Il regista adatta per il grande schermo il romanzo di Scott Berg che racconta il rapporto tra lo scrittore Thomas Wolfe e il suo editor Maxwell Perkins, interpretati dalla coppia di star formata da Jude Law e Colin Firth
Che cos’è il genio? “Fantasia, intuizione, decisione e velocità di esecuzione”, rispondevano gli “zingari” di Amici Miei. La formula viene corretta con l’aggiunta di “tormento e follia” in Genius, prima opera cinematografica del regista teatrale Michael Grandage, che racconta sul grande schermo il rapporto tra lo scrittore americano Thomas Wolfe (Jude Law) e il suo editor Maxwell Perkins (Colin Firth), già scopritore di Ernest Hemingway e Francis Scott Fitzgerald. E’ la vecchia storia degli opposti che si attraggono: uno è scrittore dal talento cristallino e dal carattere sovraeccitato, non viene compreso dagli editori che rifiutano il suo libro, vive con una donna sposata soggetta a crisi di nervi; l’altro è buon padre di famiglia, di poche parole, con un’occupazione sicura e ben remunerata. Nulla in comune a parte la smania per il lavoro sulle pagine, che Tom scrive e Max legge e corregge: è questo il punto d’incontro tra due anime così diverse e si realizza quando all’editor viene recapitato il romanzo di Wolfe.
All’inizio promette svogliatamente di dargli un’occhiata veloce, ma poi arriva a barricarsi nello sgabuzzino di casa pur di leggerlo con attenzione e scoprire così di aver a che fare con un genio. Il diamante ha però bisogno di essere ripulito dal carbone e Perkins è costretto agli straordinari per asciugare il linguaggio e tagliare interi paragrafi delle prime stesure di Wolfe, che della sintesi è acerrimo nemico. I due iniziano così a lavorare di giorno e di notte, trascurando ogni altro impegno per il disappunto dei rispettivi cari, in particolare della compagna di Tom, Aline Bernstein (Nicole Kidman), finché non arriva il preventivato successo. Altro giro e altro regalo, finché tra i due qualcosa si rompe. La malattia dello scrittore non concederà il tempo per riaggiustarlo.
A voler essere pignoli si potrebbe muovere un’altra critica sul fatto che due figure come Hemingway e Fitzgerald vengano inserite a far da tappezzeria, perché due soggetti di tal calibro non possono recitare la parte dei comprimari in un film che racconta proprio quel contesto e quell’epoca di cui furono protagonisti incontrastati. Non è paragonabile il ricorso che fece a loro due (e a tanti altri) Woody Allen in Midnight in Paris: là si intendeva smitizzare con leggerezza il culto del passato ed era funzionale allo scopo renderli quasi due macchiette; qui invece appare come una scorciatoia, per concedere al pubblico – che per lo più non conosce Thomas Wolfe – due nomi noti. Meglio sarebbe stato non inserirli nella sceneggiatura.
All’infuori di queste pignolerie da addetti ai lavori, il film è apprezzabile per la ricostruzione della New York anni Venti-Trenta, con le sue tipiche case, il porto, i jazz club dell’epoca. Proprio all’interno di uno di questi locali si svolge la scena più significativa del film, con i due protagonisti che mettono a confronto le rispettive concezioni dell’arte e della vita. I duetti tra Wolfe e Perkins sono il punto forte del lavoro di Grandage, che sembra quasi voler lasciare allo spettatore il dubbio su quale dei due personaggi sia il vero destinatario dell’appellativo di “genio”: l’uomo di successo che non sbaglia un colpo o il talento disordinato?
A farci sorgere questo dubbio contribuisce di certo lo straordinario lavoro di Colin Firth nella parte dell’uomo che sta dietro le quinte un po’ per mestiere e un po’ per carattere. Firth appartiene alla schiatta dei Gabin, dei Lino Ventura, di certi attori inglesi provenienti dal teatro: di quegli interpreti, cioè, che riescono a rendere alla perfezione un personaggio con la sola mimica, senza tanti gesti inutili. In questo è aiutato dal dover interpretare un uomo la cui sola bizzarria è quella di non togliersi il cappello nemmeno a tavola (chissà perché?). Discorso opposto per Jude Law, che offre una prova in certi momenti troppo carica, ma gli va riconosciuto che a lui è toccata la parte più sopra le righe tra le due, dunque la più difficile. Decretiamo dunque Firth vincitore ai punti, e non per K.O., di questa gara tra divi.
Di seguito il trailer ufficiale italiano di Genius, nei cinema dal 9 novembre: