Home » Cinema » Horror & Thriller » [riflessione] L’evoluzione delle final girl nel cinema horror del 2016

[riflessione] L’evoluzione delle final girl nel cinema horror del 2016

28/12/2016 news di Sabrina Crivelli

Da Lights Out a The Witch, mai come nell'anno che sta per concludersi abbiamo visto protagoniste femminili così divergenti dai soliti stereotipi

Era il 2012 quando un horror piuttosto acuto, Quella casa nel bosco (The Cabin in the Woods) di Drew Goddard decideva di ironizzare sugli stereotipi del genere, in particolare i personaggi ‘tipo’ dei film del terrore e il loro destino all’interno dei possibili scenari, sviluppati in una sorta di esperimento indotto a scapito di cinque ignari studenti. Proprio qui viene indagato un topos essenziale, quello della final girl, l’ultima sopravvissuta agli omicidi di killer umani e non che riesce a sfuggire all’infausto epilogo toccato inevitabilmente a tutti gli altri compagni. Presente in numerosi titoli divenuti col tempo veri cult e/o saghe, quali Scream, Halloween, Alien e così via, la combattiva protagonista in gonnella è stata nel tempo connotata nelle più svariate maniere, dalla tenebrosa Sidney Prescott (Neve Campbell) alla secchiona e schiva Laurie Strode (Jamie Lee Curtis), fino alla combattiva e atletica Ellen Ripley (Sigourney Weaver), molteplici sono state le declinazioni possibili. Ormai maturo e più auto-consapevole, il genere horror è diventato conscio delle proprie convenzioni e, sempre alla ricerca di nuove vie narrative, ha iniziato a essere sempre più smaliziato nel trattare le proprie eroine femminili (e non solo), a strizzare l’occhio allo spettatore-complice, anch’egli a conoscenza della tradizione e dei topoi, nonché a cercare con la sperimentazione di rivitalizzare il precedente modello. Dunque, concentrandoci sulle produzioni dell’anno che sta per finire, sono molteplici quelle interessate dal fenomeno, con un certo riscontro anche in termini di pubblico e critica. Occhio agli SPOILER!

don't breathe alvarez janeAnzitutto ne è un esempio Man in the Dark (Don’t Breathe) di Fede Alvarez (che ha diretto il remake di Evil Dead/La casa) che, seppure non particolarmente memorabile, è stato capace, con un approccio nuovo al sottogenere della home invasion e con un interessante colpo di scena, a ottenere un notevole risultato al botteghino, incassando solo negli Stati Uniti quasi dieci volte il suo budget (89 milioni a fronte di quasi 10 milioni spesi). Nella fattispecie noi ci concentreremo sulla protagonista per nulla convenzionale, Rocky (Jane Levy), che poco incarna la solita terrorizzata donzella-vittima in fuga. Moralmente quantomeno dubbia, siamo di fronte a una giovane delinquente, che svaligia case per tirare avanti; non solo, la ragazza è in pericolo, ma non perché un serial killer perfido la insegue senza motivo, ma perché consapevolmente sta cercando di derubare un cieco, certo non un samaritano, ma comunque un poveretto emarginato che ha perso la figlia, investita da una ragazzetta rimasta impunita. Le azioni e reazioni del proprietario di casa non sono esattamente immotivate e lui fa pena almeno quanto spaventa gli intrusi. Non solo, la nostra “eroina”, per niente innocente, non lascia mai i soldi per cui rischia la vita sua e altrui, finisce per tramortire il vecchio psicolabile e fuggire con il malloppo, sua mira sin dall’inizio. Un sacco di karma negativo insomma…

LIGHTS OUT - TERRORE NEL BUIOSempre un ambiente domestico poco rasserenante determina il carattere di una seconda final girl problematica, Rebecca (Teresa Palmer), ragazza dark che poco più adolescente è scappata di casa al centro di Lights Out – Terrore nel buio (Lights Out) di David F. Sandberg. La deprimente infanzia al fianco di una madre decisamente disturbata – è stata in un nosocomio e sente ‘le voci’ – ha probabilmente portato la protagonista a sviluppare un temperamento piuttosto mascolino, è autonoma, indipendente, non vuole legami o che il fidanzato si fermi a dormire da lei. Persino in caso di pericolo, quando una malevola entità inizia ad attaccare coloro che si trovano nella magione materna, è lei a combattere più del suo compagno, che invece ad un certo punto si dà alla fuga. Infine, è lei ad affrontare la resa dei conti finale con il potente spirito e a fungere da paladino senza paura, sconfiggendo l’avversario e uscendo indenne con un nuovo nucleo famigliare, di cui pare proprio essere il vero leader.

hushAltro caso è riferibile sempre alla già menzionata ‘invasione domestica’. Riprendendo l’impianto di The Strangers di Bryan Bertino, o ancor prima di Funny Games di Michael Haneke, Mike Flanagan ci fornisce in Hush una rilettura moderna e in chiave combattiva dell’assediata nella propria villetta isolata. La differenza più immediata è che oggetto dell’assalto è Maddie (Kate Siegel), una scrittrice non udente, con ciò che ne consegue in termini di evoluzione della trama. La donna, sola e isolata in mezzo ai boschi, diviene dunque il bersaglio perfetto per un maniaco omicida dal volto nascosto (John Gallagher Jr.); tuttavia, a rovinare i piani dello psicopatico è la tempra della vittima stessa: tutt’altro che sottomessa e rinunciataria, anzi in versione di Laurie Strode del nuovo millennio, al posto di affrontare il suo Michael Myers utilizzando a un appendino e un debole gridolio, Maddie ricorre alle proprie abilità inventive – è una romanziera in fondo – e struttura un composito piano per sconfiggere l’intruso mascherato.

the-eyes-of-my-mother-coloriIn ultimo, abbiamo un insieme di personaggi femminili che dietro il loro visino angelico celano un animo decisamente malefico. In primo luogo, esemplifica perfettamente tale categoria Elaine (Samantha Robinson), che nella pellicola di Anna Biller The Love Witch utilizza le arti magiche per conquistare il cuore di un uomo; tuttavia, da dolce e delicata donzella si tramuta presto in malevola forza oscura, dalle connotazioni marcatamente femministe. Poi c’è l’obbediente e reclusa  Francisca (interpretata da Olivia Bond nella versione infantile, da Kika Magalhaes in quella adulta) di The Eyes of My Mother (Qui la nostra recensione) di Nicolas Pesce, che, dopo l’omicidio della madre assassinata da un killer psicopatico, cresce sola con il padre e con il killer stesso, tramortito e incatenato nel fienile. Una volta giunta alla maggiore età, l’esempio materno, un chirurgo nella sua terra natia prima della migrazione, e lo shock dovuto alla cruenta morte della stessa, porteranno la ragazza a un’insana passione per lo smembramento… Infine, uno dei migliori film (nono solo horror) dell’anno, il gotico e atmosferico The Witch di Robert Eggers, ci presenta una giovane, che vive con genitori e fratelli ai margini di un inquietante bosco. Maltrattata in continuazione dalla madre severissima e inizialmente remissiva, dopo che una forza oscura – una strega si crede – s’impadronisce dell’amato fratello e ne viene incolpata, stufa delle vessazioni – e scoperti i cadaveri dell’intera famiglia -, abbandona la spartana casa (e la retta via) e si dirige nella fitta vegetazione, per unirsi a un sabba.