Nel 1984, Patrick Swayze, Charlie Sheen e Lea Thompson era i giovani protagonisti di un film partigiano, un'assurda catarsi in salsa reaganiana maturata da un senso di colpa per la 'guerra sbagliata'
Nel settembre del 1984, un film faceva discutere più la gente interessata alla politica che i critici cinematografici. Si trattava di Alba Rossa (Red Dawn), che per molti suonava più come un ‘Abbasso i rossi’. In un liceo di Calumet, nel Colorado, un insegnante nero, inconsciamente presago, sta parlando dei massacri compiuti dalle orde mongole di Gengis Kahn, quando nugoli di paracadutisti piombano giù dal cielo. Il professore è la prima vittima di quest’orda moderna che spara e uccide all’impazzata adulti e ragazzi. Lo schermo si oscura e scritte lapidarle annunciano che in qualche centro meno periferico l’America ha subìto i primi colpi nucleari. Gli alleati europei si sono tirati indietro. Il ‘partito verde’ ha preso il potere in Germania dell’Ovest. La Nato si è sciolta. Dal confine messicano sono entrati flotti di invasori cubani e nicaraguensi come quelli paracadutati su questa sonnacchiosa cittadina delle Montagne Rocciose.
Alla regia del film, che a fine corsa avrebbe incassato 38 milioni di dollari a fronte dei 4 di budget, c’è John Milius, reduce da Conan il barbaro del 1982, che davanti alla stampa teneva fede al personaggio delle sue interviste-autoritratto.
Era (è?) un tipo che amava la violenza fine a sé stessa, ammettendolo senza problemi: “Sì, è vero, sono un gran cacciatore di capre selvatiche. Le odio. Ho ammazzato anche femmine incinte. Ma non mi sono mal chinato a raccoglierle, voglio solo ucciderle, non mangiarle”, raccontava. Aveva anche miti nostalgici: “Sono un pagano, ma un pagano onesto”. E pure un ‘vero americano’, di stampo antico: “Dell’America amo la vecchia etica del franchi tiratori. È per questo che non posso sopportare la sconfitta del Vietnam. Un cacciatore non può tollerare scacchi“. E In politica, come la pensava nel 1984? “Io amo la bomba … sono un anarchico zen”. Eppure, i giornalisti chiamati a discutere il Alba Rossa trattavano il regista dalle ‘sadiche’ rappresentazioni (Conan, Dillinger, Un mercoledì da leoni) come un ‘fascista zen‘.
Alba Rossa è del tutto inattendibile e ridicolo, tanto nelle premesse quanto negli sviluppi successivi. In questo squarcio di Stati Uniti pullulante di truppe d’occupazione armate fino al denti, spietate dispensatrici di terrore e di morte, un pugno di superstiti del bagno di sangue iniziale, i Wolverines (dal nome della locale squadra di football americano) si danno alla macchia (tra loro le giovanissime future star Patrick Swayze, Charlie Sheen e Lea Thompson), e vanno sui monti per fare i guerriglieri. La mostruosa macchina militare sovietico-cubana-nicaraguense che si è abbattuta sul grande paese, è sfidata così da otto ragazzotti indomiti, tra cui due ragazze che hanno appreso la lezione femminista. Autentici partigiani degli anni Ottanta americani, si riforniscono di fucili da caccia e di casse di birra nel locale drug-store. Si muovono come pesci maoisti nell’acqua del loro popolo vessato, decimato, sottoposto a torture fisiche e morali, inquinato dal tradimento e dalla rinuncia.
Sul fronte opposto, russi, cubani e nicaraguensi fanno la parte degli occupanti più odiosi, feroci, ottusi. Salvo uno sprazzo di umanità
che lampeggia in un colonnello cubano, nostalgico delle battaglie nella Sierra, il loro campo è, classicamente, quello dei ‘cattivi’. L’ultima inquadratura è una lapide: “All’Inizio della Terza Guerra mondiale, un pugno di giovani, In gran parte ragazzi, hanno lottato e sono morti soltanto perché questa nazione non scomparisse dalla Terra”. Sullo sfondo, sventola un bandierone a stelle e strisce. Però, John Milius – che ha scritto Alba Rossa con Kevin Reynolds – non ci spiega come sia avvenuta la catarsi.
Più probabile pensare che John Milius, autore della sceneggiatura di Apocalypse Now, aveva voluto con Alba Rossa liberarsi di un complesso, quello del Vietnam, la più moderna e realistica incarnazione del mito di David e Golia. Nel film diretto da Francis Ford Coppola, deve aver ‘acquisito’ il senso di colpa di appartenere all’America che ha combattuto dalla parte sbagliata, a un’America incapace di portare al successo la propria superiorità militare. A John Milius è rimasto il disagio di chi, sia pure ex post, ha spiegato – attraverso le immagini – che il gigante non era riuscito a schiacciare il pigmeo.
Nel 1984, con Alba Rossa, si liberava quindi di questo complesso, appropriandosi dell’ideologia della resistenza. Ma il film, che pure scorre nella grande scia dello sciovinismo americano e reaganiano e che pure inietta nel pubblico massicce dosi di idiozia anticomunista, una sua velenosità anticonformista la possiede. A chi ci rifletta un po’ su, racconta che la salvezza degli USA non starebbe nei fucili d’assalto MX e nei B1, ma nella guerra partigiana. Sempre nella dannata e assurda ipotesi che … Ma è più ipotetica un’invasione latino-americana degli Stati Uniti o quella degli Stati Uniti che invadono il Nicaragua?
Di seguito una scena di Alba Rossa: