Nello zombie movie danese, la comparsa di una misteriosa epidemia rimane ammantata di cliché e tedio
Lavorando su un soggetto già ormai copiosamente affrontato, What We Become (Sorgenfri) del danese Bo Mikkelsen non solo non riesce a dire nulla di nuovo, ma anche nel terreno già battuto è piuttosto povero di mezzi e atmosfera, risultando nel complesso piuttosto noioso.
Dalle prime sequenze, infatti, la calcata dualità vorrebbe rendere più fosca la situazione successiva, ma non riesce del tutto a concretizzare il disegno con atmosfere realmente disturbanti, con un’immagine filmica e una recitazione che possano tradurre l’ansia della disfatta a venire; il momento sconvolgente non arriva mai del tutto, è solo anticipato, ma cade nel vuoto.
I primi segnali affiorano già nell’idilliaca situazione iniziale di What We Become (Infection), un vecchio che scompare misteriosamente, la notizia di persone in ospedale per un misterioso morbo, un bambino che vomita. Poi la quarantena. Si tratta di un processo lento, un crescendo degli eventi vicino a quanto mostrato in Fear the Walking Dead, in cui dopo alcune blande avvisaglie, il tutto degenera progressivamente, dai primi assalti, qui allusivamente lasciati fuori campo, poi la militarizzazione della zona, l’arrivo degli infettivologi e l’isolamento. Anche qui gli abitanti non comprendono cosa succede intorno a loro ed è questo, forse, che porta alla tragica disfatta del genere umano. Infine, come spesso accade in un film del genere, ci sono gli accessi di curiosità e filantropia, che raramente pagano, anzi di norma mietono più vittime che mai, senza contare che sono di sicuro lesivi al contenimento del male…
D’altra parte, di morti viventi, o infetti, se ne vedono pochi, quasi mai da vicino, solo dai buchi nella tela di isolamento, da lontano attraverso gli occhi di Gustav che spia le sinistre azioni dei militari, oppure nella sintomatologia di un’infetta. Probabilmente il fatto è dovuto alla scarsezza del budget, che porta a girare perlopiù in interni, a limitare le comparse e ancor più gli effetti speciali, o anche solo un certo make-up e l’uso di sangue; così per più di 60 minuti degli 80 totali non si vede uno zombie e solo nell’ultimo quarto d’ora ci viene offerto un assalto di massa.
Così arriviamo alla fine di What We Become (Infection) e assistiamo ad un solo vero e proprio incontro tra vivi e non morti, in più non c’è nulla di inedito, ogni aspetto è terribilmente ritrito, le tematiche, l’evoluzione degli eventi come l’immaginario a cui viene fatto riferimento, è qualcosa di già stra-visto, di già mostrato e anche meglio. Rimane solo un mix di sentimentalismi e patetismo malamente messi in scena, di attesa di un acmé orrorifico che non avrà mai un degno appagamento – se non nella scarsa sequenza conclusiva – e, più di tutto, di noia.
Il trailer di What We Become (Infection):