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Voto: 6/10 Titolo originale: Last Night in Soho , uscita: 21-10-2021. Budget: $43,000,000. Regista: Edgar Wright.

Ultima notte a Soho: la recensione del film giallo di Edgar Wright (Venezia 78)

12/09/2021 recensione film di William Maga

Anya Taylor-Joy e Thomasin McKenzie sono le protagoniste di un omaggio alla magica e oscura Swinging London, un'opera insolita per il regista ma meno riuscita delle precedenti

ultima notte a soho film Thomasin McKenzie

Da L’alba dei morti dementi a Hot Fuzz (la recensione), fino e Baby Driver (la recensione), Edgar Wright ha fatto carriera parodiando i cliché della cultura pop, pur trattando la storia dei suoi generi preferiti con una certa reverenza nostalgica.

Con Ultima notte a Soho (Last Night in Soho), presentato in anteprima fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, il regista britannico ha deciso di mettere da parte il suo noto stile ipercinetico – fitto di tagli di montaggio rapidi e di battute post-modernamente ironiche – per realizzare un thriller psicologico per lo più lineare.

Inizialmente, Ultima notte a Soho riesce in questa impresa, almeno abbastanza da dimostrare che il 47enne è quel raro filmmaker abile sia nel farci ridere che nel terrorizzarci. Ma evidenti problemi di sceneggiatura, alla fine, fanno deragliare questa storia, deludendo nel mentre le aspettative del suo miglior personaggio.

ultima notte a soho film poster 2021Ultima notte a Soho è sia una lettera d’amore per la città di Londra sia un ammonimento per coloro che oseranno, nonostante i suoi molti pericoli nascosti, fare della capitale la loro casa.

In una prima volta per Edgar Wright, il film (co-scritto con la sceneggiatrice di 1917, Kristy Wilson-Cairns) è anche incentrato su personaggi femminili complessi, una gradita deviazione dai suoi protagonisti tipicamente maschi.

Al centro del film c’è Eloise (Thomasin McKenzie), una ragazza di provincia che si trasferisce a Londra per frequentare la scuola di moda e che alla fine realizza il suo sogno di diventare una stilista. Oppure è il sogno di sua madre? Una cosa difficile da capire; Eloise è infatti ancora ossessionata dai ricordi della madre affetta da schizofrenia, che a volte la terrorizzano in pieno giorno nonostante la donna sia ormai morta suicida da molti anni.

Come altri, Eloise si rende presto conto che Londra non è lastricata d’oro e adornata di rose fresche. È una grande città, dove le speranze possono essere annientate e i sogni bruciati, dove la tua compagna di stanza potrebbe facilmente essere crudele, se non addirittura un’omicida, e i predatori sono in agguato dietro ogni angolo oscuro.

Eppure, Londra è ancora la città che Petula Clark e Audrey Hepburn una volta chiamavano ‘casa’. Finché possiamo vedere le tracce di quegli anni d’oro, è abbastanza facile guardare oltre tutto il resto. Quando Eloise decide di affittare una stanza in una vecchia casa scricchiolante di proprietà della severa Miss Collins (Diana Rigg, nel suo ultimo ruolo cinematografico), si ritrova a sognare Soho negli anni ’60. Poi, all’improvviso, Eloise inizia a rivivere la vita di un’aspirante cantante di nome Sandy (Anya Taylor-Joy), attraverso una serie di spiazzanti visioni.

Anticipati dai trailer promozionali, Ultima notte a Soho gestisce poi i ‘viaggi nel tempo’ con una certa qualità onirica, giocando con la percezione degli spettatori se stiano assistendo a veri eventi soprannaturali o più semplicemente a proiezioni uscite dalla fervida immaginazione delle nostre giovani protagoniste.

Luci brillanti, insegne scintillanti di negozi e abiti abbaglianti definiscono allora l’aura magica degli Swinging Sixties, assicurando che il pubblico si innamori immediatamente dell’ambientazione proprio come fa Eloise. E certo aiuta il fatto che sia l’ipnotica femme fatale Sandy, di cui McKenzie ricrea ogni mossa con una precisione inquietante, a guidarci in questo tempo.

ultima notte a soho film anya 2021Vedere queste due giovani attrici rispecchiare i movimenti l’una dell’altra è una vera impresa coreografica, in particolare durante una fenomenale sequenza di danza in piano sequenza in cui Eloise e Sandy si scambiano di posto senza soluzione di continuità ogni pochi secondi. A incorniciare questa ri-creazione della Soho degli anni ’60 è una colonna sonora appropriata all’epoca ma, sfortunatamente, questa volta Edgar Wright esagera con la musica, coi pezzi che finiscono per sovraccaricare l’esperienza in un modo che distrae.

Edgar Wright chiarisce comunque rapidamente che Ultima notte a Soho è un’opera sui pericoli di romanticizzare il passato, concentrandosi sull’oscurità di quegli anni e sugli orrori in agguato. E il film, non a caso, dà il meglio di sé quando mette in pratica le ispirazioni date dalle produzioni della Hammer e dal Giallo all’italiana per stabilire le sue atmosfere da incubo.

Questo è Edgar Wright, quindi abbondano cenni e citazioni più o meno velate, col regista che rende omaggio ai lavori di Mario Bava, a A Venezia… un dicembre rosso shocking di Nicolas Roeg (la recensione) e a Nightmare – Dal profondo della notte di Wes Craven (il dossier). Il suo film offre anche effetti speciali spaventosi quando si addentra in territori più spettrali e influenzati dal cinema horror, utilizzando una fotografia rosso intenso in modi che riportano alla mente i classici di Dario Argento, oltre a immagini che lo avvicinano a piccoli classici moderni come i titoli della saga di The Conjuring.

Ma gli spaventi da soli non possono sostenere l’impalcatura di un film, e – come detto – Ultima Notte a Soho spesso finisce impantanato nelle pieghe del suo script. La prima collaborazione tra Kristy Wilson-Cairns e Edgar Wright fatica assai a unificare le loro voci distinte, facendo sembrare la storia sconnessa e sovraccarica. Senza fare spoiler, il film presenta elementi vicini ai dettami del #MeToo (una critica al genere di certi ruoli e agli stereotipi obsoleti all’interno del genere horror), nonché un timido tentativo di affrontare la malattia mentale. Ma il film li usa principalmente come sfondo.

ultima notte a soho film matt smithIn definitiva, Ultima notte a Soho non riesce a fornire alcun innovativo commento significativo sul genere horror e la gestione dei generi, il che non lo rende – nonostante l’autorialità intrinseca – tanto superiore, per esempio, alla recente trilogia di Fear Street di Leigh Janiak (su Netflix). E similmente, la sua interpretazione della malattia mentale non viene mai esplorata completamente in un modo che inviti a significativi confronti, che so, con un altrettanto recente prodotto di largo consumo che trattava argomenti simili, come la serie Hill House.

Peggio ancora, Ultima notte a Soho finisce per trascurare il suo personaggio principale, non concedendole un arco narrativo drammaticamente soddisfacente, che lascia un tragico retroscena e la questione della sua dubbia salute mentale come gli aspetti principali che la definiscono (Thomasin McKenzie non sarà particolarmente affascinante, ma non si può puntare tutto solo sul magnetismo di Anya Taylor-Joy per portare a casa il risultato no? O forse si …).

Per tutta la durata, al pubblico viene chiesto di domandarsi se stia assistendo a qualcosa di soprannaturale o stia semplicemente guardando la discesa di un altro personaggio nel pozzo senza fondo della follia. Tra una bella immagine e l’altra, Ultima notte a Soho, in questo modo, mirerebbe a dire qualcosa che ci spinga a riflettere sulla nostalgia che tutti ci affligge, ma finisce più che altro per adagiarsi su stanchi – ma luccicanti – omaggi.

In attesa di vederlo nei nostri cinema dal 4 novembre, di seguito trovate intanto il trailer finale italiano di Ultima notte a Soho: