Il regista di Frankenstein critica i “tech bros” e difende la creatività umana
Guillermo del Toro non ha mai avuto paura di spingersi oltre i confini della creatività. Ma quando si parla di intelligenza artificiale generativa, il regista messicano non lascia spazio a dubbi: le macchine non avranno mai un ruolo nel suo processo artistico.
In una recente intervista con NPR, del Toro ha ribadito con forza la sua posizione:
«L’intelligenza artificiale, in particolare quella generativa, non mi interessa, né mi interesserà mai. Ho 61 anni e spero di poter continuare a non esserne minimamente attratto fino al giorno in cui tirerò le cuoia. Qualche giorno fa qualcuno mi ha scritto una mail chiedendomi: “Qual è la tua posizione sull’AI?”. La mia risposta è stata brevissima: “Preferisco morire”.»
Parole nette che risuonano nel dibattito sempre più acceso sull’uso dell’AI a Hollywood – una delle questioni più divisive dell’industria contemporanea.
Mentre alcuni autori stanno esplorando le potenzialità della tecnologia, del Toro la considera una minaccia per la narrazione autentica e la creatività umana. La sua dichiarazione arriva in un momento in cui anche governi come quello del Giappone stanno intervenendo per proteggere settori culturali chiave, come l’anime, dal rischio di plagio e omologazione generati dall’intelligenza artificiale.
Per del Toro, però, il problema va oltre la tecnologia in sé: il vero pericolo è la mentalità che la sostiene.
«La mia preoccupazione non è l’intelligenza artificiale, ma la stupidità naturale. Credo che sia questa a guidare la maggior parte degli aspetti peggiori del mondo. Ho voluto che l’arroganza di Victor [Frankenstein] fosse in qualche modo simile a quella dei “tech bros”. È cieco, crea qualcosa senza pensare alle conseguenze. E credo che dovremmo fermarci un attimo e riflettere su dove stiamo andando.»
Un paragone che trova piena espressione nel suo nuovo film, Frankenstein, in cui Oscar Isaac interpreta il celebre scienziato che dà vita al mostro senza comprendere fino in fondo il peso morale delle sue azioni.
«Il mio Frankenstein non è solo una storia gotica dell’orrore. È uno specchio del nostro tempo, in cui l’innovazione spesso corre più veloce dell’etica.»
Con queste parole, del Toro trasforma il mito letterario in una riflessione contemporanea sul rapporto tra creazione e responsabilità, scienza e coscienza, uomo e tecnologia.