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Voto: 5/10 Titolo originale: A Wrinkle in Time , uscita: 08-03-2018. Budget: $103,000,000. Regista: Ava DuVernay.

Nelle Pieghe del Tempo: la recensione del film fantasy di Ava DuVernay

17/03/2018 recensione film di William Maga

Storm Reid è la giovane protagonista di una trasposizione sommaria e confusa, incapace di sfruttare il cast a disposizione o anche solo di valorizzare l'aspetto fantasy del coming of age

nelle pieghe del tempo film 2018

Cinquantasei anni. Questo è stato l’intervallo di tempo necessario a trasformare Nelle Pieghe del Tempo (A Wrinkle in Time), pluripremiato e complesso romanzo fantasy del 1962 della scrittrice Madeleine L’Engle in un adattamento cinematografico. Non che il libro non sia mai stato tradotto prima dalle pagine cartacee allo schermo. Forse qualcuno ricorda infatti Viaggio nel mondo che non c’è del 2003, film TV sempre made in Disney criticato dall’autrice stessa, specie per le molte differenze con l’opera originale. E anche questa volta non si può dire che il risultato sia stato centrato, anzi.

Meg (Storm Reid) è un’adolescente problematica un tempo molto legata al padre astrofisico, Alex (Chris Pine). Spinto ad esplorare le meraviglie della mente, che a suo modo di vedere sarebbe la chiave per aprire dimensioni alternative, Alex scompare improvvisamente, lasciando la sua famiglia, tra cui la moglie Kate (Gugu Mbatha-Raw) e il figlio più giovane, Charles Wallace (Deric McCabe), senza la minima idea su dove potrebbe essere finito. Bullizzata a scuola e sconfortata, Meg si sente una reietta, ma le viene offerta una straordinaria possibilità di uscire da questo stato di costante tristezza quando tra misteriosi esseri soprannaturali, le Signore Cosè (Reese Witherspoon), Chi (Mindy Kaling) e Quale (Oprah Winfrey) le si manifestano, offrendole aiuto per una missione di salvataggio intesa a recuperare Alex , lontano da ormai quattro anni.

Insieme a Calvin (Levi Miller), un suo vicino di casa, Meg e Charles Wallace usano il potere di un tesseract per piegare lo spazio e il tempo, entrando in un nuovo regno magico minacciato da un’entità oscura e implacabile conosciuta come LUI. Sapendo di dover trovare il coraggio per affrontare i pericoli che si pareranno sicuramente sulla strada, Meg impara così a far affidamento sul proprio spirito e la propria intelligenza, imbarcandosi in un fantastico viaggio multi-dimensionale.

Ora, la prima versione per il grande schermo di Nelle Pieghe del Tempo dovrebbe offrire più di un motivo per festeggiare. Non soltanto è entrato infatti nella storia come primo film ad alto budget (103 milioni di dollari, per la precisione) diretto da una donna afro-americana, ma presenta anche un cast variegato, che include i giovanissimi  Reid e McCabe, star in rampa di lancio, accanto a volti familiari e amati dal pubblico come la Winfrey, la rediviva Witherspoon e Pine.

La Disney stessa, ha un po’ a sorpresa deciso di scommetterci pesantemente, investendo in una imponente campagna marketing, anche se i trailer diffusi nei mesi scorsi non hanno fatto altro che sollevare dubbi e storcere nasi preventivamente. Tuttavia, in molti confidavano proprio sulla mano di Ava DuVernay, specie dopo l’acclamato Selma – La strada per la libertà del 2014. Sfortunatamente, Nelle Pieghe del Tempo è sostanzialmente ai limiti dell’indescrivibile per quanto raffazzonato, didascalico e confuso e ciò è particolarmente sorprendente, data l’alta reputazione di cui gode(va) la regista.

Quindi, cosa è andato storto? Beh, gran parte dei problemi sono riconducibili alla trama strizzata in 108′ messa insieme piuttosto a casaccio da Jennifer Lee (Frozen) e Jeff Stockwell. Se esiste una regola fondamentale quando si realizza un’avventura fantasy, è innanzitutto di trovare il modo per il film di far sì che lo spettatore si metta comodo e in breve sospenda la sua incredulità, immergendosi completamente nell’immaginifico e in-credibile mondo che si è creato. Invece, già la presentazione delle tre ‘Signore’ è tristemente meccanica.

Invece di dipingerle come personaggi con una qualche consistenza (sono pur sempre esseri magici, uno dei quali alto 10 metri …), si preferisce puntare sui loro coloratissimi costumi, sulle pettinature insolite e sul pesante e ‘sviante’ trucco di labbra e occhi. Uno spreco del talento dimostrato altrove delle tre attrici, qui ridotte a cosplayer in visita dalla Convention annuale dedicata a Il Mago di Oz.

Tematiche portanti come lo scontro tra la luce e l’oscurità o l’importanza di accettarsi per come si è – difetti inclusi – sono tutte eccessivamente semplificate o, all’opposto, assolutamente ridondanti, al punto di perdere del tutto la loro forza. E anche immaginando che Nelle Pieghe del Tempo voglia rivolgersi a un pubblico moooolto giovane (e gli diamo il beneficio del dubbio che sia proprio così), c’era davvero bisogno di ridimensionarlo intellettualmente fino a questo punto? Poi, ci sarebbe la trama principale che coinvolge la ricerca di Meg del padre scomparso. Nonostante i mondi fantastici e i vari ostacoli che la ragazzina deve affrontare, la posta in gioco appare tutto sommato piuttosto bassa, tanto da rendere l’avventura complessivamente molto più banale di quanto il fattore di stupore venduto dai trailer aveva lasciato intendere.

Gli effetti speciali in pesante CGI usati ad esempio per dare vita al pianeta dei fiori senzienti di Uriel, alla trasformazione della signora Cosè dalla forma umana a quella di una creatura volante che assomiglia a un fascio di foglie di verza o alla scena del gigantesco tornado, sono – senza strafare – piuttosto spettacolari, ma anche visivamente vuote, poichè è difficile trovarsi coinvolti emotivamente da esse, a causa del modo in cui si è deciso di narrare la vicenda.

Mancano passione e sentimenti profondi in Nelle Pieghe del Tempo, le svolte narrative sono fredde e casuali (si pensi al Medium Felice di Zach Galifianakis), non organiche, con la partecipazione di Kate al racconto stranamente marginalizzata (e delle cui ricerche sensazionali assieme al marito sappiamo ben poco), mentre la traumatica esperienza scolastica di Meg è descritta ai limiti del cartoonesco, con l’introversa adolescente accerchiata dalle solite ‘mean girls’ ormai cliché da decenni.

Anche la recitazione è ugualmente erratica. Storm Reid è difficile da decifrare nel ruolo. Tanto quanto Meg è emotivamente ‘spenta’ nel mondo reale, l’attrice rimane ugualmente piuttosto impassibile anche quando deve agire nel corso del suo coming of age. Sempre meglio il profilo basso dell’overacting, certo, ma un’interpretazione del genere non può che impedire la nascita di un vero legame emotivo con lo spettatore.

E a dirla tutta, non c’è un singolo protagonista nel film che porti ad affezionarsi a lui, primo tra tutti il saccentello Charles Wallace (non certo aiutato dall’irritante doppiaggio …), il che è doppiamente frustrante vedendo da un lato i nomi coinvolti e dall’altro che la morale della storia è l’importanza di scegliere l’Amore piuttosto che l’Odio.

La pellicola sembrerebbe poi destinata a decollare una volta innescato in qualche modo il misterioso tesseract – no, Ultron o gli Avengers non appaiono … -, ma Ava DuVernay dimostra di non avere l’esperienza necessaria per trasformare le immagini descritte dalla sceneggiatura – o dal libro – in un evento grandioso, almeno per gli occhi, faticando per armonizzare il lato fantastico e gli svariati messaggi di fondo. La sua transizione da regista di cinema indipendente al blockbuster multimilionario non si può dire sia stata una mossa felice. È persino difficile credere che dietro all’incerta direzione del film ci sia la stessa mano che ha diretto Selma, pur coi dovuti distinguo di genere.

Nelle Pieghe del Tempo sembra più che altro un greatest hits del romanzo della L’Engle, che pesca alcuni dei momenti più salienti su carta solo per poi non farceli gustare, grazie anche alle peculiari ‘scelte creative’ della DuVernay, come l’impiego di composizioni stravaganti e l’abuso di primissimi piani che diluiscono la grandiosità delle immagini, oltre all'(ab)uso di canzoni pop (Beautiful di Christina Aguilera sarebbe stata perfetta, ma clamorosamente manca dal mazzo), che dona al tutto un’aria para-televisiva (pensate al recente Emerald City, per dirne uno).

In definitiva, tanti bei presupposti sprecati e appiattiti, per veicolare reiteratamente messaggi edificanti costruiti su sequenze randomiche e sentimentalmente sterili. E se pensiamo che Ava DuVernay era stata in lizza per la regia di Black Panther, poi finito in mano a Ryan Coogler coi grandi risultati che sono sotto gli occhi di tutti, il momento di gioia per il pericolo scampato è breve, visto che è notizia fresca che la Warner / DC le ha appena affidato l’adattamento di New Gods.

Di seguito il trailer italiano di Nelle pieghe del Tempo, nei nostri cinema dal 29 marzo: