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[recensioni in gondola] Foxtrot / Madre! / La mélodie / Loving Pablo / Vittoria e Abdul

08/09/2017 news di Teresa Scarale

Qualche parola anche su Sandome No Satsujin (The Third Murder), su Jim & Andy: The Great Beyond, su Gatta Cenerentola, su Team Hurricane e su molti documentari e film reasturati

Una carrellata panoramica su molti dei film presentati alla Mostra del Cinema di Venezia di quest’anno, un giudizio sintetico (non una recensione tradizionale quindi), ma funzionale, per capire cosa promuovere o cosa invece bocciare.

Queste le gondolette:

suburbicon damon clooneyFoxtrot di Samuel Maoz è un film di quelli che ti lasciano senza respiro tanta è la loro bellezza. Protagonista del film è quello stato di sospensione che si installa nel doppio binario fra pace e guerra, fra mondo interiore ed esterno, fra padre e figlio, fra destino e destino. Un’opera di confine, a tratti metafisica. Tra i migliori di questa edizione 2017 della Mostra. Applausi anche per il giustamente osannato noir Suburbicon di George Clooney, aiutato nella sceneggiatura – e si vede – dai fratelli Coen. Dimenticabile invece La mélodie di Rachid Hami, semplice storia di buoni sentimenti e musica nella periferia multietnica di Parigi, mentre il documentario Agnelli di Nick Hooker è sostanzialmente un occhio à la Beautiful sul nostro Avvocato Gianni. Niente che l’italiano medio non sappia già, un’infarinatura da rotocalco per la fruizione del pubblico internazionale avvezzo al gossip.

the third murderIntento divulgativo per Victoria e Abdul di Stephen Frears. Con Judi Dench e Ali Fazal, questo film presentato Fuori Concorso racconta “la storia vera” della profonda amicizia senile che legò la regina Vittoria e un servitore musulmano giunto dall’India, con grande scandalo della corte. Tutto esaurito per il capolavoro del maestro Yasujiro Ozu Ochazuke no Aji (Il sapore del riso al the verde), presentato nella sezione Venezia classici – restauri. Allure nipponica vecchio stile anche per Sandome No Satsujin (The Third Murder), compassato thriller di Kore’eda Hirokazu, non privo dell’interesse che possono suscitare mondi a noi culturalmente molto lontani. Il documentario di James Lester Getting naked: a Burlesque Story racconta l’excursus storico di quest’arte e le vicende di varie donne americane che a un certo punto della loro vita hanno deciso di dedicarvisi. Ottantacinque minuti per un docufilm senza infamia e senza lode, fin troppo lungo per la sua sostanza.

Jim & Andy The Great BeyondRisveglio delicato con le dolcezze dell’attesissimo Madre! (Mother!) di Darren Aronofsky. Fanatismo e claustrofobia per l’egocentrico scrittore/poeta Javier Bardem, serafico vampiro di fama e adulazioni malgrado la presenza costante dell’amorevole giovane moglie e musa Jennifer Lawrence, angelo del focolare munito di cazzuola. Loving Pablo di Fernando León de Aranoa, sempre con Bardem e Penelope Cruz, vince il premio per il film più inutile della rassegna: se non si è vista la serie Narcos, questo ne è il pedissequo riassunto. Bellissimo invece il documentario su Jim Carrey, ovvero Jim & Andy: The Great Beyond – the story of Jim Carrey & Andy Kaufman with a very special, contractually obligated mention of Tony Clifton. L’attore canadese emerge in tutta la sua genialità e la sua umanità, strappando molte risate a scena aperta.

gatta cenerentola filmNave a metà fra una discarica e un vascello incantato, la Megaride è ancorata nella città di Partenope. Sirene incantatrici di quegli spazi angusti sono ologrammi azzurri, fuochi fatui di ricordi di un’infanzia remotissima, felice e sicura nelle braccia di un papà armatore e scienziato, la cui gentilezza d’animo gli sarà fatale. Perfidi squali gli nuotano intorno fiutandone il sangue che verserà il giorno delle sue seconde nozze. Dopo 15 anni, la quasi diciottenne Cenerentola si aggira efebica per quei corridoi … Fiaba dark, adulta, tratteggio leggero ma non superficiale di un mondo celato e scomodo, Gatta Cenerentola – in concorso nella sezione Orizzonti – è un esempio felice di animazione italiana. Ogni elemento è calibrato e orchestrato armoniosamente, non ci sono lungaggini e didascalie, anzi: uno dei pregi maggiori del cartone è proprio quello dell’abbozzo, dell’intuito acuito dalle linee celesti degli ologrammi, degli sguardi, delle movenze. Un racconto che sprigiona la poesia estrema della contraddizione.

Team Hurricane, opera prima della danese Annika Berg che potrebbe essere definito uno Snapchat movie: liquido, frammentario e colorato come le scene che lo compongono, a metà fra vlog e mumblecore. Protagoniste, sei policrome millenials.