Donnie e Rita McMillin prendono spunto dalla Saga degli Androidi per rendere giustizia alla serie giapponese
Come avrete avuto modo di constatare di persona, molti adattamenti live-action di anime e/o manga sono oggettivamente terribili, ma Dragon Ball Z: Light of Hope dei Robot Underdog (Donnie & Rita McMillin) riesce a distinguersi. Non tanto per valori di produzione incredibilmente alti o per le sequenze di combattimento brillanti, ma per il sincero amore e il rispetto verso la serie su cui si basa.
Light of Hope è un cortometraggio di 35 minuti basato sui personaggi creati da Akira Toriyama e sulla Saga degli Androidi (nello specifico sullo speciale TV della Storia di Trunks), che si concentra in particolare sulla timeline futura in cui gli Androidi 17 (Tyler Tackett) e 18 (Amy Johnston) hanno raso al suolo il mondo, lasciando in vita soltanto alcuni sopravvissuti. Dopo che quasi tutti gli Z Fighters sono morti (compreso Goku), Gohan (Kenny Leu), Bulma (Ruthann Thompson) e suo figlio Trunks (Jack Wald) provano giorno dopo giorno a cercare di capire come potrebbero essere in grado di salvare il loro mondo.
Nel film, vediamo Gohan addestrare un giovane Trunks per una battaglia che, a un certo livello, entrambi sanno che non possono vincere, mentre Bulma lavora a una macchina del tempo sperimentale che non è del tutto sicura funzionerà. Gli Androidi passano invece il loro tempo uccidendo i pochi umani rimasti e a pensare a cosa faranno delle loro vite una volta che li avranno sterminati tutti.
Se soffre di alcuni dei problemi che hanno praticamente tutti i fan film, presenta in ogni caso più qualità che difetti, e ha sicuramente il cuore al posto giusto. Chiunque a Hollywood stia cercando di realizzare un altro film di Dragon Ball Z in live-action dopo l’aberrazione di James Wong (quasi certamente nessuno …), farebbe bene a dare un’occhiata a Light of Hope.
Buona visione!