Sci-Fi & Fantasy

Recensione story | Primer di Shane Carruth

Nel 2004 l'ingegnere americano esordiva nel mondo del cinema con un'opera sci-fi low budget incredibilmente fuori dagli schemi hollywoodiani, ugualmente ostica e affascinante

Scritto, diretto e montato dall’allora 32enne Shane Carruth, che ne ha anche composto la colonna sonora e vi ha recitato, Primer venne realizzato con un budget di circa 7.000 dollari, una somma incredibilmente esigua ma sufficiente a non farlo mai sembrare così incredibilmente ‘povero’, nonostante fosse stato quasi interamente girato all’interno del garage del regista stesso a Dallas. Vincitore del premio per il miglior film drammatico al Sundance del 2004, il piccolo ‘caso’ cinematografico di quell’anno fu, per ammissione di Shane Carruth, un oggetto misterioso, ‘ineffabile’ nella sua essenza al suo stesso creatore mentre prendeva forma.

Fantascientifico rompicapo sconvolgente (e inevitabilmente affascinante) incentrato su due giovani scienziati che realizzano in casa l’invenzione più importante della storia dell’umanità, nella sua intensità occultista, Primer sembrerebbe mostrare palesi influenze di Pi greco – Il teorema del delirio di Darren Aronofsky e di La conversazione di Francis Ford Coppola.

Tuttavia, ciò non renderebbe giustizia alla sua pungente originalità; a volte ricorda una versione ‘per adulti’ di Donnie Darko, mentre la granulosità paranoide del film si avvicina a quella espressa in Insider – Dietro la verità di Michael Mann. Nel suo bizzarro idealismo, in realtà, rimanda addirittura in qualche modo a Lo scandalo del vestito bianco, dove Alec Guinness inventava uno straordinario tessuto indistruttibile e impossibile da macchiare. Proprio come in quel film del 1951, Shane Carruth ritrae in Primer gli scienziati non come stereotipati geek o sinistri lacchè di qualche mega corporazione, ma come autentici, seppure imperfetti, eroi del ‘pensiero originale’ che realizzano cose sbalorditive senza alcun classico aiuto istituzionale.

A una prima ‘impreparata’ visione, Primer non può che sconcertare e frustrare lo spettatore per la maggior parte del tempo, specialmente verso la fine. Eppure, è innegabile che riesca ugualmente ad attrarlo magneticamente. Questo è quel tipo di produzione che presuppone che il suo pubblico sia intelligente, parallelamente infrangendo molte altre regole hollywoodiane. I dialoghi sono infatti costituiti da farfugliamenti tecnici indiretti e oscuri. I personaggi non riescono a superare ostacoli emotivi; i due protagonisti sono entrambi uomini sposati, ma non assistiamo a nessuna crisi romantica e il successo dell’invenzione casuale non mette alla prova la loro amicizia. Finiscono persino coinvolti in una incredibile resa dei conti che coinvolge una pistola e una donna – eppure lo stile narrativo è così indiretto, così gnomico, che tale evento si verifica in una drammatica gravità zero.

Per quanto riguarda gli aspetti scientifici in se, sono evidentemente strani e assurdi, sebbene non sia facile giudicare quanto. (Shane Carruth ha lavorato in effetti come ingegnere prima di buttarsi nel cinema …). Tuttavia, nonostante l’assunto per forza di cose ai confini dell’impossibile, Primer può esser visto come un glorioso rimprovero a quei goffi film in cui un’indagine scientifica e tecnologica si riduce a una semplice ricerca su Google.

Shane Carruth e David Sullivan interpretano Aaron e Abe, due ragazzi che hanno un lavoro diurno come ingegneri, per questo li vediamo indossare giacca e cravatta in varie fasi del film. Stanno sviluppando alcuni progetti anticonvenzionali nel loro tempo libero, che sperano di riuscire a ‘vendere’ a qualche illuminato investitore. Uno di questi è un nuovo sistema di refrigerazione che fa raffreddare le cose senza diventare lui stesso freddo. Ma Aaron e Abe sono distratti dallo strano modo in cui certi gas inerti, in una cassa di metallo fatta in casa, sembrino far aumentare la massa di un oggetto chiuso all’interno in determinate condizioni. Delle muffe crescono di cinque anni in cinque minuti. Un orologio scorre al contrario. Ok. Hanno creato una macchina del tempo.

Uno dei grandi meriti di Primer è che questa scoperta non fa ridere, ma sbalordire. Un risultato raggiungibile grazie al comportamento molto plausibile dei due inventori, che non stappano champagne o si affrettano a scommettere sui vincitori del Super Bowl, ma sembra come se l’universo potesse semplicemente dividersi in due, proprio dove loro hanno formato quella sottile crepa. Sono troppo spaventati per esprimere ad alta voce ciò che hanno fatto.

L’insuperabile difficoltà delle storie che parlano di linee temporali che si incrociano e sovrappongono arriva quando si torna indietro a prima che la macchina del tempo sia stata inventata. È un paradosso auto-annullante che Primer riesce ad eludere – in un certo senso – facendo in modo che i suoi due viaggiatori temporali facciano cauti salti di sei ore prima di tornare al presente. Si infilano in una grande scatola ronzante nascosta in un magazzino temporaneo da cui sono in grado di fare ‘incursioni’ nel futuro, per apprendere con cautela i prezzi delle azioni di successo di alcune aziende con volumi abbastanza grandi da poter camuffare le loro scommesse, e poi ritornare indietro. Quindi, trascorrono quel tempo ‘ripetuto’ rinchiusi in una stanza d’albergo, dove non c’è pericolo che incontrino i loro doppi del futuro, in cerca di informazioni privilegiate. “Hai fame?” chiede uno dei due languidamente. “Non ho più mangiato da questo pomeriggio.” (per una spiegazione ‘visiva’ vi consigliamo di ingrandire il grafico qui sopra).

Li rende ricchi? Li rende felici? O forse, come il leggendario tesoro della Sierra Madre, li mette l’uno contro l’altro? No, no e non esattamente. Non esiste una morale scontata in Primer: Abe e Aaron negano nervosamente la loro scoperta, che gestiscono in pratica come si farebbe contando le carte al blackjack, ovvero l’unica alternativa possibile per non diventare completamente pazzi. Certo, fantasticano un po’ sulla possibilità di arricchirsi e di dare un pugno in faccia al loro capo, prima che la trama prenda una strana piega verso un complotto su qualcuno che minaccia una donna che conoscono con una pistola a una festa. In perfetto stile ‘Giorno della Marmotta‘ allora, rivivono l’evento ancora e ancora, per perfezionare la loro tecnica tesa a disarmare l’assalitore e impressionare così il padre della donna – un importante imprenditore di venture capital che potrebbe renderli entrambi miliardari. La paranoia entra comunque in gioco quando uno dei protagonisti inizia a sospettare che l’altro abbia già rivelato il segreto a questo oscuro finanziatore.

In definitiva, Primer riesce davvero a diffondere un brivido radioattivo attorno al soggetto, semplicemente trattandolo come un tipico thriller cospirazionistico, e questa elettricità si riversa incessantemente dallo schermo. Così come i suoi personaggi, questo film è molto, molto ambizioso e piuttosto folle. Eppure, è immensamente più interessante del titolo medio sci-fi prodotto a Hollywood. È un’esperienza esaltante, inquietante e, inaspettatamente, divertente. E, proprio per questo, in Italia è ad oggi ancora INEDITO.

Di seguito il trailer internazionale di Primer:

Share
Published by
William Maga