Con il film del 2000 si chiude la 'trilogia del suicidio'
Brother di Takeshi Kitano (JAP, 2000) è l’atto ultimo, iniziato con Boiling Point – I nuovi gangster (1990), con cui il cineasta giapponese esaurisce la poetica del suicidio come strumento altro dalla società, in grado di destrutturare l’integrazione e tutto ciò che il sociale ha impregnato nel Reale.
Dopo la sconfitta subita da una famiglia rivale, Aniki Yamamoto (Takeshi Kitano), tradito e abbandonato, decide di mettersi sulle tracce di suo fratello Ken (Koroudo Maki), ormai trasferitosi a Los Angeles. Questi, insieme ad alcuni suoi amici, ha messo in piedi una gang di spacciatori; con l’arrivo di Aniki, l’ascesa dei giovani gangster sembra quasi inarrestabile, finché non sarà proprio la Mafia italo-americana, metafora stessa dell’ambientazione statunitense, a frenare tale avanzata, al fine di ripristinare l’ordine sociale pre-costruito.
L’occhio di Takeshi Kitano, questa volta, ricorda la lama di Luis Buñuel , che tagliava l’occhio del povero spettatore al fine di abbandonare ciò che poteva essere una visione sociale del Cinema. Si stratifica così l’ente vivente Cinema: il regista utilizza ogni unità tecnica (regia, montaggio, fotografia e recitazione) per tracciare un intreccio di culture e la loro distruzione, finché solamente un elemento potrà salvarsi.
Il silenzio, in Brother utilizzato in maniera imponente, di Takashi Kitano rappresenta un’integrazione periferica di due mondi opposti l’uno all’altro. Esso è dunque il linguaggio: le espressioni, i tic e la violenza1 divengono grammatica innata, non solo del cineasta, ma delle culture occidentali e orientali, le quali solo in essa trovano un comune denominatore.
L’ascesa narrativa del personaggio è rapida e surclassa immediatamente lo stereotipo del contesto gangster dei sobborghi americani, fino a scontrarsi e volontariamente morire contro il sostrato mafioso italo-americano (che più si avvicina al concetto di valore della Yakuza).
Questa, che altro non è se non la pupilla cinematografica, è soggetta a miosi: la cinepresa elimina tutto ciò che rappresenta un elemento schizofrenico all’interno del profilmico2, in modo da ripristinare una sorta di gerarchia, già provata a destrutturare nella prima inquadratura. Finché nel finale, attraverso il suicidio di Aniki, ovvero Beat Takeshi, si compie l’ultimo elemento della triade dialettica del suicidio: deporre la volontà.
E così che il protagonista di Brother mostra il proprio disprezzo per ciò che identifica il corpo reale cinema, in cui il desiderio arresta l’atto creativo, permettendo a Danny di essere un cso3, alter ego di Aniki, e quindi salvarsi. La Fratellanza altro non è che una deterritorializzazione dal corpo Cinema.
1 In questa pellicola, Kitano sottolinea attraverso il montaggio sonoro, con le musiche di Joe Hisaishi, la forte componente cruenta, caratterizzata da climax: le scene di violenza sono accompagnate dalla colonna sonora tranquilla e rilassante, a indicare una naturalità innata della violenza nell’umano.
2 Ci riferiamo al concetto di schizofrenico per quanto concerne la dialettica deleuziana all’interno di “Anti-Edipo: capitalismo e schizofrenia”.
3 Corpo senza organi.
Il trailer di Brother: