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Voto: 6/10 Titolo originale: Force of Nature , uscita: 02-07-2020. Budget: $15,000,000. Regista: Michael Polish.

La forza della natura: la recensione dell’action / disaster / beast movie con Mel Gibson (su Prime)

23/09/2021 recensione film di Francesco Chello

Il film di Michael Polish avrebbe del potenziale nel suo curioso mix di generi, peccato che vanifichi praticamente tutto non riuscendo a valorizzare nessuna delle componenti in questione. Oltre ad avere la colpa di sprecare malamente la breve partecipazione della sua star

Nell’affollata library di Amazon Prime Video è possibile trovare anche La forza della natura (Force of Nature), titolo del 2020 diretto da Michael Polish (The Astronaut Farmer). Mi verrebbe da definirla un’uscita in sordina, laddove sordina indica il fatto che io mi sono accorto della sua presenza quasi un anno dopo. Il film, infatti, è disponibile sulla versione italiana della nota piattaforma streaming dal 23 novembre 2020, dopo essere uscito in qualche sala sparsa per il mondo, a differenza di una release in patria che era avvenuta sempre su internet il precedente 30 giugno. E dire che era un titolo a cui un’occhiata volevo darla, non fosse altro per un motivo in particolare. Mi riferisco alla presenza di Mel Gibson, che la sorte ha voluto poi diventasse uno dei motivi principali per cui Force of Nature sia un film riuscito male.

Prima della visione non mi ero fatto un’idea precisa del prodotto, non avevo aspettative ben definite. Mi sono bastati dieci minuti di visione per crearmele. Per temere il peggio, a dirla tutta. Pronti via, titoli di testa: Mel Gibson è il terzo nome dopo quello di Emile Hirsch e Kate Bosworth. La sua, si intuisce, è solo una partecipazione, ma solitamente in questi casi la star di turno viene certificata da diciture come ‘and’, ‘with’, ‘special appearance’ e via discorrendo, un modo elegante per sottolineare la presenza di un nome di peso nonostante non apra i credits ed abbia uno screentime contenuto.

Force of Nature (2020) film posterNiente, il nome di Mel esce in mezzo agli altri, manco fosse un David Zayas qualsiasi. Gancio per il secondo brutto segno, il protagonista è quindi Emile Hirsch, uno che sta facendo una carriera strana che lo colloca nel girone dei Taylor Kitsch e Hayden Christensen, ma fondamentalmente uno a cui non attribuisci il carisma per fare l’uomo d’azione che ti aspetteresti in un film di questo tipo. In una delle prime scene, poi, scorgo il viso di Tyler Jon Olson (che fa una particina impalpabile) e per qualche ragione la prima cosa che mi viene in mente è che Olson è presente in tipo 12 (dico, do-di-ci) di quei filmetti DTV per i quali spesso inveisco col Bruce Willis recente.

Per intenderci, uno di quelli tipo Trauma Center (la recensione), che tra le altre cose era ambientato a Porto Rico proprio come il film in questione: tac, altra coincidenza non proprio incoraggiante. Il cerchio si chiude nel momento in cui scopro, spulciando nel frattempo in rete, che Mel Gibson ha sostituito proprio Bruce Willis nel cast di La forza della natura. La mazzata finale alle mie aspettative.

Insomma, dieci minuti e l’idea di essere al cospetto di un direct to video di quelli infimi era piuttosto concreta. Che poi, spoiler, il film probabilmente è un pelino meglio di quei livelli. Ma ciò non toglie che sbagli quasi tutto lo sbagliabile. Vabbè, andiamo per gradi.

La forza della natura si basa su un presupposto intrigante che punta ad incrociare generi differenti. In pratica, un crime action che ha come cornice quella di un disaster movie. Certo, nulla che non sia mai visto in precedenza, dal meritevole Pioggia Infernale al più recente e meno riuscito Hurricane – Allerta Uragano (la recensione), ma che ha (o meglio, avrebbe) comunque un suo potenziale che sfocia in una situazione diehardesca con un discreto utilizzo degli spazi circoscritti, che vede due poliziotti ed un nugolo di alleati improvvisati, bloccati in un condominio nel mezzo di un tornado insieme ad una banda di sanguinosi rapinatori. Il bello è che ci sarebbe anche una spruzzatina di un terzo genere, un elemento da beast movie, con un fantomatico animale ferocissimo che non viene (quasi) mai mostrato ed attorno al quale viene costruito un azzeccato alone di mistero.

E’ evidente che l’uso del condizionale da parte mia testimonia il fatto che qualcosa deve essere andato storto nel processo intercorso tra l’idea di partenza e la sua messa in pratica. Un problema diffuso in maniera omogenea a tutti i compartimenti dei vari generi tirati in ballo in La forza della natura. A cominciare da quello portante, quello dell’action thriller che non infila una sola sequenza d’azione che sia degna di nota; si spara qualche pallottola, si tira qualche cazzotto, ma nulla che sia mai capace di rendere una situazione minimamente concitata, nessuna sequenza elaborata, adrenalina non pervenuta.

Stephanie Cayo e Emile Hirsch in forza della natura filmNon va meglio sul versante catastrofico, anzi, il tornado si rivela essere soltanto una scusa per rinchiudere i personaggi all’interno dello stabile ma non porta mai una vera conseguenza sul contesto; di acqua ne scorre, la gente è bagnata fradicia, ma non viene mai a crearsi un momento di pericolo legato alla catastrofe che praticamente si ferma alla finestre con lo scrosciare della pioggia che fa da costante cornice sonora e poco più, persino quando due rapinatori si ritrovano in una stanza quasi completamente sommersa ne escono come se niente fosse, quando invece il quadro ambientale dava adito di pensare ad un minimo di tensione da apnea/annegamento.

E non va meglio nemmeno sulla questione animali assassini, non poteva essere altrimenti per quella che a ‘sto punto ritengo sia coerenza d’errore. Il velo di mistero che avvolge la bestiaccia (presumibilmente una pantera) è un chiaro espediente narrativo che inizialmente sembra funzionare, salvo poi mettere la cosa repentinamente da parte rinunciando a ferocia e zampate e lasciando quindi intendere una telefonatissima riapparizione finale, in sostanza alla fine del primo atto sai già quale sarà il destino del villain principale.

La sceneggiatura è (de)merito di tale Cory M. Miller che al suo primo lungometraggio dimostra tutta la sua inesperienza. Abbiamo detto del modo in cui sfrutta malissimo le caratteristiche dei filoni a cui fa riferimento, non va meglio con la scrittura dei personaggi e della storia. In vari momenti, con cadenza più o meno regolare, i protagonisti a turno sentono il bisogno di lasciarsi andare al racconto malinconico del proprio passato, accomunati banalmente da un background fatto di tristezza e disavventure. Il leader dei rapinatori ha un tratteggio scontato, ai limiti del caricaturale – incluse uccisioni ad effetto in luoghi (come la banca) dotati di sicurezza e telecamere di sorveglianza, lo stesso piano criminale non brilla certo per acume.

Il cast, per ragioni differenti, non fa molto per risollevare la situazione. E qui veniamo a quello che in precedenza avevo definito come il mio disappunto più grande. Specifichiamo, non per colpa sua. Vale a dire il sottoutilizzo di Mel Gibson. Il suo è un ruolo piccolo e neanche tanto incisivo, proprio quei ruoli sciatti che ti aspetti vengano scritti per la pigrizia di Bruce Willis che magari recita seduto – o persino in deepfake, come nel caso di un recente spot pubblicitario russo in cui Bruce ha incassato l’assegno standosene comodamente a casa, ultima frontiera del non ho voglia di vivere ma non rinuncio a guadagnare.

Kate Bosworth in forza della natura filmEppure, proprio un ingaggio così irrilevante, offre lo spunto per sottolineare la differenza di approccio professionale tra i due. Mel Gibson non snobba la parte, sempre serio e credibile, gli basta il pilota automatico per mangiarsi facilmente i colleghi che di volta in volta dividono la scena con lui. Il suo Ray è malandato ma ancora coriaceo e non si tira indietro davanti ai casini, ma anzi ci si butta di petto. Peccato, appunto, che il suo utilizzo sia scritto col culo e preveda un’ingrata uscita di scena senza gloria, il tempo di incassare qualche pallottola anonima in combo a due frasette strappalacrime.

Che a mio parere è proprio un errore di concetto, perché nel momento in cui il casting director ti comunica di aver ingaggiato uno come Mel Gibson, fosse anche solamente per quindici minuti in scena, tu hai il dovere morale di riscrivere le sue scene in maniera tale da fargli lasciare il segno come meriterebbe.

Poca roba anche intorno al divo australiano. Emile Hirsch conferma le mie perplessità, avrebbe anche il grugno del tipo sveglio, ma gli manca fisico e personalità per un ruolo del genere; qualcosa mi dice che devono averlo capito anche gli autori, visto che non gli viene concessa nessuna vera scena madre che valga la pena di essere ricordata, così come viene tagliato fuori dalla resa dei conti finale col cattivo, che finisce per fare da cibo per gatti.

Villain che viene affidato al faccione di David Zayas (che con Mel Gibson condivide una partecipazione, in capitoli differenti, nel franchise dei Mercenari) che offre una performance d’ordinanza. Kate Bosworth è la donna tosta, medico che salva le vite, vagamente seducente, insomma un tratteggio inevitabilmente ganzo per quella che – toh, che coincidenza – è la moglie del regista. Che poi, non me ne voglia Michael Polish, ma come co-protagonista femminile ho preferito la performance della meno enfatizzata Stephanie Kayo, peruviana al primo ruolo recitato in inglese.

Se, come accennavo, La forza della natura si piazza un filo sopra la media dei DTV trascurabili, lo deve a una confezione dignitosa. D’altronde, 23 milioni di dollari di budget saranno pur serviti a qualcosa. Peccato solo che Michael Polish non abbia avuto la personalità per investirne una parte in qualche frangente d’azione fatto e coreografato come si deve, che avrebbe potuto scuotere uno script che indovina un’idea e poi con ottusa fierezza ti spiega come fare a vanificarne ogni virgola.

Di seguito trovate il trailer internazionale di La forza della natura: