Continua la ronda tra i film scritti e diretti da David Ayer, ma non mancano altre voci che si distinguono nel panorama degli anni 2000
Dicevamo di David Ayer (la prima parte del dossier), che tra sceneggiature e regie fa decisamente la parte del leone in questo speciale, per cui invece di procedere in ordine cronologico ci concentriamo ora sul suo contributo al genere, per poi discutere una mezza dozzina di altre pellicole, che sono di interesse per il nostro discorso.
Dopo Training Day, Ayer scrive le sceneggiature di The Fast and the Furious (2001), Dark Blue – Indagini Sporche (2002) e S.W.A.T. (2003).
In particolare la conclusione ne diminuisce la forza e mostra la mancanza di coraggio di andare fino in fondo. Un elemento che era già presente in Training Day (chi ha letto bene Ellroy, faticherà a credere che questo è il finale che aveva in mente). In ogni caso, Dark Blue è un solido esempio di poliziesco con un ottimo Kurt Russell nel ruolo del protagonista.
La messa in scena di Clark Johnson, qui alla sua prima regia è cinetica, in linea con i film d’azione del periodo, ma manca completamente di catturare la tensione e la frenesia degli eventi. In altre parole, si dimentica già a fine visione. L’elemento più interessante è che anche in questo caso Ayer include nuovamente una scena (l’apertura del film), che prende spunto dalla realtà, il famoso North Hollywood Shootout del 1997 (che a sua volta era stato in qualche modo ispirato dalla finzione di Heat – La sfida).
Harsh Times in realtà non è un vero poliziesco, ma un crime movie, in cui solo uno dei due protagonisti (Christian Bale) è un ex-Army Ranger, che vorrebbe entrare nella polizia, ma che soffre di stress post traumatico. Lo citiamo soltanto, perché è comunque evidente che rientra nello stesso “universo” degli altri film scritti e/o diretti da Ayer, dandone però un punto di vista diverso. Detto questo, Harsh Times per quanto cupo e disperato, si regge soprattutto sull’interpretazione di Bale, ma il risultato finale non convince per niente.
Street Kings è il primo film diretto, ma non scritto da Ayer. Inizialmente infatti la regia doveva andare a Spike Lee. Le prime stesure, con il titolo The Night Watchman, sono nuovamente opera di James Ellroy, ma la sceneggiatura finale è firmata da Kurt Wimmer (suoi anche gli script degli abissali remake di Il caso Thomas Crown, Robocop e Point Break, praticamente un killer seriale) e Jamie Moss. Nonostante la trama intricata, la violenza esasperata e una moltitudine di personaggi, Street Kings si riduce al solito poliziesco in cui tutto e tutti sono corrotti. Il cast è solido (tra cui Keanu Reeves, Hugh Laurie, Chris Evans, Forrest Whitaker e i rapper Common e The Game), ma si ritrova intrappolato in un film scontato e di maniera.
Nel 2012 infine esce End of Watch, senza dubbio il più riuscito dei tre. Se le altre regie e sceneggiature di Ayer si concentrano principalmente sulla corruzione e sull’eccesso di forza e l’abuso di potere, qui la situazione viene invertita. Ayer, che è cresciuto a South Central Los Angeles e che ha diverse amicizie nel LAPD, con End of Watch ha voluto raccontare soprattutto il rapporto di lavoro e d’amicizia che lega i poliziotti, concentrandosi sulla routine quotidiana degli agenti. Stilisticamente Ayer sceglie di dare il suo contributo al genere del found footage, alternando il tutto però con riprese tradizionali. Se questo tipo di approccio spesso è confuso e/o inutile, in End of Watch aiuta ad aumentare realmente il coinvolgimento da parte dello spettatore, grazie anche alle ottime interpretazioni di Jake Gyllenhall e Michael Pena. Un discreto poliziesco nella tradizione di classici come I Nuovi Centurioni.
La trama è ridotta all’essenziale. Il detective Jack Mosley (Bruce Willis), un poliziotto alcolizzato e disilluso, ma onesto, ha due ore (16 isolati, la traduzione del titolo originale trasmette meglio la dinamica del film) per scortare un prigioniero, Eddie Bunker (Mos Def), al palazzo di giustizia. Eddie è l’unico testimone in un caso di corruzione, in cui sono coinvolti numerosi poliziotti. Ovviamente, nessuno lo vuole vedere arrivare vivo alla testimonianza e così Jack si trova in mezzo a un fuoco incrociato. Riusciranno ad arrivare a destinazione? Solo 2 ore è in realtà un western metropolitano, mascherato da poliziesco. Willis è il classico anti-eroe, che alla fine si ritrova a difendere i suoi ideali (e quelli di una nazione), perché solo quelli gli sono rimasti, anche se questo gli può costare la pelle. Un bel film, che purtroppo perde qualche punto nel finale inutilmente sdolcinato.
Nello stesso anno Michael Mann realizza finalmente il tanto atteso adattamento cinematografico di Miami Vice. Non è questo il posto per una recensione approfondita, ma ci basta dire che rasenta il capolavoro. Mann crea una versione fedele allo spirito e all’estetica della serie televisiva, senza dimenticarsi che sono passati 15 anni per un film che va oltre il genere.
continua …
Il trailer di Dirty – Affari sporchi: