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Titolo originale: The Strange Ones , uscita: 05-01-2018. Regista: Christopher Radcliff.

Recensione | The Strange Ones di Christopher Radcliff e Lauren Wolkstein

08/01/2018 recensione film di Sabrina Crivelli

James Freedson-Jackson e Alex Pettyfer sono i protagonisti di uno straniante viaggio sospeso tra realtà e oscuro dominio della mente

Denso di atmosfera e straniante, The Strange Ones, scritto e diretto da Christopher Radcliff e Lauren Wolkstein, nell’errabondare attraverso le sterminate lande americane delinea un doloroso cammino psicologico che conduce a verità truci e inconfessabili.

Dilatato e ansiogeno, il racconto è incentrato su un giovane protagonista, Sam (James Freedson-Jackson), in viaggio con quello che all’apparenza dovrebbe essere il fratello, Nick (Alex Pettyfer). Narrazione enigmatica e soggettiva, sin dalle prime sequenze, però, sia il ragazzo che l’adulto paiono nascondere un terribile segreto, che tormenta soprattutto l’adolescente il cui sonno è pervaso da in inquietanti incubi. Tuttavia il loro erratico procedere è solo un escamotage per esplorare altro, a partire dall’epicentro stesso della diegesi: l’inafferabile natura di Sam e il suo stretto legame con Nick, figura oscura e indefinita, che ha in sé qualcosa di sinistro.

The Strange Ones è anzitutto profondamente disturbante, non tanto per la presenza di scene particolarmente scioccanti (anche se qualche immagine forte è presente, come un volto ricoperto di sangue), quanto per la capacità di trasmettere allo spettatore un senso di ansia, quasi per immedesimazione con il silenzioso e introverso protagonista. Viene allora sviluppato un crescendo nel cammino labirintico della coppia di viaggiatori attraverso una successione di luoghi su cui incombe un pericolo strisciante e intangibile. Prima incarnato dall’elemento umano, esso si diffonde poi quale fantasmatico Male all’intera realtà circostante, divenendo così la proiezione d’una totalizzante angoscia, che dall’interno, dalla psiche, si espande ovunque intorno a Sam, fino a portare alla confusione tra reale e mentale. Ogni elemento della sfera sensibile, allora, rimanda ad altro, dalla distesa di alberi nella boscaglia, al capanno sperduto in esso, alla grotta buia e profonda, alla strada, al cielo tutto ha un implicito valore archetipico e rimanda ad altro, a fantasmatici emisferi, in un processo di significazione da film horror. Intensifica altresì tale declinazione orrorifica e surreale la regia, a partire dalla successione di campi lunghissimi con cui sono catturati i paesaggi o i personaggi da lontano e che vengono resi con una fotografia latamente sfumata, quasi a conferirgli un senso onirico o di irrealtà. Non solo, concorre a edificare il medesimo sentore il montaggio, che traduce l’alienazione del soggetto inframezzando frammenti di ricordi al presente, nonché il mentale al tangibile, disorientando in tal maniera il pubblico.

Il film si potrebbe quasi dire lynchiano e affine in qualche modo a Inland Empire – L’impero della mente nel delineare il rimosso attraverso un freudiano transfert, seppur quivi la sua concretizzazione nelle sequenze porti a un insieme assai meno sperimentale e contorto. Comunque sia, all’interno del thriller psicologico la narrazione è tutt’altro che lineare, anzi, uno sviluppo vorticoso immerge chi guarda in un mistero sempre più fitto, fino a giungere solo sul finale a una rivelazione disarmante, a un tragico e fulmineo colpo di scena. Similmente, gli eventi che si succedono, solo in parte seguono un iter cronologico e la loro prospettiva è del tutto arbitraria, creando una proficua confusione tra realtà e immaginazione, in maniera tale da sprofondare lo spettatore in un totale detournement. D’altro canto, è proprio l’antropologico l’origine dell’arcano e a celare un recondito doppio, cosicché l’apparenza si discosti nettamente dall’essenza e quanto messo in scena si riveli solo una menzogna, una falsificazione fuorviante. Essenziale ruolo è, per mantenere vivo l’inganno, giocato dall’ottima performance di Freedson-Jackson (in precedenza apparso sul grande schermo in Cop Car di Jon Watts), che riesce a interpretare l’adolescente spaesato e spaventato, eppure comunicare una singolare doppiezza, un che di subdolo e mendace. Allo stesso modo, concorre a costruire l’ambiguità del film Pettyfer (Magic Mike), che all’opposto impersona in teoria la brutale controparte, ma che riesce attraverso la propria recitazione e mimica a conferire anch’egli una buona dose di indeterminatezza al proprio personaggio. Infine, a completare il tutto, sono i dialoghi sibillini e al contempo in un gergo semplice, che risulta plausibile negli scambi verbali di due protagonisti, ma che rimandano ad ambiti ben più oscuri del loro immediato significato.

Benché dunque non smaccatamente demoniaco come altri horror affini per il punto di vista soggettivo e straniante, quali il recente February: L’innocenza del male (The Blackcoat’s Daughter) di Osgood Perkins, The Strange Ones riesce a cristallizzare i fantasmi, le ossessioni e le fobie del giovane protagonista a livello diegetico, visivo, dialettico e recitativo, costruendo un’impalcatura perfetta, la cui unica pecca è stata forse quella di aver lasciato, per non intaccare la volontaria fumosità del racconto, fin troppo indefinite le psicologie dei personaggi che vengono solo abbozzate, ma mai appieno delineate.

Di seguito il trailer ufficiale: