Retroscena e curiosità sul costosissimo kolossal sci-fi con Kevin Costner, erroneamente considerato un flop
Waterworld del 1995 ha acquisito nel tempo lo status di cult controverso e, come molti di voi probabilmente sapranno, inizialmente è stato ritenuto, soprattutto per il discutibile risultato al botteghino americano, un vero e proprio flop. Tuttavia, tale giudizio affrettato dipese più che altro dalle entrate misere all’uscita in sala negli USA di soli 88 milioni di dollari a fronte di un budget stimato di 175 milioni di dollari, ma in realtà il risultato all’estero fu decisamente più incoraggiante, ossia di 176 milioni di dollari, per un totale globale di 264 milioni, a cui poi vanno aggiunte le entrate connesse al mercato home video e i vari altri diritti. Insomma, non poi così disastroso come dichiarato inizialmente.
A conferire un’aura funesta alla produzione, oltre al risultato del mercato interno, certo hanno concorso anche diversi problemi occorsi durante le riprese: la Universal aveva inizialmente destinato a Waterworld 100 milioni di dollari, ma i costi aumentarono in modo esorbitante fino a raggiungere, come detto, i 175 milioni, ossia quasi il doppio di quanto preventivato (e un record assoluto per quegli anni). A concorrere a tale esorbitante esborso di risorse furono molte cause, tra cui perfino un terremoto durante le riprese nella Waipio Valley sulla Big Island nelle Hawaii, che distrusse un set costato milioni di dollari.
A ciò si aggiunsero, oltre a molteplici altri ritardi, screzi vari che portarono il regista Kevin Reynolds a un passo dall’abbandonare la regia, esasperato dal protagonista Kevin Costner, che invece rischiò di rimanere gravemente ferito in un incidente sul set, intrappolato da una raffica di vento mentre era legato all’albero del suo trimarano. Infine ci furono problemi relativi anche alla colonna sonora, di cui in partenza era stato incaricato Mark Isham, ma che fu rifiutata in buona parte da Cosner perché “troppo etnica” per il soggetto distopico narrato, e alla sceneggiatura, per la cui riscrittura parziale fu chiamato Joss Whedon, che descrisse il lavoro come “sette settimane di inferno“.
Ebbi un incontro con la casa di produzione di Roger Corman nel 1986, da cui è nata l’idea. Incontrai Brad Krevoy – che poi continuò alla produzione di Scemo e più Scemo [Dumb And Dumber] – e mi offrì denaro per scrivere e dirigere un rip-off di Mad Max.
Difatti, in quegli anni e soprattutto nella prima metà degli anni ’80, spopolavano (anche in Italia) i cloni della saga di Mad Max, dopo il capostipite Interceptor (1979) e ancor più dopo il sequel, sempre diretto da George Miller, Interceptor – Il guerriero della strada (Mad Max 2: The Road Warrior) del 1981. Dunque ci fu una vera e propria corsa alla produzione di pellicole post-apocalittiche a basso costo che combinavano spericolate corse d’auto che si schiantavano, vestiti macilenti e lunghi combattimenti nel deserto, nelle cave abbandonate o nei resti di capannoni industriali dismessi. E anche Rader era stato invitato ad accodarsi al nutrito seguito.
Ma come poter emergere da quella massa informe? Poi gli balenò la geniale idea: e se invece di ambientare la storia nel solito desolante panorama post-atomico, l’avesse collocata in una distopia marina in cui il mondo è stato sommerso dagli abissi? Così lo sceneggiatore, forte del suo concept innovativo, si diresse da Krevoy fiducioso proponendogli: “Che ne dici di fare l’intero film sull’acqua?”. La risposta tuttavia non fu entusiastica come s’aspettava e anzi il produttore replicò: “Sei fuori di testa? Girare un film del genere ci costerebbe ben 5 milioni di dollari!”
Tuttavia, nella versione definitiva mancano alcuni elementi eccentrici previsti invece da Rader, quali un antagonista che, invece che Deacon, avrebbe dovuto chiamarsi Nettuno, “avere un tridente e sedere su un trono a conchiglia”. C’erano poi tutta una congerie “di strani e divertenti tocchi del genere, tra cui anche elementi del tutto surreali come un protagonista (chiamato nello script Noah) che teneva “un cavallo bianco sulla sua barca, che a quel punto era più una chiatta fluviale”. Inoltre, non avrebbe mostrato l’animale a nessuno, ma “l’avrebbe sempre tenuto nascosto”.
Il piano era dunque (almeno secondo quanto dichiarato da Licht in un’intervista al L.A. Times nel 1995) di rimanere entro i 30 milioni di dollari, ossia in linea con le produzioni medie come Point Break; a tale scopo avevano previsto di girare a Malta nella medesima cisterna d’acqua in cui erano stati girati Blitz nell’oceano (Raise The Titanic, 1980) e Corsari (Cutthroat Island, 1995). Quindi i due produttori unirono le forze con Larry Gordon, che aveva recentemente fondato la Largo Entertainment, la sua società di produzione, e che aveva avuto parecchio successo con L’uomo dei sogni (Field of Dreams, 1989), in cui recitava guarda a caso proprio Kevin Costner. Per la regia del film era stato fatto il nome del norvegese Nils Gaup, che era appena stato candidato all’Oscar per il miglior film straniero con L’arciere di ghiaccio (Pathfinder, 1987) e che pareva un’ottima scelta per dar vita alle scene d’azione sullo scabro scenario acquatico di Waterworld.
I lavori procedevano, ma rimaneva sempre l’annosa questione dei costi, tanto che Licht e Mueller arrivarono a pensare di tagliare il gran finale: ossia una magniloquente scena su una grossa piattaforma acquatica che secondo quanto spiegato da Rader era “il pezzo forte tra i set realizzati per il film” e “la battaglia finale sarebbe stata su questa gigantesca piattaforma” che era presente in tutte le stesure del copione” e che “sarebbe stata l’apice di tutto”.
A quel punto, avevo lavorato a sei o sette bozze, e decisero che volevano introdurre una nuova voce, perché ero così bollito da tutta la faccenda. Ero davvero depresso e deluso, ma semplicemente è così che funziona.
Qui si verifica anche un netto cambio di rotta, a partire dal cavallo bianco e dalla romantica chiatta, che venne sostituita da un più funzionale – e veloce – trimarano. Poi è il turno di Nettuno e del suo tridente fin troppo estrosi a venire rimpiazzati da un più ordinario villain, ossia il Diacon incarnato da Dennis Hopper. Inoltre vennero aggiunti gli uccelli, poiché secondo Twohy:
Gli uccelli erano stati tenuti in grande considerazione, perché potevano rilevare grosse masse nelle vicinanze, possibilmente la terraferma. Abbiamo mantenuto questi elementi fino a quando non sono stati coinvolti i Kevin [Costner e Reynolds]. Quando sono approdati alla produzione, hanno deciso che avrebbe causato troppi mal di testa avere tutti quegli animali in giro e hanno eliminato tutti questi elementi più leggeri.
Waterworld era una buona idea e la sceneggiatura era il classico ‘Hanno una buona idea, poi scrivono una sceneggiatura generica e non si preoccupano molto dell’idea’. Quando venni coinvolto non c’era presenza di acqua nelle ultime 40 pagine dello script. Avveniva tutto a terra, o su una nave, o su qualsiasi altra cosa. Ed io pensai: ‘La cosa davvero fica di questo ragazzo non è che ha le branchie??’ Ma nessuno mi stava ad ascoltare. Fui coinvolto per sette settimane, e non conclusi nulla.
Qua il cerchio si chiude e ritorniamo in territori più familiari, ovvero alle faide tra Kevin Costner e Reynolds, ai costi fuori controllo, alle critiche, alla questione non veritiera del fallimento commerciale, dacché nonostante le esorbitanti cifre spese, Waterworld rientrò in qualche modo delle spese affrontate, regalando al pubblico un paio d’ore di genuino spettacolo ancora oggi assai gustoso.
Di seguito il trailer: