Alla riscoperta di The White Reindeer e The Witch Returns to Life, due perle misconosciute dalle interpreti e dalle tematiche tutte da approfondire
La Finlandia non è particolarmente rinomata per la sua cinematografia dell’orrore certo. Al contrario, si potrebbe senza torto affermare che i film afferenti al genere provenienti dal paese nordico si possano contare sulle dita di una mano. Eppure, nei primi anni cinquanta furono girate ben due pellicole significative incentrate sul paranormale, sulla stregoneria e su quello che oggi definiamo comunemente folk horror, con un’insospettabile spruzzata di sensualità esplicita.
Una delle due, Il bianco pastore di renne / The White Reindeer (Valkoinen peura, 1952) di Erik Blomberg ottenne un non indifferente successo a livello internazionale, si è aggiudicato a Cannes nel 1953 il premio speciale Fairy Tale Film (un evento decisamente insolito, che ha rappresentato nella storia del Festival francese un’eccezione più unica che rara) e ha vinto un Golden Globe come Miglior Film Straniero. L’altro film in questione è The Witch Returns to Life (Noita palas elämään) di Roland af Hällström, che ebbe un impatto all’estero (e probabilmente anche in patria, dove la pellicola venne ‘accorciata’ di ben 14 metri dalla censura) decisamente inferiore ed è stato dimenticato sin dall’anno del suo rilascio, il lontano 1952.
Eppure, pur senza capirne i dialoghi, la potenza delle immagini e della recitazione fu sufficiente a lasciare impressi negli spettatori sia Il bianco pastore di renne / The White Reindeer (che potete trovare in DVD in una recente edizione sottotitolata in inglese della Eureka!, uscita nell’aprile 2019), che The Witch Returns to Life (esiste un’edizione in DVD per la VLMedia risalente al 2015, di difficile reperibilità). Grazie alle più recenti edizioni quindi, è stato possibile anche per noi, sempre assetati cercatori di titoli sconosciuti ai più, venire a contatto con tali perle dimenticate, con tanto di assai utile supporto della lingua inglese, per farne una recensione / analisi.
I due horror sono assai diversi nello stile come nei contenuti, sebbene condividano il tema centrale, la stregoneria. Il bianco pastore di renne / The White Reindeer è essenzialmente una fiaba dark, mentre The Witch Returns to Life è contraddistinto da toni meno foschi ed è ambientato nella contemporaneità (ovviamente gli anni ’50). Nonostante le differenze, esiste però anche un sostanziale punto in comune: entrambi affrontano la sensualità e il desiderio femminile e riflettono su come gli uomini – e non solo – vi si relazionano. Va sottolineato che, tra i due, il secondo, all’apparenza più leggero, è quello che più sagacemente si sofferma sulla percezione da parte di una società retrograda della sessualità di una giovane e affascinante donna; sia i vecchi e superstiziosi abitanti del luogo, sia un ragazzo respinto reagiscono assai malamente. Meno moderno e meno riflessivo in questo senso, in Il bianco pastore di renne / The White Reindeer, la protagonista è davvero la creatura maligna che gli altri credono che sia.
Il messaggio al centro di Il bianco pastore di renne / The White Reindeer è piuttosto immediato, prende in esame la convinzione che la sensualità femminile sia incontrollabile, mostruosa addirittura, tanto da minacciare l’equilibrio dell’intera comunità. Più ambigua è la posizione del regista, Erik Blomberg; dal film difatti non emerge con chiarezza se si tratti di una critica a tale credenza, oppure se fosse d’accordo con l’idea. Il personaggio di Pirata è assai sfaccettato e, seppure il suo lato tragico sia non indifferente, non suscita particolare empatia o simpatia negli spettatori. Guidata da un bieco egocentrismo, la sua natura è deleteria all’interno della comunità insulare di cui fa parte, che richiede un certo sacrificio. Gli allevatori di renne, difatti, devono trascorrere lunghi periodi separati dai loro cari per la sopravvivenza di tutti, in un mondo dove le renne rappresentano tutto, un bene, un cibo, l’origine di gran parte dell’abbigliamento, un trasporto e perfino un animale domestico. Tuttavia, un pubblico dei giorni nostri si relaziona alla sensualità della protagonista in maniera ben differente, le sue necessità risultano ben più comprensibili a noi che a un’audience degli anni ’50. Comunque sia, la pellicola ritrae tali desideri in una luce decisamente fosca, sia che la donna prenda la forma della renna bianca, sia che assuma le sembianze della creatura vampiresca (inutile a dirsi, non vediamo mai durante le sequenze la trasformazione da uno stadio all’altro).
Invero, il naturale realismo che connota Il bianco pastore di renne / The White Reindeer, il suo taglio quasi documentaristico nel descrivere gli usi delle popolazioni autoctone dedite all’allevamento di renne, sono tra gli aspetti più pregevoli di questo folk horror. Innegabile è il fascino del ritratto di questa piccola comunità che sopravvive da tempi immemori isolata dal resto del mondo ad un ambiente ostile, in una landa sterminata e ostile ricoperta di neve, cristallizzata in abitudini e riti ancestrali. Perfino i loro costumi tipici sono estremamente suggestivi. Il film ci trasmette la suggestione che lassù il tempo si sia fermato, che la natura incontaminata e un’antica civiltà siano state preservate dalla incipiente modernità. Le memorabili panoramiche sui paesaggi innevati e deserti, potenziati dalla fotografia in bianco e nero, aumentano le dinamiche dei sentimenti. Il contrasto tra l’imperante bianco e le ombre, le poche che sovente connotano le inquadrature a figura intera o i primi piani di Pirata, traspongono il dramma interiore di lei con incredibile intensità.
Non stupisce quindi che il cupo Il bianco pastore di renne / The White Reindeer abbia suscitato l’interesse – anche se soprattutto della critica – e abbia avuto una diffusione internazionale. The Witch Returns to Life, invece, ha avuto un impatto decisamente minore. Se si chiedesse agli esperti di cinema, probabilmente lo liquiderebbero come un titolo minore, un fantasy senza troppe pretese, una versione più leggera del suddetto dalle trascurabili qualità registiche e dal sottotesto meno elaborato. È comprensibile. Eppure, oltre ad essere più divertente è anche, a ben vedere, anche più interessante.
C?è però molto di più. Non c’è solo la semplicistica idea che una ragazza bella e ammiccante generi eccitazione negli uomini e gelosia e astio nelle donne. Certo si tratta di un punto nodale, ma non l’unico. La divisione in termini di genere non è assoluta: l’altra principale figura femminile non è particolarmente ostile nei suoi confronti e i vecchi – uomini o donne che siano – sono tutti infastiditi dalla ragazza. Si tratta meno della paura della sensualità femminile e più del risentimento delle generazioni più mature verso le nuove, verso la loro energia, vitalità e bellezza. E in questo caso non ci sono dubbi, il film è decisamente dalla parte di Birgit, che viene presentata come una vera e propria forza della natura, una delle creature che appartiene ai frutteti e alle campagne assolate (non c’è neve!), come ogni altro animale selvatico o fiore di campo.
The Witch Returns to Life è una spassosa presa in giro di ipocrisia e lussuria, ma ciò che lo rende davvero esilarante è la presenza di Mirja Mane, ovvero il vivace oggetto del desiderio di tutti. È comprensibile perché tutti si invaghiscano di lei: ha una sensualità senza freni e uno charme civettuolo irresistibili. E anche quando viene presentata come perfida, quel brillio nei suoi occhi è travolgente. Ricorda vagamente Barbara Steele nei suoi primi film italiani, con quel mix esplosivo di seduzione e diabolici, innocenza e malizia. E domina interamente l’occhio della camera. Inoltre, sarebbe da parte nostra una grave mancanza non sottolineare che passa una buona parte del minutaggio di quest’opera degli anni ’50 nuda o coperta solo da una tendina trasparente.
Non è una nudità ostentata, ma per l’epoca è senza dubbio qualcosa di sorprendente. Addirittura, potrebbe essere uno dei motivi per cui The Witch Returns to Life non abbia avuto la medesima diffusione di Il bianco pastore di renne / The White Reindeer e sia approdato negli Stati Uniti assai più tardi nel circuito dei Roadshow, mentre la critica si è mantenuta silenziosa a riguardo o in altri paesi la censura ha impedito che arrivasse. È davvero un peccato, poiché se l’horror avesse avuto una migliore distribuzione è assai probabile che Mirja Mane avrebbe acquisito fama immediata di sex symbol, un po’ come accadde nello stesso periodo a Brigitte Bardot dopo aver recitato in Piace a troppi di Roger Vadim (1956). Invece, l’attrice finì per comparire in soli altri cinque film, tutti finlandesi, e fu praticamente dimenticata; morì nel 1974 appena 44enne.
Di seguito trovate i trailer internazionali di The Witch Returns to Life e di Il bianco pastore di renne / The White Reindeer: