Nel 2004 Raoul Bova e Sanaa Latham erano i protagonisti di un crossover attesissimo, più efficace sulla carta che sullo schermo
C’è una scena commovente verso la fine di Alien vs. Predator, quando uno Yautja di oltre due metri e dal muso zannuto, usando il sangue acido di un arto mozzato di un facehugger alieno, imprime teneramente un ‘marchio’ di coraggio e di rispetto sulla guancia dell’imprevedibile ultima sopravvissuta umana. Lei fa una smorfia mentre la sua pelle brucia, e poi i loro occhi si incontrano attraverso la grande distesa di spazio e tempo che separa le due culture, e poi si baciano … o almeno è quello che avrebbero fatto se la Regina aliena non avesse sviscerato il nuovo amichetto della donna con la punta implacabile della sua coda. E qui finisce così la quasi nascita di un nuovo genere cinematografico, la commedia romantica inter-specie.
Arrivato nei cinema nel 2004, questa è la simbolica trama di Alien vs. Predator, attesissimo crossover diretto da Paul W.S. Anderson, al tempo reduce dal successo del primo capitolo di Resident Evil. Un uomo d’affari moribondo, Charles Bishop Weyland (Lance Henriksen), e il suo team di esperti stanno indagando sulla fonte di un segnale non identificabile proveniente da sotto la calotta glaciale antartica, che sembra essere anche il sito di una vecchia stazione baleniera, misteriosamente abbandonato esattamente 100 anni prima. Molto sinistro. Quando Weyland e la squadra arrivano in loco, pronti per iniziare a trivellare nel ghiaccio, scoprono però che un tunnel perfettamente circolare è già stato scavato utilizzando una tecnologia non di questo mondo. Traforo del Monte Bianco scansati proprio.
Inutile dire che tutto va velocemente terribilmente storto, dimostrando che non importa quanto tu sia tecnologicamente avanzato, ci sarà sempre una razza superiore nell’universo pronta a rimetterti al tuo posto.
E prima che tu possa dire “camera sacrificale”, i teneri cuccioli di Alien spuntano attraverso le tue costole come narcisi schizzati di sangue durante una primavera particolarmente feconda. Presto tutti iniziano allora a correre e urlare attraverso un labirinto di tunnel malamente illuminati che si spostano casualmente e finiscono per morire male in una varietà di modi dolorosi e ingegnosi. Ah si, lungo la strada scopriamo anche come hanno fatto ad estinguersi misteriosamente le grandi civiltà indigene del centro e sud America.
Alien vs. Predator deve la sua genesi più ai videogiochi che ai popolari film delle due saghe che li hanno preceduti, ma questo in realtà pesa a suo favore in quanto non è vincolato dalle convenzioni degli stessi (sebbene ciò non abbia impedito al meravigliosamente stravagante Jean-Pierre Juenet di realizzare lo spettacolare Alien – La clonazione, un film che, avendo Winona Ryder nei panni di una forma di vita sintetica vendicativa, è responsabile di una delle decisioni di casting più sconsiderate di tutte tempo).
Ecco allora giungere facilmente la risposta alla fatidica domanda su come gli Alien, senza nemmeno ingoiare prima una sorsata di latte in polvere, passino da una ventina di centimetri di lunghezza a un paio di metri di altezza nello spazio di soli cinque minuti. In un contesto che parte da tali premesse, non è affatto necessario preoccuparsi del ‘canone’.
E se la carriera hollywoodiana del nostro Raoul Bova nasce e muore (per sua volontà) con questo film, è lo Spud di Trainspotting (alias Ewen Bremner) a ricevere il plauso maggiore, non tanto per la presenza scenica o le qualità recitative, quanto per il fatto che generalmente quelli in cui c’è lui sono i momenti migliori di qualunque opera in cui si trovi a lavorare. Ed è anche adeguato che si ritrovi a trascorrere i suoi ultimi istanti di vita con il connazionale Tommy Flanagan.
Nel frattempo, nella realtà, i Predator si sono presentati tardi alla festa e non sono molto contenti che gli umani abbiano ‘incasinato’ il loro progetto sotterraneo. Non solo alcuni degli uomini sacrificali sono ancora vivi infatti, ma hanno anche rubato inavvertitamente le armi a guida laser di alcuni loro compagni, rendendo così un po’ meno sicuro l’esito della caccia.
Ma prima che cadano assistiamo alla scena che ogni fan delle saghe aveva sempre sognato: un Predator rotea un Alien per la coda come un lanciatore di martello olimpico, prima di scagliarlo via attraverso la stanza.
E poi – a sorpresa – ne arrivano altre due: una donna, un Predator, entrambi fanno quello che devono fare. Lei dimostra il suo coraggio facendo ciò che gli altissimi, invisibili e pesantemente armati Yautja chiaramente non riescono a fare. Prende a calci un bavoso Xenomorfo, distrugge le uova della Regina, e poi insieme corrono mano nell’artiglio nella notte verso un epilogo dal sapore romantico. Poi, con il suo compagno morto ma che rimarrà per sempre nel suo cuore, spetta all’esuberante ‘sostituta’ di Hellen Ripley eliminare la Regina aliena e procurarsi una crema anti-cicatrici per il suo viso permanentemente sfigurato. Magari avrebbe potuto darle il tradizionale anello …
Di seguito trovate la scena dello scontro tra titani di Alien vs. Predator: