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Voto: 5/10 Titolo originale: Resident Evil: The Final Chapter , uscita: 23-12-2016. Budget: $40,000,000. Regista: Paul W. S. Anderson.

Resident Evil: The Final Chapter | La recensione del film di Paul W. S. Anderson

08/02/2017 recensione film di Alessandro Gamma

Il nulla fatto a sceneggiatura condanna Milla Jovovich a salutare nel peggiore dei modi la saga che l'ha resa celebre

Milla Jovovich RESIDENT EVIL: THE FINAL CHAPTER.

Eccoci arrivati all’atteso (?) atto finale della saga cinematografica di Alice, Resident Evil: The Final Chapter. Per fugare subito qualsiasi dubbio in merito, diciamo che nemmeno il più devoto dei fan della protagonista potrebbe riconoscere questo film come lontanamente degno della chiusura della serie. Abbandonate dunque ogni speranza e pregate per una conclusione rapida di quello che vedrete (specie se in 3D) – benvenuti nelle profondità più buie dell’Inferno del fanta-horror mainstream.

ResidentEvilTheFinalChapter.jpgL’ ‘ultimo’ chiodo nella bara del franchise del regista e sceneggiatore Paul W. S. Anderson si apre con Alice (Milla Jovovich) che risorge da un bunker di Washington coperto di detriti. Nulla a quanto pare è rimasto in piedi della roccaforte costituita dalla fu Casa Bianca che lei aveva cercato di difendere, ma non c’è tempo per una visita guidata della città perchè, prima di rendersene conto, Alice viene contattata dalla Regina Rossa, che le rivela la clamorosa esistenza di una cura globale al Virus-T. L’eroina ha 48 ore per raggiungere di nuovo Raccoon City, infiltrarsi nell’Alveare e recuperare il supposto antidoto (che si diffonderebbe per via aerea), altrimenti le ultime zone sicure del globo saranno distrutte per sempre. Riuscirà dunque a cambiare il destino apocalittico della Terra? O l’eterno ritorno del Dottor Isaacs (Iain Glen) intralcerà con successo (…) l’operato della nostra paladina?

Bene, ecco una domanda migliore – ha davvero una qualche importanza?

Cercare di comprendere le motivazioni e i dispositivi dietro alla trama di The Final Chapter è come essere bloccati in un tornado di livello F5 ricolmo di non-morti mutanti, sparatorie ed esplosioni. Ad Alice potrà pure esser stata assegnata una missione semplice e definitiva, ma la sua traiettoria è alimentata soltanto da sequenze action ispirate dalla ADHD [sindrome da deficit di attenzione e iperattività]. Non c’è un solo secondo della pellicola che dimostri l’ipotetica esistenza di una sceneggiatura, in quanto la sua collezione caotica di scene ricche di CGI spruzzate di sangue e ipercinetiche mette in ombra qualsivoglia sviluppo, storia e scorrimento. Lo guarderete con soggezione mentre una “ragazza dai capelli corti” fugge dai demoniaci cani da guardia (aka Cerberi) in computer graphic, o mentre il “Thin Man” (è davvero accreditato così) muore di una morte di cui a nessuno importa minimamente. Siamo davanti al quinto sequel di cui si aveva timore – apparizioni senza senso e forsennate di zombie, senza un filo di integrità cinematografica.

Anzi no, c’è un’unica motivazione – Alice deve salvare il mondo. La sua resurrezione in stile araba fenice dalla ceneri della Capitale statunitense porta a un’interazione immediata con la Regina Rossa, che le annuncia che un’unica fiala può mettere la parola fine su un’intera saga per lunghi tratti meritevole di oblio. Niente di meglio di un’incredibile coincidenza che rivela un singolare mezzo per così tanti fini. Non si fa alcuna menzione a personaggi apparsi in passato come Jill Valentine, Ada Wong o Leon Kennedy. Nessun riferimento ad altre battaglie che forse si stanno tenendo altrove. Bastano soltanto Alice e un ologramma al computer (interpretato da Ever Gabo, vera figlioletta della Jovovich e di Anderson), eventualmente affiancate da Claire Redfield (Ali Larter), perché naturalmente ci deve essere almeno un volto familiare come spalla – ma anche così, Claire è un fantasma perso in mezzo a ribelli senza nome che esistono esclusivamente come foraggio gratuito per il bodycount. Un film tanto esile non può permettersi di non riprendere fiato, ma il distopico e impazzito spot pubblicitario per la BMW girato da Anderson procede a un ritmo anestetizzante e poco coinvolgente.

resident evil final millaQuando poi il Dottor Issacs (che rivela come dietro alle motivazioni della Umbrella ci sia un incredibile quanto sconcertante progetto eugenetico di super-cristiani) si abbatte su un grattacielo in rovina di Raccoon City, RETFC mette in mostra i suoi peggiori attributi. Alice si inerpica in cima alla struttura, dove la squadra di sopravvissuti di Claire è barricata. Ci sono il medico Doc (Eoin Macken), un tizio chiamato Razor (Fraser James), il meccanico Abigail (l’incredibilmente anonima Ruby Rose), il duro Christian (William Levy) – ovvero, personaggi generici la cui personalità è definita dal soprannome. Questi quattro disperati (sopravvissuti non si sa come per 10 anni) sono i compagni di Alice nella battaglia, mentre Issacs guida un’orda di non morti verso l’ingresso della loro roccaforte, ossia un provvidenziale ponte levatoio. E qui viene il bello. A pochi metri dall’insediamento, il villain abbaia l’ordine di “liberare l’esca.”

Una donna viene così spedita di corsa verso l’entrata chiusa, inseguita da centinaia di voracissimi infetti e Alice – che nel frattempo è diventata il capo dell’allegra brigata – cosa fa? Replica di abbassare il cancello per farla entrare. Avete capito bene – la veterana Alice rischia un’intera colonia di vite solo per salvarne una, senza contare che si tratta palesemente di una trappola, col solo fine di permettere agli zombie di fare irruzione. Poi, in rapidissima successione, i non morti vengono letteralmente inondati dall’alto di benzina a cui viene dato fuoco, alcuni combattenti cercano di tenere in piedi alcune fragili cancellate, una donna senza nome muore in super-slow motion come a voler indicare qualcosa di incredibilmente significativo che ci stiamo perdendo e Christian fa a fette alcune teste di zombie, perché lui è il “ragazzaccio” del gruppo. Cosa diavolo sta succedendo? Decisioni senza senso, morti senza senso e assolutamente zero investimento oltre a un soffocante spettacolo mainstream. Anderson sembra quasi troppo immerso nel suo materiale, ma invece di scriverne la sua salvezza, punta tutto su scene d’azione casuali che servono da mere distrazioni. Abbaglianti, insignificanti distrazioni.

Resident Evil: The Final Chapter Ali LarterResident Evil: The Final Chapter appare superficiale in così tante occasioni, e per tali stupide ragioni da lasciar basiti. Prendete Albert Wesker (Shawn Roberts) per esempio. L’esperto assassino che rappresenta l’unico nemico degno di Alice. La sua ricomparsa dovrebbe star a significare un’epica resa dei conti nelle profondità dell’Alveare, quasi sicuramente verso gli ultimi minuti, giusto? E invece no, la sua avventura finisce in un modo ben più sorprendentemente mediocre. O della mega rivelazione del film che riguarda proprio la protagonista.

Perché tenerle nascosti alcuni dettagli spacciandoli per segreti inconfessabili fino al momento insensatamente rivelatore? Tutta la pellicola è un’operazione commerciale sordida priva di implicazioni sociali (l’ennesima che consiglia un modo per porre rimedio alla sovrappopolazione della Terra …) e furore senza una visione alle spalle. Pillole da saga organizzata a tavolino confusionarie e a poco prezzo che intende fare cassa sul nulla, appellandosi totalmente al fascino del personaggio principale, senza il minimo entusiasmo e senza la potenza che dovrebbe definire questo genere. Guarda Alice. Guarda Alice che spara. Guarda Alice che si blocca giusto il tempo necessario perchè Isaacs sbuchi dal nulla e riprenda l’antidoto che sta cadendo. Ecco.

resident evil final chapterRimanendo sugli aspetti negativi, l’azione di Paul W. S. Anderson è scura, frenetica e senza ispirazione addirittura per un film di Resident Evil. La sequenza – che si vede anche nei vari trailer – in cui la Jovovich riempie di botte un gruppetto di sicari della Umbrella potrebbe essere considerata “divertente” – perché lei è appesa a testa in giù da un ponte per una caviglia – ma la maggior parte delle sequenze si focalizzano tristemente sulla carneficina zombie spesso e volentieri fuori fuoco.

Milla Jovovich fa sempre il suo dovere, ma una cornice così sfavillante manca dell’appeal pratico che tali creature mostruose meriterebbero. Che siano enormi bestie piene di zanne e fasci di muscoli o cagnolini assetati di sangue con le gabbie toraciche a vista – tutti sono resi senza troppa vitalità (anche per dei non-morti). Si tratta di una saga che ha perso il suo senso dell’intrattenimento, con scontri mortali che ora puzzano di carne decomposta e di ripetitività senz’anima. Provate a tornare indietro e riguardate l’intensità del primo Resident Evil del 2002 rispetto a questo omogeneo e sovraesposto blockbuster ora indistinguibile da altre pellicole action-horror risibili. Una fine indecorosa.

Dite quello che volete su Resident Evil: Retribution, ma almeno un tentativo lì era stato fatto per mescolare il mondo dei videogiochi con la missione di Alice di debellare il Virus-T. The Final Chapter non fa bene nemmeno il supposto lavoro di fan-service – rigurgita anonimo vomito horror per quasi due ore. Creature mutanti dalla testa di drago volano nei cieli mentre personaggi inutili soffrono di destini ancora più inutili. Perché? Perché in questo modo Anderson può promettere la risoluzione finale, solo per vedere Alice sfrecciare via borbottando su come l’antivirus non possa curare il mondo intero nel giro di una notte (sapete cosa significa vero?). Curiosamente si tratta della stessa nemesi volante con cui si era aperto il film, perché il ciclo non può essere destinato a finire.

Non farlo Paul W. S. Anderson. Accarezza sulla testa Resident Evil e passa oltre – come questo cadavere di lungometraggio basato sulla nostalgia mostra, non c’è più niente per te (o noi) a Raccoon City.

Di seguito il trailer ufficiale italiano di Resident Evil: The Final Chapter, che arriverà nei nostri cinema il 16 febbraio: