Il regista si commiata dalla sua squadra di reietti e dal MCU con un capitolo - nel bene e nel male - eccessivo e sfrenato
Poco dopo l’uscita di Guardiani della Galassia Vol. 2 nel 2017 (la recensione), qualcuno sollevò un gran polverone per alcune battute di cattivo gusto che il suo sceneggiatore e regista, James Gunn, aveva fatto anni prima su Twitter. Gunn venne quindi licenziato in tronco dalla Disney, la società dietro i film di supereroi dei Marvel Studios, ma poiché il cast e i fan di Guardiani della Galassia scelsero di sostenerlo, alla fine venne reinserito nell’organico aziedale.
Probabilmente non sapremo mai come sono andate le cose, ma sembra probabile che una delle condizioni poste da James Gunn per tornare al suo posto fosse quella di avere completamente carta bianca per il successivo capitolo della saga. Guardiani della Galassia Vol. 3 è un film con il budget colossale di un tipico blockbuster di casa Marvel, ma con la sensibilità tipica delle horror comedy a bassissimo costo che James Gunn ha realizzato con la beneamata Troma all’inizio della carriera.
Il film inizia con i Guardiani che vivono in una allegra e laboriosa comune ricvaata nel teschio di una divinità gigantesca che vaga per lo spazio profondo. A un certo punto vengono attaccati da Adam Warlock, un superuomo dalla pelle dorata (Will Poulter), che è sia uno spietato assassino che un enorme bamboccione.
Rocket rimane gravemente ferito nello scontro che ne segue, così i suoi compari sono costretti a mettersi alla ricerca della sua cartella clinica per capire come salvarlo e Guardiani della Galassia Vol. 3 si trasforma immediatamente in un heist movie che sconfina in qualcosa che mescola Esplorando il corpo umano e Viaggio allucinante, ambientando la seguente mezz’ora e più a bordo di una stazione spaziale ‘carnosa’, dove le guardie vestono tute antigravità rubate a una versione cartoonesca del barone Harkonnen.
Ma Rocket è anche braccato dal folle Alto Evoluzionario (Chukwudi Iwuji), un Dottor Moreau interstellare dalle mire naziste i cui ibridi animali-cyborg ricordano in modo disgustoso gli inquietanti giocattoli del vicino di casa di Andy in Toy Story.
Gli spettatori più giovani potrebbero certo essere turbati dalle scene più cupe e inquietanti di Guardiani della Galassia Vol. 3, ma bisogna altresì ammirarne la stravaganza. E si capisce perché la Disney alla fine abbia ceduto alle richieste del figliol prodigo James Gunn. Nessun altro avrebbe potuto – o voluto – fare un film come questo.
Tuttavia, forse lo studio avrebbe dovuto trovare il modo di tenere la sua visione un po’ a freno. Guardiani della Galassia Vol. 3 dura infatti due ore e mezza ed è talmente caotico e contorto da sembrare lungo il doppio. Guardarlo è come passare da un’intera serie TV di Star Trek a un’intera serie TV di Star Wars. Ci sono sempre sullo schermo degli alieni buffi da guardare, ma potrebbe non essere possibile seguire o anche solo interessarsi davvero a ciò che sta accadendo.
Circa metà di Guardiani della Galassia Vol. 2 consisteva nel raccontare le origini di Star-Lord fin nei minimi dettagli, e circa metà del Vol. 3 è una successione di flashback che spiegano come Rocket sia passato da piccolo e spaurito procione a geniale bestiola antropomorfa.
Nel presente, la missione della squadra – cercare di riportare in vita il loro amico peloso – sembra stranamente modesta per una space opera che sfreccia attraverso così tanti anni luce.
James Gunn, nonostante la sua notevole abilità nel destreggiarsi tra i personaggi, non sembra essere interessato alla coerenza di tono o a una narrazione chiara e avvincente. Continua così a inserire battute da sitcom nel mezzo delle rumorose battaglie, anche se questo comporta il prosciugamento della tensione. La grafica da cartone animata generata al computer fa sì che poche ambientazioni sembrino luoghi reali. E mentre la potenziale morte di uno dei membri del team viene trattata come una immane tragedia, l’estinzione di tutta la vita intelligente su un intero pianeta viene dimenticata due minuti dopo essere avvenuta sotto in nostri occhi.
Anche in questo caso, un pizzico di moderazione avrebbe comunque potuto tornare a suo vantaggio: la maggior parte degli spettatori avrebbe potuto capire il ‘tema principale’ anche se la sceneggiatura non avesse inserito la parola ‘amico’ in ogni altra riga di dialogo. Ma nelle scene conclusive, l’amore sincero del regista per i suoi personaggi, e il loro amore reciproco, diventa inevitabilmente, disneyanamente, contagioso.
Gran parte del merito va agli attori. Tutti quanti riescono a venderci i sentimenti reciproci in modo più convincente rispetto ai precedenti episodi dei Guardiani. Questo sarà anche il capitolo più sregolato ed eccessivo della trilogia, ma è anche dolcemente commovente come pochi altri titoli incentrati su mostri viscidi e tentacolari.
Si, ci sono un paio di scene post credits.
Di seguito – sulle note di Since you been gone dei Rainbow – trovate il trailer italiano di Guardiani della Galassia Vol. 3, nei nostri cinema dal 3 maggio: