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Il diario da Venezia 82 (2025), episodio 3: I’te voglio bene Assayas

03/09/2025 recensione film di Giovanni Mottola

Quattro parole tra alti e bassi su Il Mago del Cremlino, L’Etranger, Duse e In the Hand of Dante

l'etranger ozon film 2025

In questi giorni siamo stati molto preoccupati per Jude Law. L’attore inglese interpreta Vladimir Putin nel film di Olivier Assayas Il Mago del Cremlino, presentato in Concorso alla Mostra. Il nostro patema nasceva dal ricordo del fatto che Luca Marinelli, dopo aver vestito i panni di Benito Mussolini nella serie televisiva tratta dai libri di Antonio (O)Scurati, dichiarò di sentirsi sconvolto nel profondo dell’animo per aver dovuto interpretare quel ruolo. Aveva perfettamente ragione. Mica sono tutti insensibili come Anthony Hopkins, il quale durante le pause della lavorazione de Il silenzio degli innocenti giocava a cuor leggero a bocce coi tecnici della troupe, nonostante prima e dopo dovesse recitare il ruolo di Hannibal the Cannibal.

Invece pare che Jude Law se la sia cavata a buon mercato, ricorrendo a un semplice gastroprotettore e fidandosi ciecamente del regista, nel quale ripone stima e affetto (qualcuno giura addirittura di avergli sentito affermare “I’ te voglio bene Assayas!”, ma la cosa non ci convince). In fondo è un temerario: ha persino annunciato di non temere ripercussioni. Probabilmente intendeva di carattere mediatico, ma i giornali ci hanno fatto il titolo lasciando intendere che potrebbe subire minacce.

In effetti non si può mai sapere: intorno alle ore 16.00 una borsa incustodita ha fatto scattare l’allarme bomba all’Hotel Excelsior, crocevia del passaggio di tutti i divi in procinto di presentare i loro film. Strano però che nessuno abbia ipotizzato un attentato russo, come invece è stato avanzato per le interferenze sul segnale GPS dell’aereo su cui volava Ursula Von Der Leyen, atterrato comunque sano e salvo. Confessiamo di essere un po’ gelosi: al Cremlino snobbano forse il Lido e la Mostra del Cinema? A questo punto ci piacerebbe molto parlare anche del film, indiziato di premio e assai apprezzato da chi lo ha potuto vedere. Noi però, purtroppo, siamo tra i molti che non sono riusciti ad accedere alla sala, letteralmente presa d’assalto dagli spettatori.

il mago del cremlino 2025Possiamo allora parlarvi di due film del Concorso che ci hanno convinto e di un mattone presentato invece Fuori Concorso. Nella prima categoria rientrano L’Etranger di Francois Ozon, tratto dal libro omonimo di Albert Camus e Duse di Pietro Marcello, sulla divina del teatro italiano.

Il film francese può forse essere considerato uno dei rarissimi esempi di buona riduzione cinematografica da un libro importante (Il Gattopardo non fa testo: in quel caso libro e film, entrambi capolavori, sono due cose completamente diverse, come ha spiegato con dovizia di particolari Alberto Anile nell’interessante saggio “Operazione Gattopardo”).

L’eclettico Ozon (non fa un film uguale all’altro) sceglie di ricorrere al bianco e nero, come aveva fatto per Frantz nel 2016, per svincolare da un’epoca precisa la disperazione di cui l’opera è intrisa, ambientandola invece geograficamente nell’originale Algeria. Nell’astro nascente del cinema francese Benjamin Voisin trova un impeccabile Meursault, impiegato anaffettivo e privo di qualsivoglia ambizione, che si lascia vivere provando esclusivamente trasporto fisico per la bella fidanzata Marie (Rebecca Marder), ma mai quello emotivo.

La storia è nota: quasi senza motivo Meursault, incapace persino di versare una lacrima alla morte della madre, si ritrova ad uccidere un uomo e a doverne affrontare le conseguenze, alle quali sembra risultare come sempre indifferente. Ozon azzecca il ritmo: lo dilata in una prima parte in cui ci mostra l’apatia del protagonista e lo scorrere di un tempo che per lui, qualunque cosa accada, è sempre uguale, per poi salire di tono fino al concitato confronto finale con il cappellano del carcere, al quale spiattella tutto il suo nichilismo.

duse film 2025Duse è un film la cui collocazione in Concorso può risultare penalizzante, perché ciò che racconta rischia di non essere ben compreso dal pubblico straniero, nonché da tutta quella parte di italiani, ormai numerosi, che pensano che il mondo abbia avuto inizio solo con il nuovo millennio e non sanno né vogliono sapere nulla di quanto accaduto in precedenza.

Pietro Marcello torna a Venezia, dopo la partecipazione del 2019 con l’apprezzato Martin Eden, per realizzare un ritratto non soltanto di Eleonora Duse, ma anche del teatro dell’epoca. Glauco Mauri intitolò la sua autobiografia “Le lacrime della Duse. Ritratto di un artista da vecchio”. Il titolo deriva da un episodio risalente ai suoi inizi di carriera, quando esprimeva spesso al suo Maestro Memo Benassi la grande fascinazione per la Duse, figura leggendaria per qualsiasi attore.

Benassi, che nei primi anni Venti era stato in compagnia con lei, essendo il suo rapporto con Mauri particolarmente affettuoso gli fece dono di una giacca su cui erano cadute le lacrime della Divina, da lui conservata gelosamente sino a quel momento. Possiamo dire che con la morte di Mauri, avvenuta esattamente un anno fa alle soglie dei 94 dopo una vita spesa in palcoscenico, si è dunque conclusa definitivamente una lunga e ininterrotta stagione di splendori del teatro italiano, ormai piombato definitivamente nelle miserie.

Marcello rievoca quella stagione, incastonandola in una riuscita ricostruzione storica, penalizzata soltanto da qualche svarione, forse per volontà di far apparire saldi antifascisti italiani che solitamente a quel tempo non lo erano (la “signora bene” che incontra il Duce all’ingresso del teatro e gli intima: “Mussolini, i manganelli lasciamoli al guardaroba” ci è parsa assai ridicola). Anche le caratterizzazioni di alcuni attori dell’epoca, fra i quali appunto Benassi ed Ermete Zacconi, potrebbero apparire un po’ caricaturali.

in the hand of dante film 2025Bisogna però pensare che questi grandi Maestri erano davvero un po’ tromboni. Zacconi per esempio, acclamato un giorno dal pubblico prima di una recita, rispose con civetteria: “Lasciatemi andare a truccarmi: stasera devo fare la parte di un vecchio”. E aveva già compiuto 86 anni. Dove il film tocca il sublime è nella scelta di assegnare la parte del maggiordomo di Gabriele D’Annunzio a Giordano Bruno Guerri, noto dandy e oggi custode del Vittoriale, che al Vate ha dedicato gran parte della sua vita.

Ma soprattutto merita di essere elogiata la performance di Valeria Bruni Tedeschi nella parte della protagonista, pervasa dal primo all’ultimo istante da quella follia tipica dei divi di quell’epoca, per i quali non esistevano famiglia, debiti, amicizie: esisteva soltanto il teatro. In una delle scene più belle si vede la Duse, ormai prossima alla morte per tubercolosi, che avendo ricevuto dal medico il divieto di continuare a recitare rovescia quel furore artistico nella lettura ad alta voce di Pinocchio ai suoi nipotini, per l’angoscia della figlia che tutto questo non lo può capire.

Sul film Fuori Concorso, In the hand of Dante di Julian Schnabel, non ci soffermiamo molto perché non si capisce niente. E’ un tale guazzabuglio di bianco e nero/colori, passato/presente, grande letteratura/criminalità organizzata, Chicago/Venezia, Al Pacino/Sabrina Impacciatore, per di più lungo due ore e mezza, che stenderebbe un toro. Unica nota piacevole le presenze, in due piccoli cammei, di Franco Nero e del grande Paolo Bonacelli. Tra i protagonisti, invece, Gal Gadot e Gerard Butler, per i quali era stato chiesto il ritiro della partecipazione alla Mostra dal collettivo Venice4Palestine per le loro supposte posizioni filo-israeliane. A loro, tutto sommato, è andata bene: a causa di fischi e insulti che non meritavano sono rimasti a casa, risparmiandosi così quelli che invece meritavano.

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