Un thriller feroce che scoperchia i recessi più oscuri della periferia australiana avvalendosi delle intense prove dei tre protagonisti
Gli australiani conoscono un paio di cose interessanti sugli horror thriller feroci e dai toni cupi. Nell’ultimo decennio, il regista Justin Kurzel ha esplorato il volto grottesco del crimine serpeggiante nella vita reale nell’ottimo Snowtown, esplorando le tormentate giornate di un neonazista che infierisce sui deboli e i bisognosi. Wolf Creek di Greg McLean ha similmente mescolato crimini spregevoli per modellare un sadico serial killer di turisti in viaggio nell’entroterra. E anche Animal Kingdom di David Michôd, che tecnicamente è un crime thriller, non si è certo tirato indietro nel mostrare il lato peggiore della vita suburbana del continente.
Ambientato nella periferia di Perth, Australia (patria di una coppia di assassini realmente esistiti e attivi negli anni ’80, Catherine e David Bernie) durante il periodo natalizio nel 1987, HoL mette chi lo guarda in una posizione scomoda fin dalla sequenza di apertura (visibile anche nel trailer in chiusura), che indugia al rallentatore (uno dei molti che si vedranno in seguito, che si potrebbero interpretare come un desiderio subconscio di trattenere questi momenti di innocenza il più a lungo possibile) su un gruppo di ragazze che giocano nel cortile di una scuola, mentre vengono scrutate da una coppia di predatori ‘a caccia’. Non c’è nulla di pruriginoso nel come Young presenti questi momenti, solo un senso di malevolenza che viene confermato rapidamente quando scopriamo qualcosa di più su chi siano i due in macchina. John (Stephen Curry) e sua moglie Evelyn (Emma Booth) sono raffigurati come mostri fin dall’inizio. Seguono una ragazza, la attirano nella loro vettura e quando la ritroviamo non è rimasto molto da vedere di lei. Nonostante tutta la loro repulsività, l’efficacia della pellicola si fonda sul mantenerli riconoscibilmente umani, un uomo e una donna i cui dubbi e le insicurezze alimentano i loro spaventosi desideri. E quando la successiva vittima, Vicki (Ashleigh Cummings), si ritrova tra le loro grinfie, capisce rapidamente che sfruttare queste debolezze potrebbe essere la sua unica via di fuga. Studentessa che attraversa un momento difficile, Vicki è ancora turbata dalla decisione di sua madre di lasciare il padre e desiderosa di esprimere la sua infelicità facendo qualcosa. Dopo un litigio, decide così di partecipare a una festa, incappando in John ed Evelyn lungo la strada. Incoraggiata a seguirli a casa loro con la promessa di trovare erba a buon mercato, si ritrova – mentre sullo sfondo esplode Nights In White Satin dei The Moody Blues – drogata e incatenata a un letto.
Hounds of Love si avvale del duro lavoro di tutti e il regista dimostra acume e padronanza tecnica del mezzo e della suspense facendo sì che le sequenze più torbide o disturbanti scivolino verso la loro disagevole conclusione fuori campo, senza indugiare in dettagli visivi scioccanti, ma lasciando che sia l’immaginazione del pubblico a intuire quanto si sta consumando. In una scena fa sembrare difficile quanto la scalata dell’Everest il solo atto di attraversare una stanza fino a una porta aperta. Young con Hounds of Love si è dimostrato un filmmaker da tenere d’occhio e ora non resta che attendere il prossimo Extinction, film di fantascienza con Lizzy Caplan e Mike Colter attualmente in lavorazione, per capire se la fiducia in lui è stata ben riposta.
Di seguito il trailer originale: