Un'opera più stratificata di quel che sembra
Il film horror Bring Her Back – Tonra da me, secondo lungometraggio dei fratelli Danny e Michael Philippou (la recensione), è una discesa disturbante nella follia del lutto e nella sete di resurrezione, guidata da un rituale oscuro, ambiguo e brutale. Ambientato in Australia e legato all’universo condiviso con Talk To Me, il film racconta una storia familiare di dolore e ossessione che culmina in una sequenza finale tanto disperata quanto rivelatrice. In questa analisi completa esploriamo il significato del rituale, il ruolo dei personaggi e le implicazioni del finale.
Il rituale della resurrezione: come funziona
Il cuore narrativo del film è un rituale non nominato, scoperto da Laura (Sally Hawkins) attraverso misteriose videocassette in lingua russa che mostrano la procedura eseguita con successo. Il rituale prevede:
Il dettaglio più inquietante: l’ospite temporaneo, Connor, bambino rapito da Laura e rinominato “Oliver”, inizia a mostrare comportamenti disturbati e fame compulsiva. Quando arriva il momento, sbrana il corpo congelato di Cathy, completando la fase intermedia del rituale.
Finale spiegato: la scelta che spezza il ciclo
Nel climax del film, Laura tenta di annegare Piper nella piscina. In punto di morte, Piper sussurra “Mamma“. Questo gesto emotivo rompe la psicosi rituale di Laura, che si ferma. Piper riesce a scappare e viene soccorsa.
Nel frattempo, Connor/Ollie è ormai posseduto, pronto a completare il trasferimento. Ma quando vede un volantino con la sua immagine da “bambino scomparso”, ha un barlume di lucidità. Attraversa volontariamente il confine del cerchio magico, spezzando il legame con il demone. È un atto di autodeterminazione che gli restituisce l’identità: è vivo, si chiama Connor, e può essere salvato.
Laura, invece, completamente devastata, si rifugia nella piscina con il cadavere di Cathy tra le braccia. In un ultimo atto disperato, tenta di passarle l’energia residua attraverso un morso che ha ricevuto da Ollie, ma il gesto fallisce. La polizia arriva e mette fine all’incubo.
Il significato del rituale e il legame con Talk To Me
Bring Her Back non è solo un horror sovrannaturale: è una riflessione tagliente sull’elaborazione del lutto. Laura è disposta a compiere atti orribili pur di negare l’accettazione della morte. Il rituale, come la mano di Talk To Me, è un tramite oscuro tra due mondi, condiviso da più culture. Entrambi i film mostrano come internet e la tecnologia moderna facilitino la propagazione di conoscenze proibite. Il male viaggia su nastro, su video, su mani passate tra adolescenti.
Un horror fisico e spirituale
Il film è costellato da immagini disturbanti: denti spezzati, corpi gonfi, autolesionismo estremo, bambini traumatizzati. Ma più ancora della violenza visiva, colpisce la rappresentazione dell’alienazione emotiva: Andy (Billy Barratt) tenta disperatamente di proteggere Piper (Sora Wong), ma viene discreditato, isolato, ucciso. Piper, nonostante la cecità, riesce a vedere la verità più degli adulti che la circondano.
Sally Hawkins offre una performance magistrale, mescolando empatia e follia con precisione chirurgica. Laura è al tempo stesso vittima del dolore e carnefice, mostro creato dall’amore materno deviato. L’horror non risiede tanto nella presenza di un demone, quanto nell’impossibilità di lasciar andare chi amiamo.
Conclusione: un film sull’orrore di lasciar andar
Bring Her Back esplora l’ossessione per la negazione della perdita, trasformando il lutto in rituale, la cura in prigionia, l’amore in distruzione. La chiave è tutta nel titolo: riportarla indietro è la missione, ma anche l’errore. La morte, sembra dirci il film, non chiede di essere sconfitta, ma compresa. E chi non riesce a lasciar andare rischia di diventare qualcosa di mostruoso.
Una visione straziante, provocatoria, imperfetta, ma potentemente umana.
Di seguito trovate il full trailer doppiato in italiano di Bring Her Back – Torna da me, nei nostri cinema dal 30 luglio: