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Voto: 5/10 Titolo originale: Notti magiche , uscita: 08-11-2018. Regista: Paolo Virzì.

Notti Magiche: la recensione del malinconico film di Paolo Virzì

09/11/2018 recensione film di Giovanni Mottola

Non basta la presenza di alcuni grandi attori a dare un'impronta decisa a un'opera sull'ultima stagione del grande cinema italiano; il regista per primo sembra non sapere se sia più giusto rievocarlo con nostalgia oppure con sarcasmo

Notti magiche (2018)

Al termine di una giornata trascorsa a bordo piscina nella villa di un qualche produttore a mangiare, bere e scambiare chiacchiere frivole sui più disparati argomenti insieme ad un folto gruppo di amici e colleghi, lo sceneggiatore Furio Scarpelli esclamò: “Oggi abbiamo fatto un grande passo avanti col lavoro”. Quella che potrebbe sembrare soltanto una battuta è invece il più nitido manifesto sull’ambiente del cinema italiano degli ‘anni d’oro’. La frequentazione reciproca, lo scambio di intuizioni, il confronto sulla realtà che li circondava erano per gli uomini che ne facevano parte la tecnica con cui realizzavano i capolavori che oggi rimpiangiamo.

Non è un caso che di Scarpelli fu allievo Paolo Virzì e che proprio a lui sembra ispirato, fin dal nome, l’anziano sceneggiatore Fulvio Zappellini, uno dei personaggi del suo Notti Magiche. In piccolo, il regista livornese adotta oggi lo stesso metodo: per quest’ultimo film si è ritrovato con i fidati Francesca Archibugi e Francesco Piccolo per rievocare con un misto di nostalgia, ironia e disincanto proprio quel mondo, che egli ha conosciuto nella sua ultima stagione.

Si parla dell’estate del 1990, come indica il titolo prelevato dalla canzone “Un’estate italiana”, inno dei Campionati del Mondo di calcio e del clima di euforia collettiva che pervadeva il Paese. A quell’epoca Paolo Virzì aveva già lasciato Livorno per raggiungere la Capitale, inseguendo non un gol ma il sogno di lavorare per il cinema, che più ancora del calcio rendeva magiche le sue notti come quelle dei tre protagonisti del film.

In uno di essi, l’esuberante Luciano Ambrogi (Giovanni Tedesco) arrivato a Roma da Piombino per partecipare alla finale di un premio per giovani sceneggiatori, ha messo qualcosa di sè, come sembra aver fatto la Archibugi con l’altra concorrente, la ricca e nevrotica Eugenia Malaspina (Irene Vetere), figlia trascurata di un potente politico romano.

Il terzo finalista, il messinese Antonino Scordio (Mauro Lamantia), non è modellato su Francesco Piccolo, che non conobbe quel contesto essendo approdato al cinema solo nei primi Duemila, ma ricorda invece, per le sue pedanti velleità culturali e la sua cinefilia dotta, il Nicola Palumbo di Stefano Satta Flores in C’eravamo tanto amati. Antonino vince il concorso, i tre ragazzi diventano amici e vanno a vivere insieme nella mansarda di Eugenia. Per ciascuno di loro è l’inizio di una breve avventura nel cinema.

All’iniziale emozione di lavorare al fianco dei propri miti subentreranno presto le delusioni dovute a troppi incontri con personaggi cialtroni e strafottenti e finiranno coll’abbandonare l’ambiente. Però che notti, quelle notti. Il film si apre con la morte del produttore Leandro Saponaro (Giancarlo Giannini), che precipita nel Tevere con la sua auto mentre il popolo è intento a seguire i rigori di Italia-Argentina. I tre ragazzi vengono convocati in questura perché sono le ultime persone ad averlo visto e qui ripercorreranno a ritroso la loro storia a partire dal primo incontro.

Siamo in una commedia non in un giallo, dunque non è di nessuna importanza scoprire se Saponaro sia stato ammazzato e da chi. L’unica cosa che conta, sembra volerci dire Paolo Virzì, è che in un ambiente come quello che frequentava avrebbero potuto ucciderlo quasi tutti. Grandi pacche sulle spalle, ma appena queste si voltano amici, collaboratori e colleghi sono pronti a fregarti.

Il gioco di riconoscere quali personaggi reali possano nascondersi dietro a ciascuno di essi appassionerà gli addetti ai lavori; il pubblico percepirà invece che erano tutti tanto bravi a portare sullo schermo le meschinità del prossimo perché in fondo non dovevano far altro che attribuirgli le proprie.

Ecco spiegata la ragione della grandezza di quegli uomini di cinema – e per traslato dei loro film -, ancor più rilucente al confronto con quella classe di autori e intellettuali che oggi ne ha preso il posto e non perde occasione per propinare banalità e conformismo, proteggendosi dietro all’inattaccabile scudo dell’etica.

Se da un lato Paolo Virzì sembra confessare di aver sbagliato in gioventù a idealizzare quei personaggi e il loro mondo, dall’altro nemmeno il passare del tempo e la conseguente serenità di giudizio possono fargli dimenticare nè rinnegare l’emozione provata da ragazzo quando ha cominciato a frequentare quei mostri sacri, qui sintetizzata nella nostalgia che riaffiora in quei ragazzi nel rievocare quella loro breve stagione. Che per Paolo Virzì invece è stata lunga proprio grazie alla passione che hanno saputo trasmettergli gente come Scarpelli o come Ettore Scola, vero padre nobile di Notti Magiche.

Oltre al personaggio di Antonino, da C’eravamo da tanto amati è stato infatti ripreso anche lo schema corale a tre personaggi, così come la smitizzazione del mondo intellettuale romano richiama La terrazza. Non vi è invece nessuna parentela, al di fuori del soggetto sull’iniziazione al fascino della cinematografia e di qualche nota autobiografica, con Nuovo Cinema Paradiso.

Paolo Virzì non raggiunge le vette toccate da Giuseppe Tornatore con quello che resta il suo film migliore, ma non sembra nemmeno voler iniziare la scalata: quella era una poesia d’amore, questa è invece una madeleine sui propri maestri, intinta ora nella nostalgia ora in una cattiveria in parte appresa da essi stessi e in parte assorbita dalle origini toscane, in ogni caso facile da sopportare perché tanto ruvida e ironica da sembrare fasulla. Un soggetto costruito con il nobile scopo di rendere omaggio ai registi e agli sceneggiatori del passato, ma che non riesce a renderne la grandezza, facendoli apparire, allo spettatore che non li conosca di suo, soltanto dei vecchi bisbetici e impigriti sul viale del tramonto.

notti magiche virzìUn vero peccato, dal momento che la scelta degli attori era stata perfetta. In primis, anche se questo esula dal film, per aver omaggiato di una particina – il ruolo di una specie di Michelangelo Antonioni, estraneo alle comunelle di Cinecittà – il grande Ferruccio Soleri, consentendogli d’interpretare alla soglia dei novanta un ruolo fatto di cenni e sorrisi abbozzati e di dimostrare così a quel pubblico che lo conosce a malapena e non lo ha mai ammirato nei panni di Arlecchino per quale motivo già mezzo secolo fa Laurence Olivier, vedendolo in scena, gli disse: “Stasera avrei voluto essere te”.

Poi, perché gli attori sono tutti perfettamente funzionali, nella loro differenza di stile, a riprodurre la contrapposizione tra giovane e vecchio. I tre ragazzi sono interpretati da attori al debutto o quasi (solo la Vetere ha già un film all’attivo) e con la loro recitazione un po’ sopra le righe e macchiettistica manifestano le inesperienze e le speranze; dall’altro lato, grandi attori di teatro come Roberto Herlitzka o Paolo Bonacelli, con i loro toni asciutti e composti, sono mirabili nell’incarnare quei personaggi che sanno accogliere tutto con una scrollata di spalle e una battuta fulminante.

Ma, purtroppo, una volta delineati tutti questi contrasti, manca il manico ad armonizzarli. In Notti Magiche Virzì mette in scena due sé stessi: quello di ieri, rappresentato dagli entusiasmi, le paure e i sogni dei tre ragazzi; e quello di oggi, incarnato dal cinismo e dal disincanto di quei vecchi maestri di cui ora ha preso il posto. Il film sembra girato con la mano destra del primo e la sinistra del secondo, entrambe incapaci di un efficace compromesso tra la propensione al romantico dell’una e quella al sarcastico dell’altra.

Il risultato è un’opera dai toni incerti dove tutti i personaggi rimangono superficiali e che quindi, pur partendo il rispettivo giudizio da una prospettiva diametralmente opposta, non sarebbe piaciuta né ai tre ragazzi né ai grandi vecchi. Rispetto al limbo in cui li ha collocati Paolo Virzì, i primi si sarebbero aspettati il Paradiso. I secondi, invece, avrebbero preteso di finire all’Inferno.

Di seguito il trailer ufficiale di Notti Magiche, nei cinema dall’8 novembre: