Dopo oltre 30 anni la storia prova a ripetersi, ma l'arrivo del figlio del pugile sovietico non mette più in palio la supremazia di un'ideologia politica, bensì la comprensione di quali siano i valori che contano di più per un uomo
Bisogna dare senz’altro almeno un credito a Sylvester Stallone, ha il dono non da tutti – anzi … – di saper rimescolare lo stesso film più e più volte, riuscendo sempre a far sì che allo spettatore importi realmente qualcosa di quello che sta succedendo sullo schermo. Forse è perché l’attore 72enne si concentra sulla cosa che più conta in una narrazione: personaggi avvincenti. E Creed II, sequel diretto da Steven Caple Jr. (The Land) del fortunato Creed – Nato per combattere (2015), ne è pieno.
E poi ci sono naturalmente gli avversari, aka i cattivi. Ivan e Viktor Drago (Dolph Lundgren e Florian Munteanu), i reietti russi – ora ucraini … – in cerca di redenzione per i fallimenti sociali e personali del ‘toro siberiano’ di trent’anni prima. Ognuno ha uno scopo preciso in questo film, e tutti hanno un ruolo nel far procedere la trama: vendicare le azioni del mitico Rocky IV (1985).
Questo è un vero e proprio reboot di un classico del cinema del periodo della Guerra Fredda, cesellato da un match finale che si svolge ancora una volta nella sempre ostile Russia. Già dal trailer lo spettatore sa bene cosa aspettarsi nei 130 minuti in sala. La sfida lanciata indirettamente da Ivan Drago attraverso il figlio Viktor è quel tipo di ricorso storico che il mondo dello sport adora. Sappiamo bene che Adonis dovrà accettare la sfida per mettersi alla prova e capire se è davvero un campione. E sappiamo altrettanto bene che a un certo punto, Viktor Drago avrà in qualche modo la meglio su di lui, spianando la strada al fondamentale montaggio col durissimo allenamento preparatorio che non stancherà mai, tanto è ormai diventato cifra stilistica insostituibile della saga iniziata nel lontano 1976.
Vedete, quando Rocky IV uscì nelle sale, non fu solamente un altro titolo sulla boxe, si trattò praticamente di un film di propaganda sulla superiorità dei valori e degli ideali americani rispetto a quelli sovietici. In Creed II, non si tratta della nazione: ora è qualcosa di molto personale. Si tratta di scoprire che cosa conti più di tutto nella carriera e nella vita privata.
E per quanto possa sembrare un cliché (e lo è decisamente …), il meccanismo funziona perfettamente bene, grazie anche all’accento della sceneggiatura scritta a quattro mani da Sascha Penn e Cheo Hodari Coker posto sullo sviluppo dei protagonisti piuttosto che sul contesto (viene del tutto tralasciato l’aspetto mediatico degli incontri, il giro di scommesse, i dibattiti in TV, gli organizzatori e i promoter che ruotano intorno a un simile evento ecc.), nonché sugli attori che fortunatamente riescono – chi più chi meno – a mantenere i rispettivi personaggi, (quelli già molto familiari e quelli nuovi) sufficientemente umani e drammatici, contrappuntati da combattimenti fluidi e da una fotografia intima.
Eppure lo facciamo, non soltanto perché la sua è una storia tragica e lui non è la ‘macchina di morte spietata’ che ci viene fatto credere, ma perché sappiamo che suo padre sta provando a rivivere e rialzare la testa attraverso di lui.
Ivan, un tempo potente e famoso, è ormai divenuto da anni un disperato parìa nella sua stessa amata terra natia, e l’arrivista e crudele madre di Viktor (indovinate un po’ chi è …) ha abbandonato entrambi perché non prova alcun rispetto per i perdenti, quindi non possono che risultare entrambi sorprendentemente simpatetici nel loro pervicace tentativo di sembrare minacciosi. Non dovremmo preoccuparci neppure delle erratiche elucubrazioni di Rocky sul mettere la famiglia prima della boxe, quando lui per primo, in nessun punto della sua illustre carriera, ha mai fatto lo stesso.
Nonostante tutto, in qualche modo, Creed II riesce a farci preoccupare di quello che sta
Momenti come quello tra Bianca e il campione del mondo dei massimi distesi sul pavimento del loro appartamento – proprio come avevano fatto nel precedente film -mentre riflettono sulla loro relazione e su ciò che la decisione di Adonis significherà per la loro famiglia.
Momenti come quello in cui Rocky medita sulla ‘non relazione’ con il figlio Robert e cerca di capire se ha davvero il coraggio di fare ammenda per gli anni passati a non parlargli. Questa è la colla che ha tenuto – e tiene ancora – insieme questi film, mettere la famiglia al di sopra della carriera e del proprio ego, perché i rimpianti e i rimorsi non fanno bene a nessuno. E quando finalmente arriva il momento di combattere, abbiamo ormai così pesantemente investito emotivamente nel significato dell’incontro che sarà difficile uscirne senza un brivido.
E alla fine, è il più piccolo dei gesti di Sylvester Stallone (che non rovineremo) che ci fa comprendere come Rocky Balboa non abbia davvero più null’altro da offrire ancora ai suoi fedelissimi fan e che è ora giunto il momento per Adonis Creed di brillare in solitaria nel possibile sequel che ci sia eventualmente in programma in futuro. In definitiva, Creed II passerà alla memoria come un prevedibilissimo, ma onestissimo e convincente, tassello di una saga che dopo oltre quarant’anni sa regalare ancora emozioni semplici.
Di seguito trovate il secondo trailer italiano, di Creed II, nei nostri cinema dal 24 gennaio: