Il regista realizza un documentario ai limiti dell'horror, non adatto ai più impressionabili o a chi pensa che i topi siano bestioline innocue
Morgan Spurlock è già riuscito ad allontanarci dal cibo in passato. La sua opera di debutto, il candidato all’Oscar Super Size Me (2004), potrebbe addirittura aver contribuito a rendere il mondo un posto migliore facendo si che McDonald’s togliesse dal mercato le opzioni extra-large dai suoi menù. Ora il regista è tornato con un nuovo documentario che farà sobbalzare in un altro modo i vostri stomaci: Rats. Quando deciderete di guardarlo evitate di tenere a portata di mano uno spuntino. Anzi, assicuratevi di non aver nemmeno cenato poco prima. Se i topi in sè non vi creano particolare nausee, saranno le larve, i vermi o altre parassiti mostrati, soprattutto durante le sequenze di dissezione. O vi verranno, dopo tutto quello che avrete scoperto riguardo la pericolosità sanitaria dei roditori, vedendo la gente in India che condivide il proprio pasto e le bevande con i ratti o alcuni avventori vietnamiti che ne gustano le prelibate carni in un ristorantino all’aperto dopo che un’amabile vecchietta ne ha cucinati alcuni dopo averli amorevolmente scuoiati e impastellati.
Al contrario, Rats esalta la vitalità umana. Come il miglior film di Spurlock fino a questo momento, Comic-Con Episode IV: A Fan’s Hope (2011), è una celebrazione delle passioni della gente. Solo che qui quelle passioni possono sembrare agli spettatori ancora più strane. C’è un ragazzo che ama chiaramente essere uno sterminatore. Ci sono scienziati nella New Orleans post Katrina che amano la ricerca e la catalogazione delle malattie di cui gli animali sono portatori. Ci sono cacciatori di topi nelle campagne inglesi che amano lanciare i loro cani terrier non all’inseguimento della volpi ma di topolini dei campi. E poi ci sono gli indù che fanno pellegrinaggio in un tempio e venerano i 35 mila topi che vi vivono, onorandoli come reincarnazioni dei loro antenati.
Inoltre, come in Comic-Con, questo è uno dei rari documentari in cui Spurlock non compare mai sullo schermo, che è essenziale per permettere di apprezzare i protagonisti piuttosto che l’impalcatura intorno a loro e senza il tramite del regista a veicolare quello che succede. Fortunatamente, pur ricordando spesso un ‘film di mezzanotte’, l’opera non esagera nel cercar di suscitare brividi quando gli esseri umani si trovano al centro della scena. Alcuni spettatori potrebbero trovare la demonizzazione degli animali problematica, più che con un normale film di finzione (pensiamo ad esempio a Willard), ma questa – e non si lesinano certo dettagli macabri – finisce più o meno per diventare una nota pro-ratto.
Rats è un grande compagno per il film di Ascher, così come pure fa dimenticare The Blackout Experiments di Rich Fox, uscito all’inizio di quest’anno e completo fallimento che non mostra alcun rispetto per il soggetto, i suoi personaggi o i suoi spettatori. E per di più non è mai chiaro ciò che vuole davvero trasmettere, oltre che dare una vaga visibilità a un particolare tipo di intrattenimento. Ci sono personaggi convincenti, ma Fox li tiene a distanza, come creature strane, una cosa ben differente da come il film di Spurlock abbraccia i suoi soggetti. Opportunamente, The Blackout Experiments è una visione estenuante da portare a termine, e non in modo positivo.
Tutti questi documentari horror sono stati presentati in anteprima nei programmi di mezzanotte dei maggiori festival – Blackout e Nightmare al Sundance e Rats a Toronto, e se altri registi riusciranno a raggiungere risultati del calibro di Ascher e Spurlock aspettiamoci un futuro roseo per questo filone. I documentari di stampo orrorifico non ricevono ancora molta attenzione, ma qualcosa si sta muovendo, e non solo è interessante vedere tale innovazione all’interno del panorama cinematografico della non fiction, ma anche vedere come tale innovazione stia allargando il pubblico dei documentari.
Di seguito il trailer ufficiale di Rats: