Azione & Avventura

WolfWalkers – Il popolo dei lupi | La recensione del film animato di Moore e Stewart

I due registi irlandesi tornano sulle scene con un'opera magistralmente disegnata in maniera tradizionale che riflette sul passato parlando del presente, veicolando un messaggio universale di pace

Come già successo per The Secret of Kells (2009) e La canzone del mare (2014), Tomm Moore ha creato un’altra adorabile avventura animata con WolfWalkers – Il popolo dei lupi, che pesca sapientemente – come prevedibile – dalla storia e dalla mitologia irlandese. Il film è un toccante dramma familiare che ruota attorno alle tensioni tra un padre e una figlia, la città e la foresta, l’Inghilterra e l’Irlanda, l’umanità e la Natura.

Come per ogni precedente titolo dello studio di animazione indipendente Cartoon Saloon, tra cui i citati The Secret of Kells e La canzone del mare, Wolfwalkers offre uno stile di animazione straordinario, ispirato ai manoscritti miniati e all’iconografia medievale. È straordinariamente bidimensionale e incredibilmente audace, non solo per il modo in cui cattura più prospettive e angoli all’interno di un singolo fotogramma, ma anche per come trasporta sullo schermo le tensioni tra Inghilterra e Irlanda all’interno dello stesso flusso animato. Il risultato è incredibilmente seducente, capace di consolidare lo studio come uno dei migliori del settore.

Lavorando al fianco del co-regista Ross Stewart, Tomm Moore ci porta nell’Irlanda della metà del XVII secolo e nella vita di Robyn Goodfellowe (doppiata in originale da Honor Kneafsey), una ragazza inglese giunta da quelle parti con suo padre Bill (Sean Bean). L’uomo dà la caccia ai lupi per conto di Oliver Cromwell e degli invasori inglesi. Robyn è stanca di essere rinchiusa negli angusti viali di Kilkenny, che Moore e Stewart animano attraverso dettagli geometrici tanto affascinanti quanto oppressivi.

Teme anche di essere costretta ad una servitù ‘puritana’ nelle cucine, come le altre donne e ragazze, quindi sogna di accompagnare suo padre nei boschi a cacciare i lupi e a godersi la libertà della natura. Quando finalmente realizza il suo desiderio, si ritrova però faccia a faccia con Mebh MacTire (Eva Whittaker), una coetanea irlandese che vive con i lupi e ha i poteri speciali di wolfwalker: una specie di lupo mannaro che è una ragazza umana quando è sveglia, ma che si manifesta in forma di lupo quando dorme.

Robyn pensa che Mebh sia una minaccia, fino a quando non si rende conto che la ragazzina dai capelli rossi possiede poteri di guarigione mistici non appena cura l’ala del suo amico rapace, Merlino. Si lega così a Mebh anche per le ansie che prova per sua madre; si scopre infatti che anche la genitrice di Mebh, Moll (Maria Doyle Kennedy), è una wolfwalker, ma stranamente la sua forma animale non è ritornata nel suo corpo, che è rimasto così abbandonato in un sonno profondo. Robyn ha invece perso sua madre in Inghilterra e quindi, intanto che le due diventano amiche, Robyn mira ad aiutare Mebh a ritrovare la mamma.

Naturalmente, ciò si pone in conflitto con il lavoro del padre di Robyn, che cerca di ‘liberare’ la foresta dai lupi in modo che gli inglesi possano ripulire la campagna per far posto a paesi e città. Robyn sa di non poter sottostare ai comandi del genitore e, per estensione, agli editti del Lord Protector Oliver Cromwell (Simon McBurney), se vorrà aiutare Mebh e rimanere fedele a se stessa.

E proprio qui risiede il ricco conflitto drammatico al centro del film.

Come con The Secret of Kells e La canzone del mare, WolfWalkers – Il popolo dei lupi esplora quindi le tensioni intrinseche dell’Irlanda, una nazione combattuta tra paganesimo e cristianesimo, cattolicesimo irlandese e protestantesimo inglese, storia celtica e inglese, Natura e civiltà. Personifica i due lati di questa divisione in Robyn e Mebh e li usa come avatar per esplorare un possibile equilibrio tra le due parti. Ovviamente, nulla è semplice in Wolfwalkers, così come niente è semplice in Irlanda. Anche se Robyn e Mebh sono attratte dal loro amore per i rispettivi genitori e dall’apprezzamento per la Natura, sono in debito con il mondo che li circonda.

Il padre di Robyn serve Cromwell, la cui brutale conquista dell’Irlanda ha rimodellato la sua storia e ha letteralmente epurato quelle terre del lupo irlandese, che si è estinto a causa della caccia aggressiva per mano degli appaltatori inglesi. Il puritanesimo di Cromwell non può accettare il delicato equilibrio tra le dualità della Natura: il mondo naturale è qualcosa che l’uomo deve conquistare, proprio come conquista le debolezze della carne.

La madre di Mebh è al servizio di un potere pagano più antico, che può piegare la realtà attraverso la magia, ma che rispetta il suo flusso e riflusso naturali. I contadini cattolici irlandesi nel film rappresentano la ‘via di mezzo’, nel rispetto del patrimonio naturale della loro terra, pur seguendo la tradizione tracciata da San Patrizio. È chiaro che i due registi simpatizzino di più con i pagani di WolfWalkers – Il popolo dei lupi, ma non ci sono risposte facili alle tensioni che portano il conflitto al culmine, a parte il bisogno di amore e di comprensione. All’inizio Robyn e Bill sono ‘agenti coloniali’, ma sono in grado di cambiare e di trovare la pace con coloro che dovrebbero colonizzare.

La struttura narrativa del film ha più di una somiglianza passeggera con quella de Il segreto di Kells, che parimenti esplorava l’amicizia tra un cristiano e un pagano in un’Irlanda nel bel mezzo del cambiamento dovuto alla ‘conquista’. Tuttavia, in quell’opera animata gli invasori vichinghi erano il simulacro della distruzione che portava alla morte la cultura irlandese, anche se la cultura cattolica dei monaci cercava di convertire la cultura pagana dei nativi irlandesi. Gli eroi cristiani e pagani erano culturalmente opposti, ma c’era un nemico esterno che cercava di fare del male a entrambi.

In WolfWalkers – Il popolo dei lupi, Tomm Moore e Ross Stewart scelgono – fruttuosamente – di far incarnare ai personaggi inglesi sia il lato militaristico che culturale del processo di conquista; combinano gli aspetti sia dei monaci che dei vichinghi di Kells. Così, nel tracciare la storia di come i puritani Robyn e Bill fanno pace con le terre selvagge dell’Irlanda e il suo presente cattolico e il passato pagano, l’arco di redenzione e di comunità del film riflette la questione ancora vitale del trovare la pace nell’Irlanda moderna. Dimostra una capacità morale di cambiamento che non può essere ugualmente presente quando i cattivi vengono presentati come mostri senza volto come lo erano in The Secret of Kells.

Anche se l’apparente pubblico di destinazione dei bambini potrebbe non apprezzare le sfumature riguardanti le tensioni culturali nel film, rimarranno probabilmente sbalorditi dalla gloriosa animazione. È impossibile sorvolare sulla bellezza intrinseca delle immagini dipinte. Come in The Secret of Kells, La canzone del mare e, in misura minore, I racconti di Parvana – The Breadwinner (2017), WolfWalkers – Il popolo dei lupi trae ispirazione da manoscritti miniati medievale nel suo stile di animazione ‘piatto’. Le prospettive sono appiattite, i personaggi sono altamente stilizzati e – spesso – più angoli vengono infilati in un’unica cornice disegnata.

Ad esempio, il cielo è raramente raffigurato nel film. Quando Robyn si trova sulla collina che domina la città di Kilkenny, non si vede l’orizzonte, ma piuttosto una veduta aerea dei tetti della città riempie la parte superiore del quadro, le file di guglie e i muri di pietra contrastano con il linee morbide e fluenti del bosco. Tomm Moore, Ross Stewart e il loro team di animatori approfittano della libertà garantite dall’animazione per liberare il film da una prospettiva visiva fissa; il risultato è spettacolare.

I colori sono ricchi e strutturati, luminosi e vibranti nella foresta e sbiaditi come la pietra nella città. La tavolozza cromatica che cambia tra città e foresta rappresenta la differenza tra il puritanesimo austero e il paganesimo naturalistico. Ma l’animazione va più in profondità nel descrivere la divisione tematica tra inglesi e irlandesi. L‘animazione del centro abitato è rigidamente geometrica e nitida. Le linee si incontrano ad angoli acuti e i colori sono solidi. Nella foresta, gli animatori lasciano tracce dei loro segni a matita sotto alle animazioni finite e accentuano il flusso naturale della natura con linee curve e motivi sovrapposti.

La colonna sonora eterica dei collaboratori abituali Bruno Coulais e del gruppo folk dei Kíla accentua poi ulteriormente l’atmosfera palpabile e il mistero del film.

Un approccio estetico così complesso sottolinea quanto sia sfumato l’intero WolfWalkers – Il popolo dei lupi. Funziona meravigliosamente come un’avventura formativa per i più piccoli. Le lezioni di tolleranza e di libertà e il bisogno di equilibrio si inseriscono bene nell’attuale momento storico di divisione che viviamo. Gli studenti di storia apprezzeranno invece anche il profondo storicismo del film, in quanto incorpora un’accurata documentazione nel suo racconto romanzato di magia e avventura e fa emergere i conflitti della Storia nel processo.

Riflette sul bisogno di guarire le ferite e sulla possibilità di redenzione. Ancora più importante, è una splendida opera d’arte, una dimostrazione che l’animazione bidimensionale disegnata a mano manterrà per sempre più vivacità e più sfumature anche degli effetti più complessi generati da un computer. In definitiva, WolfWalkers – Il popolo dei lupi è notevole. C’è solo da augurarsi che riesca a raggiungere lo stesso pubblico che proprio in questi giorni si sta strappando le vesti su Soul della Pixar (la recensione).

Di seguito il trailer internazionale di WolfWalkers – Il popolo dei lupi, in esclusiva su AppleTV:

Share
Published by
William Maga