Chris Pine, Ben Foster e Jeff Bridges sono il tris d'assi di un neo-western destinato a diventare un piccolo classico
In così tanti modi, grandi e piccoli, Hell or High Water è un film sublime, duro ed elegiaco, che nel momento in cui finisce lo si vorrebbe vedere di nuovo. Dalla prima all’ultima sequenza, perfino quella meno rilevante, risulta allora d’indicibile bellezza: ad esempio quella in cui i veterani Texas Ranger Marcus Hamilton (Jeff Bridges) e Alberto Parker (Gil Birmingham) si trovano di fronte al T-Bone, una vecchia tavola calda di un polveroso paesino del Texas, discutendo della loro prossime mosse.
Poco prima, una cameriera ‘vecchia maniera’ e un bel po’ rude, interpretata splendidamente da Margaret Bowman, aveva informato i due, in uno scambio surreale, che avrebbero ottenuto per pranzo solo una bistecca T-bone appunto, intimandogli poi di comunicarle cosa NON volessero come contorno. Quindi, mentre Marcus e Alberto continuano a parlare tra loro, la donna riprende le faccende quotidiane sullo sfondo, arrancando per portare a casa un altro giorno di quella che è stata un’intera miserabile vita passata in quella morente cittadina del Texas occidentale. Solo scena ancillare, ma tanto piccola quanto perfetta.
Collocato nello stato della Stella Solitaria, ma in realtà girato in New Mexico, Hell or High Water è pieno di immagini di cittadine ai limiti del collasso. Attività e negozi chiusi dominano il paesaggio. Graffiti sui muri urlano che qualcuno ha fatto tre turni in Iraq, ma non ottiene aiuto in patria. Bovari che stanno invecchiando riconoscono la natura anacronistica del lavoro della loro vita.
Si inizia con una rapina in banca. Due uomini armati e coperti da passamontagna irrompono in una filiale della Texas Midlands Bank e portano via un bottino in contanti di qualche migliaio di dollari (nessuna mazzetta ‘speciale’ contenente inchiostro esplosivo, nessuna banconota di grosso taglio). La fanno franca, ma è abbastanza chiaro che i due sono nuovi del gioco. I rapinatori sono fratelli. Chris Pine (tanto bello e dotato nella recitazione quanto il migliore Brad Pitt) è Toby, padre divorziato con due figli adolescenti che lotta per salvare il ranch di famiglia. Ben Foster (uno dei migliori caratteristi sulla piazza, giusto ricordarlo) è Tanner, una mina vagante da poco uscita di prigione e di cui ogni azione non sembra fare altro che avvicinarlo a un ulteriore viaggio dietro le sbarre, forse anche perché a lui in realtà non frega un accidente se ciò dovesse accadere.
Jeff Bridges è come detto un Texas Ranger, così perfettamente calato nel ruolo che viene da chiedersi se non abbia portato i suoi stivali e il cappello da cowboy direttamente da un set di un suo film precedente. Vedovo e a pochi giorni dalla temuta pensione, il suo Marcus salta – o meglio, cammina un po’ più velocemente – quando si trova davanti alla possibilità di rintracciare i ladri che stanno colpendo le filiali della Texas Midland. Il suo partner Alberto (Birmingham) è per metà comanche e per metà messicano. Si tratta quasi letteralmente di un duo cowboy-e-indiano. Marcus non perde occasione per punzecchiare Alberto con battutacce politicamente scorrette, con questi che professa di essere profondamente offeso ogni volta, anche se è palese l’amicizia di lunga data e il grande rispetto che vigono tra i due.
Nonostante la testa calda di Tanner, i fratelli sono entrambi abbastanza intelligenti e hanno un piano abbastanza ben concepito, che include il seppellire le vetture usate per la fuga e riciclare il denaro nei casinò dell’Oklahoma.
Mackenzie e Sheridan rendono ogni scena e personaggio indimenticabile: da una sequenza di rapina in banca, dove quasi ogni cliente è grande sostenitore della difesa personale armata, al rifiuto di una cameriera (Katy Mixon) di riconsegnare agli sbirri, quale prova di un crimine, i 200 dollari che ha ricevuto da Toby come mancia, a meno che i Ranger non tornino con un mandato, perché lei ha intenzione di usarli per pagare parte del suo mutuo, infine a una partita a poker in cui un vero minaccioso comanche incombe su Tanner cercando di intimidirlo, solo per rendersi conto non si può intimidire un vero sociopatico come lui.
Visivamente e musicalmente poi è davvero una delizia. Chris Pine è forse al miglior ruolo della carriera (guardate per credere detrattori a prescindere!). Ben Foster è come sempre spaventosamente efficace. Jeff Bridges è Bridges – che ha minutaggio sullo schermo quasi quanto i due fratelli, ma viene considerato attore non protagonista – e potrebbe benissimo ottenere una nomination. Birmingham ha il più tranquillo dei quattro ruoli principali, ma ha i suoi momenti di gloria, spesso molto divertenti. Al momento uno dei film dell’anno. La vera notizia è che verrà però distribuito in esclusiva da Netflix.
Di seguito il trailer di Hell or High Water: