Horror & Thriller

Lumberjack the Monster: la recensione del film diretto da Takashi Miike

Il prolifico regista giapponese adatta per il grande schermo un romanzo di successo, ma il risultato è modesto, nonostante la diabolica performance di Kazuya Kamenashi

Lo spietato avvocato Akira Ninomiya (Kazuya Kamenashi) viene aggredito in un parcheggio di Tokyo da un maniaco mascherato che brandisce un’ascia, ma sopravvive miracolosamente. Il folle è un serial killer dal ‘marchio di fabbrica’ unico e spiacevole: spacca il cranio delle sue vittime e rimuove il loro cervello.

Akira, però, è altrettanto spietato e diventa ossessionato dall’idea di trovare il suo aggressore prima che lo faccia la polizia. Un ‘mostro’ contro uno psicopatico faccia a faccia, diretto dallo specialista di film weird Takashi Miike: una proposta da leccarsi i baffi per i fan del suo cinema.

Almeno per un po’, Lumberjack the Monster – che è stato presentato in anteprima assoluta al Festival di Sitges – mantiene le promesse, con geyser di sangue che inondano gran parte del set, e il sadicamente sorridente Kazuya Kamenashi in abito elegante a farla da padrone. Poi, però, arriva un terzo atto che si intreccia con nodi espositivi, mentre il ritmo tira il freno. Alla fine delle 2 ore, Lumberjack the Monster resta un po’ confuso, ma ha comunque momenti terribilmente divertenti.

Nonostante il macabro miscuglio di toni a metà tra fiaba e horror e il generoso conteggio delle vittime, il film contiene un messaggio insolito di redenzione morale – che, ammettiamolo, è una delle cose più inaspettate da trovare in un lavoro diretto da Takashi Miike.

La reputazione del prolifico regista giapponese sarà ovviamente un punto di forza per attirare spettatori, così come il materiale originario alla base dello script di Lumberjack the Monster, che è stato adattato da un popolare romanzo di Mayusuke Kurai.

Partiamo da un flashback sulla scena di un’irruzione della polizia in un lugubre covo, in cui marito e moglie eseguono modifiche chirurgiche su un gruppo di bambini rapiti. Uno di questi legge un libro illustrato intitolato proprio “Lumberjack The Monster”, la storia di una creatura cannibale che dà del filo da torcere al volume maledetto di Babadook per la posta in gioco come materiale di lettura più inappropriato per dei minori.

È questo testo che ispira il costume del serial killer – la cui identità è celata dietro una maschera raccapricciante con occhi strabuzzanti– e, nell’ascia, la sua arma preferita.

SEGUONO SPOILER NECESSARI Eppure, il primo omicidio a cui assistiamo non è stato perpetrato da costui. Si tratta della conclusione freddamente opportunistica da parte di Akira di un impiegato dell’ospedale che aveva sperato piuttosto scioccamente di ricattare l’avvocato e il suo amico chirurgo, nonché collega psicopatico, Sugitani (Shota Sometani). Abbiamo la sensazione che questa potrebbe non essere la prima tacca nella cintura da omicida di Akira, ma spiega poco in termini di retroscena per spiegare l’amicizia tra questi due impossibili schizoidi.

Anche se Akira sa chiaramente come comportarsi in una situazione potenzialmente fatale, l’attacco con l’ascia lo coglie estremamente di sorpresa. Subisce un colpo alla testa. E durante il successivo controllo in ospedale, viene scoperta un’anomalia: Akira ha un “chip neurale” (una modifica comportamentale ormai illegale) impiantato nel suo cervello. FINE SPOILER

Pur concedendoci il beneficio di ben 30 minuti di solido spiegone nell’atto finale, le ragioni dietro l’intervento al cervello rimangono alquanto tenui e inverosimili.

Dal canto suo, Takashi Miike infonde Lumberjack the Monster di elementi insolenti e stilizzati – neon saturi e squallidi e una colonna sonora piena di violini taglienti e letali – ma non riesce a nascondere benissimo il fatto che alla fine, nonostante la performance diabolicamente carismatica di Kazuya Kamenashi, il risultato sia un’occasione mancata.

In attesa di capire se arriverà anche in Italia, di seguito trovate il trailer internazionale di Lumberjack the Monster:

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Published by
William Maga