I due registi realizzano un thriller pandemico che si innalza sopra la media delle classiche produzioni indipendenti americane
Oramai, i fan dell’horror dovrebbero essere avvezzi alla strategia della Blumhouse di distribuire titoli mai visti prima direttamente su Netflix o in VOD senza preavviso. Questo potrebbe spiegare il motivo per cui potreste non aver mai sentito parlare, almeno fino ad ora, di Viral, nuova prova registica di Henry Joost e Ariel Schulman (Paranormal Activity 3 e 4). Film come Mockingbird – In diretta dall’Inferno, Mercy e The Veil non sollevano dubbi sul motivo per cui Jason Blum abbia scelto di farli uscire senza troppe cerimonie, ma Viral si. Nella sceneggiatura firmata da Christopher Landon e Barbara Marshall c’è infatti più di vermiformi invasori e brividi adolescenziali. Il VOD non è più un tragico destino per un film, ormai dovrebbe essere chiaro.
Una delle cose che saltano subito all’occhio vedendo Viral è che i due registi sanno come girare un film. Quando si pensa allo straight-to-VOD è probabile che in molti si immaginino riprese un po’ grezze e vagamente da dilettanti (ovvero non adatte per gli schermi di un cinema) – ma è meglio cancellare tale supposizione. Il direttore della fotografia Magdalena Górka lavora con Joost e Schulman per ricostruire un’atmosfera da West Coast baciata dal sole, filmata in modo pulito e conciso. La comunità recintata di Shadow Canyon si giustappone alle sfumate regioni montagnose colore argilla, mentre una lente più frizzante segue le due sorelle che lottano disperatamente per rimanere umane. Anche quando entrano in gioco gli effetti speciali (parassiti che si agitano o esplosioni), la produzione non scende mai al di sotto di una linea di qualità che molte opere indipendente non raggiungono.
Una strategia certo avventata, ma una volta che la vera trama del film comincia a mutare in una pericolosa esplorazione del personaggio (sì, uno dei protagonisti viene infettato), la dinamica tra le due star picchia su un devoto e fraterno legame costruito su biscotti e sete di sangue. Gettate quindi nella mischia Travis Tope come tenero interesse amoroso di Emma (che per fortuna non è così fastidioso come in Independence Day: Rigenerazione) e Machine Gun Kelly come quello fedifrago di Stacey, e avrete un cast pronto ad affrontare il giorno del giudizio.
Se siete portati per le pellicole con infezioni e isterismo di massa potreste trovarvi quindi a vostro agio approfondendo Viral e la sua sperimentazione su piccola scala. Lo stesso vale per gli amanti del body horror, che possono trovare pane per i loro denti nel design delle creature, che ricorda un po’ quello di The Faculty, che non fa gridare al miracolo, ma che riesce a insinuarsi sotto la pelle in caso di necessità. Joost e Schulman hanno catturato l’essenza di qualcosa solitamente più grande in una confezione molto più piccola, realizzandolo con sufficiente know-how tecnico per creare un’esperienza indie più elegante e levigata della media. Alla fine resta da chiedersi perché la Blumhouse abbia tenuto anche Viral al di sotto dei radar, che certamente più di qualsiasi altro potrebbe essere preso come esempio delle sorprese che lo studio è in grado di regalare al suo pubblico di tanto in tanto.
Di seguito il trailer ufficiale di Viral: