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Voto: 6/10 Titolo originale: The Shape of Water , uscita: 01-12-2017. Budget: $19,500,000. Regista: Guillermo del Toro.

La Forma dell’Acqua | La recensione del film di Guillermo del Toro con Sally Hawkins

11/10/2019 recensione film di Marco Tedesco

Sally Hawkins è la principessa della nuova favola dark, tanto impeccabile quanto prevedibile, del regista messicano

The Shape of Water

In una mostra, quella di Venezia 74, dominata da storie di perdenti, diseredati, sconfitti dalla vita e spesso appartenenti a famiglie in crisi di identità e comunicazione, trova sorprendentemente ma coerentemente il suo spazio nel concorso principale anche La Forma dell’Acqua (The shape of Water), fiaba romantica di Guillermo del Toro (Crimson Peak).

The Shape of Water posterElisa (Sally Hawkins) è una ragazza dolce e silenziosa, nel senso che non parla perché è muta, ma anche se non lo fosse probabilmente parlerebbe assai poco. Fa l’addetta alle pulizie in un centro di ricerche di quelli in cui non sai mai cosa succeda, ma sai che qualcosa di grosso succede, e probabilmente è meglio continuare a non sapere cosa. Vive in un piccolo mondo antico dalle fattezze art nouveau, fatto di routine e sicurezza, di gesti ripetuti e abitudini consolidate che creano una malinconica e solitaria comfort zone.

Elisa ha due amici, un illustratore anziano e omosessuale (Richard Jenkins), di cui si prende cura perché lui ha perso lo smalto alla vita insieme con i capelli ed il lavoro, e una donna afroamericana di mezza età e sovrappeso (Octavia Spencer), che parla per due e mastica la vita per poi risputarla con il piglio di chi ne ha vista sempre una più di te, una di quelle a cui non ti azzarderesti a dire nulla di poco simpatico.

Elisa vive nel favoloso mondo di Amelie Poulain, solo che anziché Parigi è Baltimora, ma i vecchi cinema sotto casa sono lì, le decorazione ossessive compulsive sono lì, la masturbazione come atto da ottemperare è lì, il malinconico vuoto molto ben infiocchettato è insomma tutto lì, virato d’un verde giusto un po’ più paludoso. Nel favoloso mondo di Elisa però c’è un elemento in più, una variabile insospettabile che scompagina e fa deragliare la sua routine: il mostro della laguna nera (Doug Jones).

Già, proprio la creatura anfibia umanoide delle pellicole di Jack Arnold degli anni ’50. La fascinazione e l’amore di del Toro per il cinema di Arnold è cosa nota, tanto che circa una quindicina di anni fa il buon Guillermo è stato a un palmo dal girare una sua rivisitazione del classico Universal, allorquando la major stava pensando di far rinascere il suo ciclo mostruoso, cosa che come ben sappiamo sta per fare proprio di questi tempi. Non se ne fece nulla, ma evidentemente l’idea deve essergli rimasta nel cassetto per un po’ ed ora è venuto il momento di tirarla fuori.

Un’idea che è lontana da quel che ci si potrebbe aspettare, perché sebbene il classico del 1954 già conteneva, come del resto l’antesignano King Kong, i prodromi di una love story interspecie, qui il regista messicano innesta con la forza dell’Amore le radici stesse del suo film, che assume solo parzialmente i contorni di un fantasy d’azione e suspense.

the shape of water del toroIn questo risiede il pregio e al contempo il limite dell’intero La Forma dell’Acqua. Se da un lato infatti, Guillermo del Toro si dedica a costruire una storia di scoperta emotiva e dramma della perdita capace di dare un senso a vite spente e solitarie in grado di incontrarsi nelle reciproche diversità, dall’altro lo fa affidandosi a uno schema classicissimo che non lascia spazio ad approfondimento e progressione, che si focalizza sulla potenza curativa del sentimento posto come elemento immanente e autogeneratosi dal nulla. Il più classico degli amori utili a riempire vuoti, poco importa di chi e perché ci si innamori.

Classico, prevedibile e senza sussulti è anche lo svilupparsi delle vicende, ma cosa più importante lo è la confezione, la scatola regalo, il modellino ricostruito di un mondo sognato e sognante che seppur ottimamente disegnato, con la solita spasmodica attenzione al dettaglio, non è altri che qualcosa di già visto, come si partecipasse a un sogno collettivo e imposto da cui ormai ci si risveglia senza neanche più il dispiacere. Interessante è però il modo in cui del Toro decide di filmare il suo piccolo favoloso mondo. La sua è una regia fluida, fatta di movimenti di macchina plastici, inquadrature che partono da primi piani per poi spostarsi dolcemente, allargandosi in carrellate dall’andamento curvilineo, un approccio per nulla banale e finanche elegante.

In definitiva, La Forma dell’Acqua è un film discreto, buono per le famiglie e le lettrici di romanzi rosa, ottimo per la seconda serata di un canale televisivo generalistico (qualcuno ha detto Rete 4?). Non sbaglia praticamente nulla e non eccelle in niente, è un cinema efficace nel fare quel che vuole, ma sostanzialmente innocuo.

Di seguito il trailer di La Forma dell’Acqua / The Shape of Water, che arriverà nei cinema italiani il 14 febbraio 2018: