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Titolo originale: Dope , uscita: 22-12-2017. Regista: Rob VanAlkemade. Stagioni: 3.

Recensione (serie completa) | Dope ci guida nello sconvolgente business della droga degli USA

13/02/2018 recensione serie tv di Sabrina Crivelli

Dickon Le Marchant gira la scioccante versione 'real life' di The Wire in esclusiva per Netflix

Alle volte la realtà è più sconvolgente di ogni finzione. Ce lo mostra senza reticenze la docuserie originale di Netflix Dope, un vero e proprio pugno nello stomaco. Lo show britannico costato circa 2 milioni di sterline e diretto con stile secco e realistico, senza nessuna edulcorazione, da Dickon Le Marchant (che aveva già trattato la medesima tematica in Drugs, Inc.), mostra sotto una molteplice prospettiva il dilagare del terrificante fenomeno dello spaccio e del narcotraffico negli Stati Uniti. Ne parlano in prima persona nelle interviste, montate in ritmo serrato, i criminali, i poliziotti e coloro che delle sostanze fanno uso, il tutto non limitandosi a registrare le loro controverse esperienze, ma riprendendo in interni ed esterni anche la disarmante realtà che li circonda, il degrado sociale che immediatamente emerge dai luoghi in cui vivono.

Dope è diviso in 4 episodi, ciascuno ambientato in uno dei centri principali dello spaccio del Nord America, mostrandone un aspetto specifico e, più in generale, il profondo disagio che pervade per intere zone di alcune delle più popolose metropoli. Anzitutto c’è il capitolo incentrato su Oakland, California, che non solo cattura in modo sconcertantemente verace il traffico di cocaina per le strade di alcuni quartieri e la prostituzione a esso connessa, ma mostra un’agghiacciante vera e propria baraccopoli fatta di tende e popolata da centinaia di persone che per qualche ragione sono finite ai margini della società, la sequenza è davvero impressionante. Poi c’è la seconda puntata, decisamente quella che lascia più turbati, che tratta dello smercio di eroina a Baltimora, nel Maryland, raccontato direttamente da uno spacciatore senza scrupoli, ma anche da un drogato che racconta l’origine della sua dipendenza: un incidente sul lavoro curato con un antidolorifico regolarmente prescrittogli da medici che gli ha poi dato dipendenza! Nel terzo episodio viene invece seguito il passaggio del confine da parte dei narcos messicani, con tanto di attraversata illegale e fuga nel deserto a dorso di muli, nascondendosi dalla guardia di frontiera. In ultimo, viene presentata la vendita illegale di armi – un altro problema pressante e strettamente legato al traffico di sostanze stupefacenti – e la guerra sempre più cruenta e senza regole tra le bande di strada nel Memorial Day a Chicago, tra trafficanti di crack che per denaro sanno di poter morire in ogni momento per strada e agenti che mostrano le scene in cui si consumano i delitti, in cui spesso sono coinvolte vittime del tutto innocenti.

Lontano dunque da ogni pietismo che scusi i criminali, ma anche dal tratteggiarli come del tutto inumani, Dope si addentra con sguardo distaccato e obiettivo nei meandri di questo terribile mondo, in cui la vita vale poco e in cui l’unica motivazione di fondo è, alla fine, il mero guadagno facile. Ne sono consapevoli gli intervistati, che senza filtri parlano delle loro motivazioni con una combinazione di totale disillusione, rassegnazione e ingordigia. Tale disumanità prolifica, senza alcun controllo, in un sottobosco ormai perduto, in cui coloro che delinquono, ormai inscaltriti, si avvalgono delle scappatoie fornitegli dalla legge. A contrapporsi ci sono poi i poliziotti che rischiano la vita per fermare il dilagare di un male a cui però è impossibile opporsi. La povertà, la disperazione paiono tutte parte di un circolo vizioso che non si può interrompere, che porta morte e sofferenza, ma che in fondo sembra accettato come parte dello status quo un po’ da tutti coloro che prendono parte al perverso gioco. Sembra quasi, almeno per cinismo, di essere spettatori di un episodio di The Wire (2002-2008) in versione real life. Non solo, desolante è pensare che quella Baltimora senza speranza al centro della serie statunitense prodotta dalla HBO a distanza di un quindicennio non è cambiata affatto, anzi con la diffusione del Fentalyl (un oppiaceo sintetico mischiato con l’eroina) sono solo aumentate le overdose registrate. Tuttavia, in Dope c’è un valore aggiunto, quello documentario e che si tratti di una reale inchiesta e non di finzione, fatto che ne aumenta decisamente il rischio di realizzazione (Le Marchant ha contattato e intervistato criminali d’ogni tipo nelle zone più pericolose delle città americane e oltre il confine messicano).

Certo è che Dope non sia per tutti, anzi, potrebbe risultare per molti scioccante vista la presenza di numerose immagini, contenuti e racconti molto disturbanti, ancor più se si pensa che sia tutto vero. Eppure si tratta di una docuserie real crime decisamente coraggiosa, che mostra una volta ancora come Netflix sia capace di realizzare e distribuire anche prodotti controversi e destabilizzanti, capacità che è indubbiamente tra i maggiori pregi del colosso dello streaming.

Di seguito trovate il trailer originale dello show (V.M. 14), nel catalogo Netflix già da qualche tempo: