Nel 1992 il regista giapponese tornava sulle scene con un'opera di denuncia malinconica e fiera, in precario equilibrio tra denuncia e intrattenimento per tutti
Uscito nel 1992, Porco Rosso è un film piuttosto ‘anomalo’ all’interno del canone del maestro dell’animazione giapponese Hayao Miyazaki: troppo cupo e ambiguo per i bambini piccoli e troppo disomogeneo per gli spettatori più grandi.
Sebbene sia superiore a tutti i migliori film d’animazione americani dell’epoca (quella ‘epoca’ era l’inizio degli anni ’90, quando stava iniziando la rinascita della Disney), Porco Rosso potrebbe essere ascrivibile nella categoria dei ‘Miyazaki minori’ (lo standard elevatissimo comporta l’utilizzo di certe definizioni, quindi cercate di parametrare questa definizione), risultando non esattamente all’altezza dei suoi amatissimi primi lavori o anche di quelli successivi, in un certo senso più profondi e riflessivi.
Più recentemente, lo stesso regista ha riconosciuto che il film – basato sul breve manga Hikōtei jidai del 1989 da lui stesso creato – era uscito un po’ dai binari prefissati dopo essere stato fortemente influenzato dalla guerra che al tempo stava infuriando in Jugoslavia (la sceneggiatura originale utilizzava la Croazia, e non l’Italia, come ambientazione), senza contare che inizialmente era stato pensato come mediometraggio ‘spensierato’ da proiettare sui voli della Japan Airlines.
Per rilassarsi, si ferma spesso all’Hotel Adriano, gestito dalla bella ma distaccata Gina, che è sempre affettuosa con lui perché ne è invaghita e lo ammira. Nel frattempo, i pirati, avendo bisogno di un nuovo ‘colpo’, assumono un asso americano e aspirante star del cinema hollywoodiano, Donald Curtis (un amalgama di Errol Flynn e Ronald Reagan; tra l’altro, proprio come quest’ultimo, immagina di diventare un giorno presidente), per guidarli. Quest’ultimo sviluppa però un forte rancore nei confronti di Porco Rosso, e lo abbatte.
Con il suo aereo gravemente danneggiato, Porco Rosso si reca così a Torino, dove vive il suo meccanico, Piccolo. Fio, la nipote di Piccolo, si assume subito la responsabilità delle riparazioni e, quando Porco Rosso è pronto a ripartire, decide di accompagnarlo. I due vengono catturati dai pirati, ma il fascino e la parlantina di Fio salvano Porco Rosso dalla morte e l’aereo dalla distruzione. Poi arriva Curtis, e viene lanciata una sfida: se Porco Rosso riuscirà a vincere un combattimento tra piloti, Curtis ripagherà tutti i suoi debiti; se Curtis vincerà, Fio dovrà sposarlo.
Il tasso di violenza è notevolmente più alto in Porco Rosso rispetto ai due film precedenti di Hayao Miyazaki, Il mio vicino Totoro e Kiki – Consegne a domicilio. L’incontro di boxe tra Porco Rosso e Curtis, che conclude il loro prolungato duello aereo dopo che entrambe le armi si sono inceppate, è in tal senso particolarmente brutale.
Tuttavia, sebbene la trama presenti aspetti cupi (molti dei quali riflettono l’ascesa del fascismo in Europa durante il periodo della Grande Depressione), il tono generale rimane leggero, con Porco Rosso che dimostra un’arguzia sardonica e Fio che gli fa da perfetta spalla. Il rischio che lei corre per Porco Rosso e la fiducia che dimostra nelle sue capacità di volo testimoniano l’affetto che subito prova per lui.
Tra l’altro, alcune parti della storia riflettono tematiche e idee sugli aeroplani e la guerra che Hayao Miyazaki avrebbe poi ripreso più di due decenni dopo per il suo film del 2013 Si alza il vento.
Il protagonista potrebbe poi superficialmente essere considerato come l’emblema ultimo della fantasia più fantasiosa, un ‘maiale volante’, ma Hayao Miyazaki mantiene la sua narrazione ben radicata in luoghi e in un periodo storico fin troppo reali: il Mediterraneo degli anni interbellici. E sebbene i personaggi siano sostanzialmente cartooneschi, il regista è meticoloso nel ricreare intorno a loro i dettagli dell’epoca, non permettendo ad esempio mai alla fisica dei suoi combattimenti aerei di andare oltre ciò che fosse realmente possibile ottenere dagli apparecchi a manovella con una struttura in legno, rendendo così Porco Rosso qualcosa di più vicino a un romanzo d’avventura nostalgico che a un prodotto completamente fantastico.
Gli unici elementi veramente ‘assurdi’ sono i tratti porcini del suo eroe, ma sono minimizzati, piuttosto che grotteschi, e hanno una chiara funzione simbolica, servendo non solo a riflettere gli effetti disumanizzanti dell’invecchiamento, della mascolinità e della guerra (soprattutto della guerra), ma anche per rifrangere la bestialità di gran lunga maggiore degli altri uomini intorno a Porco Rosso, siano essi dei pirati sporchi e puzzolenti, dei nazionalisti assetati di potere o degli americani che interferiscono con la sua missione.
Porco Rosso possiede una forte anima internazionale, caratterizzata da location europee e dalla completa assenza di qualsiasi personaggio giapponese, ma forse ancor più interessanti sono i suoi numerosi attacchi, per quanto gentili e ponderati, all’esibizionismo e alla superficialità americani e, più in particolare, all’ideologia del periodo in bianco e nero di Walt Disney.
Come gli dice Porco subito dopo, in quella che è la frase più celebre del film, “Piuttosto che diventare un fascista, meglio essere un maiale“. Fiero e indipendente, malinconico e superiore alle bieche imposizioni di qualsiasi regime.
Al di là degli aspetti più squisitamente contenutistici, Porco Rosso – le cui musiche sono state composte dal fedelissimo Joe Hisaishi – vanta sequenze d’azione che sono una gioia per gli occhi, vivaci e coloratissime, certo all’altezza dei precedenti film dello Studio Ghibli.
Insomma, dopo trent’anni Porco Rosso resta un film importante ma probabilmente non il più riuscito della filmografia di Hayao Miyazaki, in precario equilibrio nel trovare il giusto compromesso tra messaggio universale e ‘piacevolezza fantastica’ trasversale. Ad avercene oggi di film del genere eh, sia chiaro.
Di seguito trovate la scena più celebre di Porco Rosso, di nuovo nei nostri cinema dall’1 al 7 agosto nell’ambito della rassegna Un Mondo di Sogni Animati di Lucky Red: