai visto in volto e tutti chiamano Dio (“perché so perdonare” dice lui). Morra affitta per l’estate una villa in Sardegna proprio di fronte a quella di Berlusconi e vi porta la sua batteria di ragazze.

E’ a questo punto che arriva in scena Silvio (un macchiettistico Toni Servillo, dall’assai improbabile parlata milanese), il quale per ora non entra in contatto con tutto ciò ma rimane in una dimensione domestica nel suo buen ritiro di Villa Certosa in compagnia di Veronica Lario (Elena Sofia Ricci) e del nipotino, a parte una fugace uscita pubblica a Roma in compagnia di una bionda che lo chiama “Papi”. L’unico collegamento tra i due contesti è l’incontro con il suo ex ministro Santino Recchia (Fabrizio Bentivoglio), che trama per fargli le scarpe ma è coinvolto fino al collo con la moglie di Morra, che lo ricatta.

Con il loro nome vero, oltre a Silvio e Veronica, appaiono soltanto i defilati Mike Bongiorno (Ugo Pagliai) e Marinella (Michela Cescon), la storica segretaria. Ma nonostante il paravento delle classiche formulette (“ogni personaggio o fatto di questo film …”), debitamente riadattate al caso specifico, e all’inusuale ricorso ad una frase di Giorgio Manganelli (“Tutto documentato. Tutto arbitrario”) utilizzata in forma di esergo, gli attori incarnano figure reali e ben riconoscibili.

La più marcata è quella di Gianpaolo Tarantini, poi condannato per induzione alla prostituzione della quale Berlusconi fu, secondo la definizione del suo avvocato, “l’utilizzatore finale”. I contorni degli altri appaiono più sfumati, come se Paolo Sorrentino avesse voluto mescolare in uno solo caratteristiche di svariate figure del mondo di Silvio. Kira per esempio ha molto di Sabina Began, colei che raccontava di esserne stata la fidanzata dopo la rottura con Veronica e finì poi condannata nel medesimo processo di cui sopra.

Al tempo stesso, la sua partecipazione al Bagaglino farebbe pensare ad Aida Yespica, considerata a quel tempo molto vicina al Presidente, e un suo riferimento a un tal Fabrizio (Corona?) lascerebbe intendere qualcosa di Belen. Lo stesso vale per il ministro Recchia, che fa di Berlusconi l’ispiratore di adoranti poesie (e questo è Sandro Bondi), ma poi cerca di soffiargli la leadership del centrodestra e finisce ricattato per la sua passione per le donne (e le cronache non hanno mai riportato nulla di tutto ciò a suo riguardo). L’assunto di fondo di Paolo Sorrentino in Loro 1 è che per raccontare per bene il mondo di Berlusconi si debba fare un frullato di politici, puttane, puttanieri e traditori, non attribuendo a nessuno una particolare personalità non avendola essi nella vita reale.

Glielo si può concedere perché questa non è una biografia in senso classico, naturalmente: per essa sarebbe servito un autore sgobbone, che frugasse archivi e si attenesse a precisi dati storici. Il regista lavora da artista, procedendo per suggestioni che trovano la loro forza nell’immagine, confidando che esse costituiscano un alibi per ogni sorta di debolezza di sceneggiatura. Con quella bocca, pardon, con quella macchina da presa può dire ciò che vuole. Ma anche accettando il fatto che, in luogo del vero, non vi sia soltanto il verosimile ma anche l’inverosimile (il domestico che, alla domanda di Silvio Berlusconi su cosa contenga un sacco nero da spazzatura, risponde: “D’Alema”), bisogna considerare che Sorrentino si è fatto carico di una responsabilità che non ha saputo assolvere, forse per non averne nemmeno preso coscienza.

Persino Giulio Andreotti, che non querelò mai nessuno e accettò sempre di buon grado imitazioni, vignette e ogni tipo di sarcasmi sulla sua persona, non potè evitare di definire pubblicamente “una mascalzonata” Il Divo nel 2008, del quale deplorò le menzogne e ancor più le frasi da lui realmente pronunciate, ma ricostruite fuori contesto. Lo stesso accade con Berlusconi, fin dalla sua comparsa in scena in Loro 1, quando rivolge a Veronica gli auguri di buon compleanno travestito da danzatore berbero.

La scena si svolse veramente, ma a Marrakech, e fu per lei una vera sorpresa. Non una pagliacciata come sarebbe stato se fosse davvero avvenuta a Villa Certosa, dove era presente solo il consorte. Andreotti sapeva benissimo che a differenza delle malignità caduche riservategli da giornali e televisioni, quelle provenienti dal cinema sarebbero rimaste a futura memoria, lasciando di lui, una volta scomparsi i suoi contemporanei, un ricordo falso o perlomeno parziale.

Questo succede quando si scrive una pagina di storia prendendo a protagonisti quei personaggi che ancora occupano quelle di cronaca, non permettendo al tempo di far maturare su essi un giudizio più completo e più sereno. Paolo Sorrentino tratta ora con la medesima superficialità Silvio Berlusconi, con la differenza che oggi non è più il regista con i calzoni di corti di allora, che poteva permettersi le marachelle. E’ ormai un Premio Oscar i cui film sono guardati con attenzione dal mondo intero, alle prese con un soggetto sull’italiano più famoso a livello internazionale negli ultimi vent’anni.

Egli aveva quindi il dovere storico di offrire un’immagine completa su Berlusconi, sia nel bene che nel male. Un film che lo sceglie per protagonista non può parlare soltanto di Tarantini per tutta la prima ora, come se a questo soltanto egli fosse assimilabile, nè può raccontare esclusivamente il Berlusconi e il berlusconismo del 2006, come fa Loro 1, fingendo che nulla d’altro vi sia stato prima e durante.

Non compare Fedele Confalonieri, l’amico di una vita, se non in un pettegolezzo tra squinzie che lo definiscono “l’unico che gli dà del tu, neanche Adriano Galliani” (il che, per inciso, non è vero perché la maggior parte degli artisti che hanno lavorato agli inizi nelle sue televisioni gli si rivolgono con il tu). Non compare Milano, luogo dove Silvio è nato come uomo e come imprenditore. Ma la cosa più clamorosa è che in questo film su Berlusconi non compare davvero neanche Berlusconi.

Nonostante la sua notorietà, Sorrentino e il suo sceneggiatore Umberto Contarello dimostrano infatti di non conoscerlo affatto, proponendone la caricatura che di lui avrebbe potuto fare chiunque. Non un uomo grandissimo nelle cose buone e in quelle cattive, che ha segnato un’epoca sconvolgendone (in peggio) i costumi e ha fatto della capacità di sedurre il prossimo la sua carta vincente, ma un personaggetto che si prende lezioni di cultura e di etica da un calciatore (!) in visita a casa sua (“Vieni al Milan: avrai tutto” “Tutto non è abbastanza. Voglio andare alla Juventus perché l’Avvocato Agnelli era un uomo elegante”).

Troppo lontani dal suo mondo, gli autori non hanno avuto la pazienza, la voglia nè l’umiltà di approfondirlo, rinunciando così alle sfumature acconce e accontentandosi di realizzare una “Grande Bellezza” alla brianzola. Paolo Sorrentino voleva parlare del Lato B, inteso come il racconto della personalità e dello stile più segreto di Berlusconi; invece ha infarcito la pellicola del lato b delle frequentatrici di Arcore creando niente di più del Lato B de La Grande Bellezza, rispetto alla quale Loro 1 è la versione scadente.

Un film sulla degenerazione degli uomini di potere e della società che li circonda che non ha nulla di nuovo da dire rispetto al film precedente che, a sua volta, era la versione rinnovata delle intuizioni di Federico Fellini. Preso atto della sua debolezza sul versante storico, bisogna dunque replicare il discorso per quello cinematografico e concludere che Sorrentino ha girato una sorta di farsa annacquata e priva di graffio, dove l’efficacia delle battute proviene quasi tutta dallo stesso Silvio Berlusconi (le migliori sono quelle che egli pronunciò veramente) e le immagini sono prive di quelle potenza onirico-surreale dei suoi ultimi lavori.

La forza di Loro 1 non può risiedere nemmeno nella creazione di aspettative su ciò che potrà accadere in Loro 2, perché tutto è già ampiamente prevedibile. In ogni caso, tale tecnica sembra più adatta alla serialità televisiva che a una sala dove il pubblico deve pagare il doppio per continuare a guardare qualcosa che potrebbe averlo già deluso dopo la prima metà. La suddivisione in due parti risponde a logiche non artistiche ma commerciali, dunque paradossalmente molto berlusconiane, ma potrebbe essere stata un autogol se gli spettatori, dopo aver visto la prima, ne diserteranno la seconda.

I conteggi si faranno dopo il 10 maggio, ma fin d’ora fatichiamo a capire a quale pubblico piacerà questo film. Poco agli amanti dello stile Sorrentino, che rimane un po’ ai margini e si limita a qualche trovatina surreale punteggiata dagli animali che il regista è solito inserire per spiazzamento (la pecora a Villa Certosa, il rinoceronte e il topo che corrono per le strade di Roma). Ancor meno agli amici di Silvio Berlusconi, che si seccheranno nel vederlo sminuito del suo talento d’imprenditore oltrechè della sua centralità politica e ridotto al ruolo di barzellettiere e libertino; per nulla, infine, ai suoi nemici, che avrebbero gradito ben altre staffilate circa i suoi costumi, i problemi con la giustizia e i risvolti poco chiari della sua biografia e finiranno per considerare questo film un’occasione perduta.

L’unico totalmente soddisfatto potrebbe essere proprio l’ex Premier, felice di poter dare ancora di sé, nel 2018, un’immagine brillante: riferita al passato e certamente un po’ clownesca, ma in ogni caso migliore di quella di uomo bolso e in difficoltà che offre oggi. Al dunque, Paolo Sorrentino potrebbe aver girato quel che nemmeno Lui sarebbe arrivato a immaginare: il film ad personam.

Di seguito il trailer ufficiale di Loro 1: