Una favola dolceamara animata per raccontare miserie e nobiltà di una Napoli che non perde la speranza
Fughiamo subito ogni dubbio dicendo – per chi magari se lo stesse chiedendo, avendo già avuto sentore dal titolo – che Gatta Cenerentola non è una trasposizione fedele dell’omonima fiaba inclusa nel Lo Cunto de li Cunti di Giambattista Basile. Il film diretto a otto mani dai napoletani Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone (team già dietro a L’arte della felicità del 203), presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti, è, con le dovute proporzioni e distanze, più vicino invece all’opera teatrale scritta e musicata da Roberto De Simone a metà degli anni ’70.
La piccola – chiusasi nell’assoluto mutismo dopo l’evento traumatico – viene così cresciuta ‘in cattività’ all’ombra della temibile matrigna e delle sue perfide sei figlie (beh, cinque più un femminiello …). La città versa ora nel degrado totale e Salvatore Lo Giusto, detto ‘o Re (Massimiliano Gallo), ambizioso trafficante di droga e d’accordo con Angelica, intende sfruttare l’eredità dell’ignara Mia per fare del porto la capitale italiana del riciclaggio. Sulla sua strada si mette però Primo Gemito (Alessandro Gassmann), determinato poliziotto ed ex tato della piccola Mia, deciso a proteggerla fino a quando avrà raggiunto la maggiore età.
La nave / relitto, infestata dai fantasmi-ologrammi shakespeariani di una tecnologia e di una storia dimenticate, che appaiono a chi vogliono e quando vogliono in momenti significativi per riportare a galla un ricordo, commovente o rivelatorio, sono sostanzialmente l’unico elemento, insieme a dei curiosi dirigibili ‘pubblicitari’ che solcano i cieli, che rimandano in senso stretto al fantastico o allo steampunk.
Gatta Cenerentola – che della nota favola resa famosa dalla versione Disney mantiene pure qualche elemento (funzionale al messaggio il nuovo utilizzo della scarpetta di cristallo, che vi lasceremo il piacere di scoprire, così come pure la provenienza del soprannome per la bimba) è una riflessione agrodolce e molto attuale fatta dai napoletani su Napoli, teatro dello scontro tra la miseria delle ambizioni sbagliate di un presente grigio come la cenere del Vesuvio che piove senza tregua e la nobiltà degli ideali di un passato luminoso e sempre più vicino all’oblio. Mia/Cenerentola diventa così l’esile trait d’union tra i due mondi, metafora di speranza e riscatto in un contesto di ingiustizie, traffici illegali, avidità e becere rivalità.
La colonna sonora, che vanta musiche originali di Antonio Fresa e Luigi Scialdone e le canzoni di Guappecartò, Francesco Di Bella, i Virtuosi di San Martino, Daniele Sepe, Enzo Gragnaniello (anche tra i doppiatori), Ilaria Graziano con Francesco Forni e i Foja, non lesina in quanto a testi tematici e calati amaramente nel contesto, affrontando apertamente problemi molto concreti come i rifiuti, la diossina e le rapine.
Difficile non pensare allora che i registi abbiano voluto in qualche modo così omaggiare l’opera teatrale folk di De Simone, anche perchè, proprio come lì, anche nel film gli interpreti si esibiscono davanti a un pubblico sul palco di quello che era – è – la sala adibita agli spettacoli della nave, tra loggette private e tavolini in prima fila. Segno importante di quanto l’animazione sia soltanto un espediente alternativo per raccontare qualcosa dalla tradizione decisamente antica, con la consueta dose di disincantata fiducia propria dei partenopei. Proprio questa è l’anima duale di Gatta Cenerentola, che racchiude come detto indissolubilmente passato e presente, miseria e nobiltà. Contraddizioni che da sempre esistono e sempre esisteranno, ma sul cui bilanciamento è bene sorvegliare costantemente, oggi più che mai.
La pellicola è stata realizzata unendo 3D e 2D e utilizzando una tecnica definitiva paint over, che permette di dare alle immagini un effetto ‘pennellato’, difficilmente ritrovabile altrove, che dona all’insieme un tocco distintivo ulteriore, impreziosito dal Blender, che ha permesso di realizzare ambienti molto dettagliati e con tanti personaggi (circa 120 in tutto).
Una scelta ardita e coraggiosa certo, senza dubbio dettata dalla volontà di radicare il film nel contesto napoletano, ma che allo stesso tempo rappresenta quasi certamente già a monte anche l’anticamera dell’insuccesso commerciale, a meno di grossi premi e conseguente spinta pubblicitaria.
In definitiva, Gatta Cenerentola è un film diverso all’interno del panorama italico, un sforzo che avrebbe meritato di essere premiato anche solo per avercela fatta ad arrivare in sala (appena 300.000 euro complessivi incassati).
Di seguito il trailer ufficiale di Gatta Cenerentola: